Gli sprechi della politica

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In tempi di ristrettezze economiche e mentre il cittadino sembra stretto in una morsa paralizzante di incroci di scadenze  si sente troppo spesso parlare dei costi e degli sprechi della politica. Negli ultimi mesi le cronache hanno posto in primo piano una riforma fiscale che chiede lacrime e sangue ai cittadini eccetto che alla “casta ” sempre protetta da qualsiasi colpo di  scure. Sono  elementi, questi, che scatenano la rabbia dei cittadini  che vedono la pensione sempre più distante  e la stabilizzazione lavorativa un miraggio. Intanto, molti nicoteresi sono sempre più  pronti a fare le valigie. Destinazione Nord.. Al calo delle nascite si deve aggiungere  il forte saldo migratorio. Ed anche su questo fronte  le difficoltà economiche hanno il loro peso. Certo è che nel nostro territorio queste sofferenze, così come questa distanza siderale con alcuni privilegi,  si sentono ancora di più. La crescente emigrazione e il forte incremento dei cosiddetti “nuovi poveri”, sono l’aspetto più evidente di questa forte vulnerabilità economica. A ciò potremmo aggiungere la grande percentuale di disoccupati ed inoccupati. Si tratta di giovani e meno giovani con una laurea in tasca che per colpe di una crisi generale, sono rimasti fuori dai circuiti della  popolazione attiva. Quella che produce. Eppure questa società non riesce a produrre più speranze. Dati economici, confermati da operatori del settore, riferirebbero di una popolazione cittadina tesa comunque al risparmio . Ma si tratta di famiglie con un lavoro ben consolidato. Genitori cinquant’enni che hanno vissuto una congiuntura economica più rosea di quella attuale. Le nuove generazioni stentano a trovare, invece, un lavoro. Nonostante le indubbie capacità. Parallelamente cresce anche la rabbia dei cittadini che assistono inermi allo spreco. E qui si torna a parlare dei grandi sistemi. Ben si sa che  un serio intervento sui costi della politica farebbe risparmiare al contribuente italiano circa 15 miliardi di euro all’anno, quasi un punto di Pil così come dimostra  Pietro Monsurrò nel Focus “I costi della politica in Italia”.   E di questa  cronica quanto italiana  politica degli sprechi, i cittadini nicoteresi e non solo, sono stati spettatori passivi.  Le colpe di una politica disattenta hanno provocato nel comune nicoterese  un mancato introito di 8,5 milioni di euro saccheggiati dai malfattori della Sogefil. La distrazione di fondi vincolati così come  i mancati introiti della Sogefil non hanno certo contribuito al rilancio dell’economia cittadina Archiviati negli anni, anche grandi progetti faraonici che avrebbero dato maggiore slancio all’economia cittadina. Basti pensare alla grande illusione che per quasi dieci anni ha alimentato le fantasie dei cittadini nicoteresi per poi sgretolarsi su se stessa. Ci riferiamo al progetto ambizioso del Gaslini sud,il cui plastico per molti anni è stato visibilmente in mostra presso l’ospedale genovese. Stessa sorte per il porto cittadino, il cui dibattito affonda le radici negli anni cinquanta (la prima deliberazione del consiglio comunale risale al lontano giugno del 1948). E poi altri progetti che avrebbero inserito la città nei circuiti turistici anche internazionali: progetto Mit etc. Ad oggi la realtà è ben più amara poiché non solo non si è costruito nulla ma non si è riuscito neanche a mantenere l’esistente. La chiusura della Fiat nicoterese che dava lavoro a più di cento cittadini, cioè la Valtur ha prodotto un grave danno alla già fragile economia locale. Stessa sorte per altri villaggi turistici che hanno vissuto un periodo d’oro negli anni 80 e  oggi  hanno chiusi i cancelli non solo al turismo ma anche ai tanti operatori che ivi lavoravano.  Anche la stessa politica dell’ultimo ventennio di palazzo Convento è risultata fallimentare, nonostante qualche isolato tentativo di mettere sulla rampa di lancio l’azione politico amministrativa. Stesse colpe per la Provincia di Vibo Valentia. Altri protagonisti . Altre faccende. Ma anche lì la disattenzione dei politici di turno ha favorito un colpevole sacco. Medesime colpe per la Regione Calabria che vanterebbe  paradossalmente qualche  primato. La  giunta regionale più indagata d’Italia brucia milioni di euro di fondi pubblici e  sembrerebbe  ignorare le norme anti-spreco.   Sono i tanti errori di una storia tutta italiana di sprechi, lungaggini e abbracci torbidi tra la miopia politica ed il decennale disinteresse di amministratori più orientati alla demagogia che alla soluzione concreta dei problemi. Da qui l’intenzione nei prossimi giorni di iniziare una sorta di viaggio in quelli che sono gli sprechi evidenti. L’inizio è quasi scontato. L’ospedale  cittadino sembra essere diventato simbolo di questi sprechi. Le solite vicissitudini burocratiche, continui annaspamenti della politica. Un esempio di pessima amministrazione pubblica, che vale la pena raccontare dall’inizio. Negli anni ’80 i lavori erano quasi finiti. Un bell’ospedale, attrezzato con tutte le moderne apparecchiature. Invece il sogno ha lasciato il posto all’ennesima disillusione. Oggi, per dare una parvenza di utilità, è stato utilizzato in parte. Forse solo il 40%.Il resto è fermo tra brusche frenate e tentate accelerazioni impresse dalla politica. Già, la politica. Di visite ufficiali il nosocomio cittadino ne ha ricevute tante. Forse troppe. Oggi l’ospedale è diventato quasi museo di se stesso, e presenta alcune evidenti storture, figlie della politica dei tagli. La cittadinanza sembra non nutrire alcuna speranza nemmeno sull’Hospice da ubicare presso la struttura ospedaliera cittadina. Solo fumo negli occhi, per i più diffidenti. Per non parlare dell’inspiegabile installazione di oltre venti pannelli fotovoltaici sul tetto della struttura sanitaria installati dalla Regione  circa sei anni fa e mai entrati in funzione, nonostante gli evidenti risparmi che l’attivazione del suddetto impianto avrebbe comportato. Un impianto collaudato  più di un anno fa  che avrebbe dovuto servire per fornire acqua calda al nosocomio cittadino. Ma anche in questo caso la storia diventa amaramente tutta italiana. Senza confini di regione. E senza giustificazioni alcune, tranne quelle che richiamano l’andreottiano “tirare a campà”.

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