Nicotera, alla scoperta di una delle perle del Vibonese.

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Adagiata sulle ultimi propaggini meridionali del massiccio del Monte Poro, Nicotera – cittadina del vibonese di poco più di seimila abitanti è uno dei borghi più belli del Vibonese.

Menzionata in epoca romana era originariamente situata un po’ più in basso dell’attuale ubicazione. Fu possedimento bizantino e preda degli arabi che la devastarono fino a quando venne rifondata, nel 1065, dai normanni di Roberto il Guiscardo.  Ebbe il suo periodo di splendore sotto il regno di Federico II° e dopo la dominazione sveva e angioina, cadde in mano agli aragonesi. Seguì così le sorti del Regno di Napoli prima e del Regno delle Due Sicilie dopo, fatto salvo il breve intervallo della dominazione francese ai tempi dell’epopea napoleonica. Durante la spedizione dei Mille, vi giunse Garibaldi e da allora la città segì le vicende del giovane regno d’Italia prima e della Repubblica italiana, poi.

La città- da tempo immemore sede vescovile e centro di studi – può vantare numerose personalità: dal pittore Domenico Russo (1832-1937) al Filosofo Antonino De Bella (1850-1912), dall’etnografo di fama internazionale Raffaele Corso (1883-1965) al letterato Antonio Pagano (1879-1957) per finire allo scienziato Achille Russo (1866-1955).

Il visitatore che si addentra nel centro storico, che in molte zone conserva il suo originale aspetto urbanistico di origine tipicamente medievale, resta colpito dall’aspetto e dalla multiforma bellezza dei luoghi. Il Borgo – con i quartieri attigui di San Giuseppe, San Nicola, Palmentieri (dove è possibile ammirare l’unica delle sette porte che la tradizione vuole esistessero in città in epoca federiciana), si presenta con le tipiche case a schiera a due piani tra le quali emergono alcuni palazzetti, mentre dall’asse viario principale recentemente riqualificato, si dipana un intricato dedalo di vie e viuzze percorribili unicamente a piedi. Da visitare vi è poi la Giudecca le cui caratteristiche urbanistiche sono evidenti nella sua compattezza perimetrale, con viuzze a raggiera che sottopassano le case, attaccate l’una all’altra e a volte si proiettano su piccolissimi cortili, nelle stradine strette e tortuose e nei “cafi” cioe dei caratteristici passaggi coperti. Si arriva così a Piazza Santa Caterina – dominata dalla Torre Campanaria del XVIII° secolo, distrutta in un famoso incendio e poi ricostruita – che deve il suo nome all’omonima Porta posta tra il Castello e il Monastero dei Celestini, sulle cui rovine, dovute al terremoto del 1783, sorsero ai primi dell’800 alcuni splendidi palazzi gentilizi che ancora oggi la contornano come ad esempio Palazzo Cipriani e Palazzo Capria – De Luca. La Piazza in questione era detta anche “dei quattro portali”, in quanto era per l’appunto impreziosita dalla presenza di questi esempi di suggestiva architettura in granito, dislocati ai quattro punti cardinali della stessa, tre dei quali, hanno per fortuna resistito all’inevitabile usura del tempo. Vicino, la piazza vi è il quartiere Baglio (che prende il suo nome in quanto in origine era sede del cosiddetto balivo, cioe di quel funzionario nominato e stipendiato direttamente dal re, con prerogative amministrative, giudiziarie finanziarie e anche militari, introdotto nell’Italia meridionale nell’undicesimo secolo, cioe al tempo dei normanni) e che fu ricostruito dopo il terribile terremoto del 1783 e che ancora oggi mantiene inalterato il suo aspetto urbanistico caratterizzato perlopiu da case basse e un vero e proprio intricato dedalo di viuzze e da alcune abitazioni piu alte nei cui pianterreni si aprono dei “bassi” un tempo sede di attività artigianali e oggi utilizzati durante le rievocazioni che si tengono in questo quartiere. Appena due passi e il visitatore può ammirare poi il suggestivo Castello Ruffo che venne edificato dall’architetto Ermenegildo Sintes, allievo del Vanvitelli, dopo il terribile terremoto del 1783. Ha una pianta quadrilatera, con tre torri angolari, quadrilatere anch’esse e le due frontali, entrambe munite di balcone con mensole in granito grigio, che sono tra loro collegate da sette arcate, poste a sostegno del lungo e stretto terrazzo del piano nobile.

Scendendo dalla terza o dalla seconda traversa Castello (detta anche Via Vignale) si è accecati dal suggestivo panorama che si gode dalla splendida passeggiata che i nicoteresi chiamano l’Affaccio o piu semplicemente “Arretu au Casteju” (dietro al Castello), dalla quale si gode una impareggiabile veduta del mare, della Piana di Ravello e di quella di Gioia Tauro fino ai contrafforti dell’Aspromonte e della Sicilia con l’Etna, per finire alle isole Eolie. Da una scalinata dell’Affaccio stesso, nei pressi dell’antichissima “Lamia”, un antico porticato coperto, si scende su via Duomo dove si può ammirare la superba Cattedrale edificata da Roberto il Guiscardo, nel 1065, in stile tipicamente normanno, con la prospettiva rivolta verso il Castello ed intitolata alla Madonna di Romania. Demolita completamente dal vescovo Ottaviano Capece (1582-1616), su progetto dello stesso prelato, venne riedificata con la prospettiva rivolta verso il mare, sempre ad un’unica navata, utilizzando materiale di età normanno-svevo-angioina. Subì l’incursione dei Turchi del 19 Giugno 1638 che, penetrati al suo interno, esplosero contro il Crocifisso ben sette colpi di moschetto, oggi ancora visibili. Fu restaurata nel 1701 da Mons. Mansi, che fece costruire la cappella del Santissimo e l’ampliò con l’aggiunta di altre due navate. Gravemente danneggiata dal terremoto del 1783, venne ricostruita in stile barocco, su progetto di E. Sintes, allievo del Vanvitelli, divisa in tre navate, con pianta a croce latina con transetto, profondo abside e con soffitto a volte. Al suo interno è possibile ammirare la Statua raffigurante la Madonna delle Grazie di Antonello Gagini, eseguita nel 1499, un Pulpito in marmo bianco di Carrara di fine ‘800, la Statua lignea dell’Assunta, protettrice di Nicotera, scolpita nel 1764, dallo scultore napoletano D. Muollo, un Altare maggiore in marmi policromi realizzato a Messina intorno al 1767 sotto l’episcopato di F. Franco, il Crocifisso ligneo del 1590 opera di Laudano di Napoli e un Urna con il corpo  di San Clemente martire.

Nicoterà città di rito greco fino al XVI° secolo, di rito latino e con una forte presenza ebraica, può vantare altre undici chiese: La Chiesa di San Giuseppe, eretta verso l’anno 1798 dalla devozione popolare sul sito dall’antica Chiesa ed Ospedale di San Sebastiano, la la Chiesa di Gesù e Maria, ultimata nel 1638 per devozione del popolo e di una apposita Confraternita, la Chiesa di Santa Chiara che sorse sul sito dell’antico Monastero delle Clarisse, la Chiesa del SS Rosario fu costruita nel XVI° secolo in stile barocco da maestranze locali sui resti di un edificio più antico, forse un sito cistercense, la Chiesa di Santa Croce, sorta nel 1924 , come vuole la tradizione su di un Calvario sul quale, durante il periodo della Quaresima, i nicoteresi si radunavano per pregare, la Chiesa e il Convento di San Francesco di Paola testimonianza della presenza paolana a Nicotera che inizia nel 1593 e la Chiesa della Madonna della Scala fondata nel XVI secolo fuori dal centro abitato. Nelle frazioni sono poi presenti: la Chiesa dell’Immacolata a Nicotera marina, la Chiesa di San Nicola a Comerconi, la Chiesa di Santa Maria Regina della Pace a Preitoni e quella di Badia.

Nicotera può vantare la presenza del Museo di civiltà contadina, di una grande biblioteca pubblica e del complesso che ospita le Istituzioni culturali ecclesiastiche diocesane. Tra queste vi e il Museo Diocesano di arte sacra, suddiviso in sei sezioni: Marmi – Paramenti sacri – Argenteria – Sculture – Mobili – Manoscritti e libri rari, tutti collocati in un organico alternarsi di sale e saloncini. Tra i tesori piu importanti che il Museo custodisce troviamo la collezione di pietre in arenaria dell’XI° secolo dell’antica cattedrale normanna, una collezione di oggetti sacri in argento, lo splendido Crocifisso ligneo del XIV° secolo opera di Colella di Jacopo, la serie di parati pontificali dei vescovi della citta con tessuti di lame e oro e una preziosa collezione numismatica che va dai Bruzi ai giorni nostri. Sempre nello stesso palazzo vi si trovano: la Pinacoteca vescovile con una collezione pittorica che va dal XVII° al XVIII° secolo con opere di scuola calabrese, napoletana, siciliana, abruzzese e romana e la Biblioteca diocesana fondata dal vescovo Centofloreno nel 1650, arricchita dai successori Entreri, Franchini e Vaccari e che vanta un patrimonio di diecimila volumi e infine l’Archivio storico diocesano che conserva documenti che vanno dal XVI° al XX° secolo, per un totale di oltre quindicimila fascicoli, fonte preziosa per storici e studenti.

Poco lontano dalla città infine vi è anche il sito archeologico della cava romana (I° – IV° secolo che un recente studio sui marmi antichi condotto dall’Accademia dei Fisiocratici di Siena, la colloca tra i 56 siti estrattivi di marmi colorati di tutto il territorio dell’antico Impero romano.

Nicotera centro turistico con i suoi oltre sei chilometri di spiaggia può vantare infine una grande tradizione gastronomica e nel 1957 fu teatro del cosiddetto “Studio dei Sette Paesi”, cioe un indagine che e stata coordinata dal prof. Ancel Keys, e durata oltre 20 anni che prese in esame, con metodici controlli quinquennali, oltre 12 mila soggetti fra i 40 e i 59 anni, viventi in sette Paesi con abitudini alimentari molto diverse (Giappone, USA, Olanda, Jugoslavia, Grecia, Finlandia e Italia) e che provò che tra le aree geografiche rurali oggetto dell’indagine stessa, in quelle non mediterranee, i decessi per malattie cardiovascolari risultavano ampiamente raddoppiati rispetto alle zone meridionali. Le zone migliori furono decretate: le isole di Creta e Corfu in Grecia; il paesino emiliano di Crevalcore; il paesino marchigiano di Montegiorgio; la stessa Nicotera e la Dalmazia jugoslava. Il verdetto finale di questa indagine definì poi isole felici per antonomasia Nicotera e Creta, luoghi nei quali il modo di alimentarsi, si avvicinava di piu alla dieta mediterranea e al cosiddetto “indice di adeguatezza mediterraneo”.

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