La mafia: problema di civiltà, libertà e cultura

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Smuovere le coscienze e acquisire strumenti opportuni per combattere gli influssi negativi di un territorio saturo di mafiosità ed intriso di contesti ‘ndraghetistici. Sono le finalità che il Workshop svoltosi presso una delle ville confiscate alla famiglia Mancuso e oggi sede dell’università dell’antimafia, alla presenza di un nutrito pubblico composto in prevalenza da alunni del “Piria” di Rosarno, dell’Ite di Laureana di Borrello e delle scuole di Locri, ha voluto raggiungere anche nel secondo appuntamento grazie alla presenza del viceministro dell’Interno Filippo Bubbico. Una scommessa, quella dell’università antimafia, su cui il Governo ha già investito più di 2milioni euro e che farà di tutto per non perdere nella piena consapevolezza che un insuccesso dell’iniziativa sarebbe una grave sconfitta per lo Stato anche perchè “la ‘ndrangheta – afferma Bubbico – non è una cosa che non ci riguarda, non è solo fare affari e impresa, è invece arricchirsi in maniera rude, volgare e inutile”. Parlando di antimafia, il viceministro evidenzia come “nessuno può affermare di detenere il Vangelo o la patente dell’antimafia” e per questo Bubbico pone l’attenzione sull’uso che si fa delle risorse pubbliche in quanto “corruzione e ‘ndrangheta viaggiano di pari passo e noi – afferma – che rappresentiamo le istituzioni abbiamo una grande responsabilità”. Perciò, l’impegno dello Stato non verrà meno specialmente in presenza di progetti significativi che possono garantire un adeguato rendimento dell’investimento governativo e di grande importanza per la comunità. In particolare, per arginare il potere mafioso non occorre un esercito di carabinieri e poliziotti. E’ necessario, piuttosto, realizzare un percorso di convergenze tra cittadini, associazioni e istituzioni scolastiche “così – afferma – come sta facendo il dirigente Mariella Russo del “Piria”, un istituto che costituisce un chiaro esempio di come si possa cambiare la realtà partendo da lontano. Più cultura, quindi, e maggiore capacità critica che esprimono una potenza in termini di legalità e contrasto alla ‘ndrangheta che neanche l’esercito più poderoso potrebbe dispiegare”. Il lato grottesco, ignorante e ridicolo della mafia è stato analizzato da Arcangelo Badolati per il quale la subcultura mafiosa è piena di allegorie omertose che ritraggono i boss malavitosi come dei poveracci, pieni di fissazioni e paure. Per Antonio Nicaso la mafia nasce dall’incontro di violenza e potere e la storia insegna che “non abbiamo – afferma – mai combattuto la battaglia contro la mafia perché significa aggredire quel grumo di potere che non riguarda, però, tutta la politica che non va confusa con il marciume. La politica è utopia, speranza, presente e futuro, sono solo certi politici che non vanno votati. La lotta alla mafia è un problema di civiltà, di libertà e cultura perchè la mafia è una zavorra di cui ci dobbiamo liberare”.

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