Problema amianto: il killer silenzioso che si aggira nella città.

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L’asbesto (o amianto) è un insieme di minerali del gruppo degli inosilicati (serie degli anfiboli) e del gruppo dei fillosilicati (serie del serpentino). In natura è un materiale molto comune. La sua resistenza al calore e la sua struttura fibrosa lo hanno reso adatto come materiale per indumenti e tessuti da arredamento a prova di fuoco.

Le polveri contenenti fibre d’amianto, respirate, possono però causare gravi patologie, l’asbestosi per importanti esposizioni, tumori della pleura (ovvero il mesotelioma pleurico), e il carcinoma polmonare. Gli amianti più cancerogeni sono gli anfiboli, fra essi il più temibile è la crocidolite. Una fibra di amianto – pensate – è 1300 volte più sottile di un capello umano.

L’amianto si è così meritato l’appellativo di “killer silenzioso”. Le sue microscopiche particelle infatti ti entrano dentro ma la sua perniciosa presenza non si manifesta subito. Così ci si può ritrovare ammalati anni dopo essere stati esposti. E non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell’aria non sia pericolosa. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, già poche fibre di amianto per metro cubo d’aria, possono provocare infatti un caso di tumore alla pleura per 100mila persone l’anno. E in alcuni edifici italiani, è stata riscontrata una concentrazione di 10 mila fibre per metro cubo. E che sia letale, lo prova un solo dato, quello dei decessi: ben 4000 ogni anno in tutta Italia.

L’amianto, è stato utilizzato fino agli anni ottanta per la coibentazione di edifici, tetti, navi, treni; come materiale da costruzione per l’edilizia sotto forma di composito fibrocementizio (noto anche con il nome commerciale di Eternit) utilizzato per fabbricare tegole, pavimenti, tubazioni, vernici, canne fumarie, ed inoltre nelle auto (vernici, parti meccaniche, materiali d’attrito per i freni di veicoli, guarnizioni), ma anche per la fabbricazione di corde, plastica e cartoni. La polvere di amianto è stata usata persino come coadiuvante nella filtrazione dei vini. E l’amianto è servito persino come componente per la realizzazione dei ripiani di fondo dei forni per la panificazione.

La prima nazione al mondo a usare cautele contro la natura cancerogena dell’amianto tramite condotti di ventilazione e canali di sfogo fu il Regno Unito nel 1930 a seguito di pionieristici studi medici che dimostrarono il rapporto diretto tra utilizzo di amianto e tumori. Nel 1943, la Germania fu la prima nazione a riconoscere il cancro al polmone e il mesotelioma come conseguenza dell’inalazione di asbesto e a prevedere un risarcimento per i lavoratori colpiti. Il primo stato a bandire l’amianto fu l’Islanda, nel 1983 e attualmente oltre 50 paesi nel mondo hanno bandito l’amianto. Nel 1970, l’Occupational Safety and Health Administration impose limiti di esposizione per i lavoratori e nel 1989 l’Environmental Protection Administration emanò nuove norme per il graduale arresto della produzione di prodotti con asbesto. La produzione e lavorazione dell’amianto è fuori legge in Italia dal 1992, compresa la vendita.

Nel 2014 l’Azienda sanitaria provinciale di Vibo, fece un censimento, quantomeno per monitorare i siti con presenza di amianto. La stessa azienda – in un documento citato in un articolo di allora – avvertiva chiaramente che “la dispersione di fibre di amianto costituisce un problema igienico-ambientale e di rischio per la salute pubblica” e pertanto era “necessario dare avvio al censimento dei materiali contenenti amianto presenti in immobili privati o pubblici”. I risultati non possono lasciare indifferenti: 16820 i siti censiti ancora da smaltire in tutti i cinquanta comuni del vibonese mentre la superficie complessiva di amianto dichiarato smaltito ammontava a ben 159.893 mq. (vedi fotto sotto)

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Nella nostra Nicotera i siti censiti sono stati 720 – si veda mappa nella foto – di cui appena 27 dichiarati “smaltiti”. E dei 159893 mq dichiarati smaltiti solo 212 mq (lo 0.14% del totale) erano sul territorio comunale. A Vibo valentia, i siti smaltiti erano 191 per 58595 mq, a Serra San Bruno 17126 mq, a Tropea 1766 mq, a Filadelfia 1191 mq, a Mileto, 379 mq. Noi quindi siamo risultati purtroppo fanalino di coda, non solo tra le città con la stessa fascia di popolazione ma anche 47esimi in classifica generale. Troppo poco, in un paese che già conta ogni anno, decine di vittime di malattie tumorali di varia natura. E certo negli ultimi due anni non si saranno fatti progressi sensazionali.

Secondo i dati di questo censimento, l’amianto che si trova in città è quasi tutto derivante da eternit. E del resto basta vedere una qualunque foto aerea di Nicotera e ti accorgi che tra il rosso del colore dei tetti, spunta qua e là l’inconfondibile grigio dell’eternit. E non ci deve consolare il fatto che l’eternit per diventare pericoloso deve essere alterato da una qualche forma di sollecitazione (termica, per esempio), che ne immette le fibre nell’aria.

Cosa si può fare? La bonifica dell’amianto può avvenire utilizzando tre metodiche: a) rimozione, eliminare materialmente la fonte di rischio; b) incapsulamento, impregnare il materiale con l’uso di prodotti penetranti e ricoprenti; c) confinamento, installare delle barriere in modo da isolare l’inquinante dall’ambiente.

A partire dal 1994 inoltre l’Eternit non utilizza più amianto come materiale di rinforzo. Al posto dell’amianto vengono usate fibre organiche, naturali e sintetiche. Il materiale è stato ribattezzato in Italia come «fibrocemento ecologico »: mantiene le caratteristiche di resistenza originali, ma non è cancerogeno né nella produzione, né nell’utilizzo, né nello smaltimento.

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