l’Abbazzia di Santa Maria di Corazzo.

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Carlopoli, piccolo centro di 1500 abitanti nella provincia di Catanzaro, è una terra che fu sede di insediamento monastico dei benedettini prima e dei cistercensi poi. Lo testimoniano i ruderi, siti in località Castagna, dell’Abbazzia di Santa Maria di Corazzo, fondata nell’XI Secolo, nei pressi del fiume Corace ricostruita successivamente dai cistercensi un secolo dopo nel 1157 – cioè a distanza di appena 16 anni dalla fondazione dell’Abbazia della Sambucina, di cui fu la filiale più importante – ed ebbe come suo primo abate il beato Colombano. Le acque del Corace servivano ad azionare, presso l’abbazia, un mulino e una gualchiera, quindi a fecondare il sottostante territorio agricolo.

La storia di Santa Maria di Corazzo si incrocia con quella di Gioacchino da Fiore, che qui vestì l’abito monacale, divenendone subito dopo abate. Proprio qui a Corazzo difatti, Gioacchino da Fiore, scrisse le sue opere principali, aiutato dagli scriba Nicola e Giovanni, che succedette allo stesso Gioacchino quando questi lascio l’Abbazia nel 1188 dopo che, a causa del suo impegno a scrivere testi di teologia, fu sollevato dal Papa dal guidarla, affiliando la stessa, con tutti i suoi uomini e beni, ai cistercensi di Fossanova. Gioacchino in seguito, per poter continuare il suo lavoro teologico si trasferì prima nell’oasi di assoluta quiete di Pietralata e poi – come ci dicono le fonti dell’epoca – si recò nella Sila, nella primavera del 1189, fondandovi, a a San Giovanni in Fiore una nuova congregazione religiosa detta Congregazione Florense, che venne poi approvata dal pontefice Celestino III, nel 1196.

L’Abbazia di Santa Maria di Corazzo venne danneggiata una prima volta dal terremoto del 27 marzo 1638 e ancora di più in seguito, dal disastroso terremoto del 1783 anche se anni dopo, esattamente nel 1806, il vescovo di Martirano dichiarava che nel monastero, situato nel territorio di Scigliano, risiedevano 17 persone: 11 monaci, 4 conversi, 1 oblato e 1 terziario. Due anni dopo, però, nel 1808, questa fu soppressa da un decreto del governo di Giuseppe Bonaparte. Dopo questa data il monastero venne progressivamente abbandonato e le opere artistiche che conteneva dovettero essere portate in altri luoghi di culto: Tra questi beni vi era: l’altare maggiore in marmi policromi, una delle due acquasantiere in marmo bianco e sei candelabri lignei che andarono alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista a Soveria Mannelli, due altari lignei assegnati alla chiesa di San Giacomo a Cicala, una statua lignea di san Michele, lo stemma e uno degli altari minori che vennero dati alla chiesa parrocchiale di San Tommaso (frazione di Soveria Mannelli), una statua lignea della Vergine, l’altra acquasantiera in marmo e un altare minore attribuiti alla Chiesa parrocchiale di Diano (frazione di Scigliano), una  statua lignea, rappresentante la Madonna del Carmine, finita alla Chiesa parrocchiale di Adami e un organo e un altorilievo in marmo rappresentante una Madonna col Bambino, che fu dato alla Chiesa dello Spirito Santo di Castagna.

Di recente dopo due secoli di oblio l’interesse di questo luogo sacro si è ridestato per merito del cosiddetto “Progetto Gedeone” – volto a offrire opportunità di inserimento lavorativo a persone che vivono in situazioni di disagio economico-sociale e/o psichico, sperimentando nuovi percorsi lavorativi, in agricoltura forestazione, turismo sociale e valorizzazione beni ambientali – che nato grazie al connubio tra il Comune di Carlopoli, l’associazione “San Pietro e Paolo” di Lamezia Terme, il Centro di Salute Mentale di Decollatura, la “New Day Onlus” di Soveria Mannelli e l’azienda agricola “Apicoltura Miceli” di Lamezia Terme, intende realizzare un percorso di agricoltura terapeutica, turismo sociale e di valorizzazione dei beni ambientali.

Tra le azioni avviate vi è anche l’inclusione dell’Abbazia di Santa Maria di Corazzo nell’associazione internazionale “cister.eu”, “Charte européenne des Abbayes et sites cisterciens”, sito delle abbazie cistercensi d’Europa l’acquisto della miniatura in pietra dell’Abbazia stessa per avviare un percorso turistico destinato alle persone non vedenti. Sempre nell’ambito di questo progetto poi è stato realizzato un impianto d’irrigazione lungo 650 metri, sono stati messi a dimora 30 alberi, 5000 piantine di origano, 800 bulbi di zafferano e 100 di tulipano.

 

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