Le fosse granaie – un tesoro da valorizzare.

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Racchiuse nel dedalo di viu e viuzze del centro storico cittadino (una a Largo Immacolata e due su Via Fontanella), le antiche fosse granaie, tornate alla luce durante i lavori di metanizzazione del 2004, rivestono particolare significato per lo studio della vita passata di Nicotera e gettano un po’ di luce sull’antico, e ancora tutto da scoprire, assetto topografico-urbanistico della stessa Città.

La prima notizia su queste fosse ci è data dalla cosiddetta la Platea dei beni della Mensa vescovile del 1542, compilata su incarico del vescovo mons. Giulio Cesare De Gennaro. Altre fonti non ve ne sono anche se in alcuni “processi criminali” dell’Archivio Storico Vescovile, si fa riferimento ai granai della Mensa Vescovile che si trovavano a Caroni di Limbadi ed esse, sembra che dovessero essere affidate alla custodia di particolari soggetti, armati, che rispondevano direttamente alla Corte Vescovile. Un altro riscontro si trova POI in una supplica di D. Francesco Saverio Polito del 18 ottobre 1861, indirizzata “Ai Signori Sindaco e Consiglieri di questo Corpo Municipale” nella quale lo scrivente lamenta un incendio con la distruzione “di tutto il ricolto (raccolto) ivi ritratto in sette buche di grano ed orzo del valore di D. 500,00 circa”.

Le fosse in questione – che si ipotizza servissero alla conservazione del grano – si presentano scavate nella dura roccia, compresa la volta al centro della quale vi si trova un’apertura di forma quadrata o circolare, delimitata da basole in granito e ricoperta da una grossa pietra circolare, a forma di macina di mulino con al centro un foro con scanalatura sottostante. Le loro dimensioni raggiungono una profondità di circa tre o quattro metri, con una quasi analoga larghezza nella parte centrale e il loro aspetto ricorda genericamente quello di un uovo.

Putroppo i responsabili della Soprintendenza archeologia della Calabria, subito avvertite, a quel tempo, dal direttore dei lavori, dopo aver provveduto allo svuotamento di queste fosse onde consentire i dovuti rilievi e aver scattato le relative fotografie, praticamente le hanno nuovamente interrate ma questo provvedimento che si configurava come “provvisorio” come sempre accade a queste latitudini si è purtroppo trasformato in definitivo quando invece, proprio a seguito dei lavori di riqualificazione che hanno interessato la Giudecca, l’antico insediamento ebraico cittadino, si sarebe dovuto cogliere l’occasione di riportare alla luce questi reperti, magari proteggendoli con una lastra di vetro, provvedendo alla loro adeguata illuminazione e installando nei pressi di dove sono collocati un pannello illustrativo-informativo. Di certo, così tutelate e nuovamente rese fruibili rappresenterebbero una sicura attrattiva per i turisti.

Nel frattempo se si vuole ammirare una fossa adibita, nei secoli passati, a granaio ci si deve recare in via Borgo presso la casa della famiglia Leone-Marra che dimostrando un grande senso civico ha conservato la fossa in questione – scavata nella roccia, “murgia”, ed a forma di grossa anfora – svuotandolo del materiale di riporto che si era accumulato nel corso degli anni e che è diventato diviene un particolare ed originale arredo dell’abitazione stessa.

 

 

 

 

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