La nuova lettera apostolica del Papa “Misericordia et misera”

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Appello ai confessori: generosi con donne e medici. E annuncia la Giornata dei poveri

 LAPRESSE
 Pubblicato il 22/11/2016
ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO
Non finisce il tempo della Misericordia. Francesco pubblica la lettera apostolica «Misericordia et misera» e annuncia di voler mantenere anche dopo la chiusura del Giubileo la facoltà per tutti i sacerdoti del mondo di assolvere l’aborto, rendendola così definitiva. Il Papa ha poi una Giornata mondiale dei poveri. La lettera inizia con le parole di sant’Agostino dedicate alla donna adultera che Gesù salva dalla lapidazione. Al centro di quell’episodio evangelico, ricorda Francesco, «non c’è la legge e la giustizia legale, ma l’amore di Dio, che sa leggere nel cuore di ogni persona».

Il «procurato aborto» è tra quei peccati che prevedono la scomunica automatica sia per chi decide di attuarlo, sia per chi vi coopera, come medici e infermieri. Il codice di diritto canonico riserva al vescovo e ad alcuni penitenzieri la possibilità di assolverlo. A volte, in particolari periodi dell’anno o in occasione di eventi, come è accaduto a Torino durante l’ostensione della Sindone, i vescovi hanno esteso a tutti i loro preti, per un tempo limitato, questa facoltà. Durante la presentazione della lettera, l’arcivescovo Rino Fisichella ieri ha confermato che sarà modificato il testo del codice di diritto canonico per rendere definitiva la nuova norma.

«Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio – afferma il Papa nel documento – può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono. È per questo motivo che nessuno di noi può porre condizioni alla misericordia».

In un altro paragrafo Bergoglio scrive: «Perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto». E aggiunge: «Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente». Tuttavia «devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre». Ogni prete è invitato dunque a farsi «guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione».

Fisichella ha anche confermato che la scomunica per l’aborto non verrà tolta dal codice. La volontà del Papa non è di «declassare» il peccato. Desidera invece rendere più accessibile a chi si pente la possibilità di ricevere il perdono. Più volte, da quando è stato eletto, Francesco ha parlato della gravità dell’aborto. «Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana» ha scritto nell’Evangelii gaudium. «Non è compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto», ha dichiarato nell’enciclica Laudato si’. «L’aborto non è un “male minore”… È un male assoluto», ha risposto ai giornalisti di ritorno dal viaggio in Messico. E ancora, appena due giorni fa, intervistato da Tv2000, lo ha definito un «crimine orrendo».

Nella lettera Francesco rilancia il sacramento della confessione e ai preti chiede di «essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato». Annuncia poi la decisione di «estendere» anche dopo la fine del Giubileo la possibilità per i fedeli di confessarsi «validamente e lecitamente» dai sacerdoti della Fraternità San Pio X, il gruppo fondato da monsignor Lefebvre, «confidando nella buona volontà» dei loro preti perché si possa recuperare «la piena comunione nella Chiesa cattolica». Vengono mantenuti in servizio anche i «missionari della misericordia», che quest’anno sono stati inviati nel mondo con la facoltà di perdonare quei peccati gravissimi per i quali la scomunica può essere tolta solo dalla Santa Sede.

Infine, Bergoglio ha annunciato di voler istituire per tutta la Chiesa, la Giornata mondiale dei poveri, da celebrare nella 23° domenica del tempo liturgico ordinario, in novembre. Proprio a chi soffre e a chi è in carcere sono dedicati alcuni paragrafi della lettera, nei quali si invitano i cristiani a «rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone che sono nostri fratelli e sorelle».

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