I ragazzi migranti che chiedono l’elemosina all’uscita dei supermercati. La storia di Freeman.

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Tutti i pomeriggi era lì, all’entrata del supermercato. Più di una volta gli avevo fatto l’elemosina. Un euro per calmare la coscienza e schivare un dialogo che mi avrebbe reso complice. Paura ingiustificata verso il migrante e vigliaccheria di un cristiano da salotto, proprio quello che mi affanno tanto a condannare. Qualche settimana fa, ho rotto il muro dell’indifferenza domandandogli il nome, un gesto ridicolo per quanti ogni giorno rischiano la pelle alle frontiere.

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È nigeriano, è sposato e ha quattro figli. È arrivato a Madrid nel 2007, dopo aver rischiato la vita su un barcone nel Mediterraneo. Lui l’ha attraversato, altri sono affogati. Anche nel 2016. Si chiama Freeman, uomo libero. Che paradosso!

Freeman ha trovato piccoli lavori e subito varie operazioni chirurgiche. Ora ha un contratto come lavapiatti in un ristorante. Lavora tre ore al giorno, il che rende difficile rinnovare il suo permesso di soggiorno. Da complice divento corresponsabile. Una chiamata a Pepa Torres, la suora che a Lavapiés è molto più di un angelo custode per i “clandestini”. In un solo giorno Pepa elabora un piano. Ne ha sempre uno. Ma non sarà necessario utilizzarlo. Quando lo dico a Freeman, mi riceve con un sorriso e un abbraccio. Ha appena saputo che potrà restare altri due anni. Un tregua temporanea. L’incertezza che lo ha accompagnato quest’anno purtroppo tornerà.

Incertezza, o meglio smarrimento. Quello che assilla ogni migrante, che condanna i rifugiati. È ciò che lascia il 2016 a un’Europa che ha innalzato un’altra frontiera, mascherata da accordo, per chi arriva da lontano, fuggendo la guerra o la fame. Una decisione che lede il diritto a emigrare. E un’assenza di cooperazione internazionale che lascia mano libera a poteri economici e a mafie che annullano il diritto a vivere nella terra che li ha visti nascere.

Smarrimento, o forse preoccupazione. La preoccupazione che lasciano dietro di sé alcune urne. Preoccupazione con una buona dose di paura. L’irrazionalità del terrorismo che si rifugia nella religione per colpire in Francia e a Baghdad. L’assurdità di una guerra mondiale a puntate che infuria in oriente e si accanisce in Africa. Lo sguardo di un mondo che continuiamo a misurare e raccontare dalle zone del benessere a nord e con l’altezzosità di risiedere nel centro. Che continua a non guardare in faccia il sud.

Paura che sa di orrore. Perché le vittime di tutto questo non hanno voce, in Siria, Sudan del Sud, Haiti. Perché nel 2016 la storia quotidiana degli ultimi ha toccato solo qualche vertice pieno di buone intenzioni, ma ancora senza reale volontà di cambiamento per le vittime della tratta, degli abusi, della corruzione, dei licenziamenti senza giusta causa, degli anziani abbandonati, dei bambini sfruttati.

Speriamo che il 2017 sia un anno migliore.

Fonte: Osservatore Romano

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