L’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore.

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San Giovanni in Fiore – un comune di 17.505 abitanti della provincia di Cosenza, posto a pochi chilometri dall’Alta Val di Neto e dal comprensorio montuoso di Montenero – racchiude la splendida e monumentale Abbazia florense.

L’Abbazia Florense, è fra i più grandi edifici religiosi della Calabria, grazie all’imponenza dell’intero complesso badiale, ed è considerato, insieme al santuario di San Francesco di Paola, il più importante edificio religioso della provincia di Cosenza. Fa parte dell’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, ed è per cronologia, il primo edificio ed insediamento, realizzato a San Giovanni in Fiore, decretandone così, la nascita della città.

Le origini dell’Abbazia Florense, racchiudono una storia ricca di avvenimenti e coincidenze, situazioni tali che hanno portato, solo in seguito ad un lungo viaggio, alla realizzazione del complesso monastico. La principale delle cause, è sicuramente la ricerca di una nuova ”fonte di spiritualità” da parte del fondatore del monastero, Gioacchino da Fiore. Il futuro abate, viaggiò da giovane, per alcune Abbazie, venendo a contatto con vari ordini monastici, tra cui quello cistercense. Da giovane, infatti, fu prima accolto presso l’Abbazia di Santa Maria della Sambucina nei pressi di Celico, ed in seguito, soggiornò nel monastero di Corazzo, divenendone priore e poi abate. Recatosi nel 1183, presso l’abbazia di Casamari, nel Lazio, con l’intento di far accorpare il cenobio di Corazzo all’Ordine Cistercense, Gioacchino affinò la propria spiritualità, scorgendo un bisogno di meditazione fino ad allora mai capitatogli. Fu così che, insieme ad un compagno decise, fra la Pasqua del 1186 e il febbraio del 1188, di salire sulla Sila alla ricerca di un luogo per abitare. Si fermarono dapprima presso la località di Pietra Lata, ma il luogo non ispirò completamente l’abate, che decise di ampliare il cammino e risalire ancora per un po’, i monti della Sila. Superato il fiume Lese, i due giunsero presso una radura sul versante orientale della Sila, presso un’immensa foresta di boschi, e con a valle il fiume Arvo. La località si presentò perfetta per Gioacchino, che decise di stabilirvisi, ed ivi, edificare il monastero, dedicandolo a San Giovanni Evangelista.

Fu nella località di “Iure Vetere” che Gioacchino, fondò quella che sarà la sua prima abbazia. Cominciata nel 1189 e terminata nel 1198, l’abbazia di “Iure Vetere”era ubicata in un luogo perfetto secondo Gioacchino, ove regnasse la pace e la tranquillità, e dove si potesse rigenerare la spiritualità perduta. Assieme al monastero, vennero realizzate anche delle dipendenze ad utilizzo dei monaci, ai quali vennero affidate terre per la coltivazione e il pascolo. La realizzazione del nuovo monastero non fu semplice, soprattutto perché si dovettero combattere le controversie con i monaci Basiliani del vicino Monastero dei Tre Fanciulli, in quanto questi ultimi si servivano delle terre donate all’abate, per farvi pascolare i loro greggi. Nel 1214 un vasto incendio, devastò il protocenobio di Iure Vetere, e tutti i suoi edifici contigui. Le terribili condizioni climatiche del luogo, incisero molto sulla scelta dei monaci florensi che decisero di abbandonare per sempre il vecchio protocenobio. Il sito della prima fondazione florense venne poi ritrovato nel 2001, attraverso una campagna archeologica diretta dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria e condotta dal gruppo di ricerche dell’IBAM di Potenza.

Dopo l’incendio di “Iure Vetere”, i monaci florensi vennero aiutati subito da alcuni loro benefattori, tra i quali il conte Stefano di Crotone, che trovò loro una prima sistemazione nelle sue proprietà presso Cerenzia. I monaci cominciarono subito a porsi il problema se restaurare il vecchio monastero e restare sul luogo scelto da Gioacchino o fondarne uno nuovo. La seconda scelta era quella di gran lunga privilegiata dai monaci e dall’abate Matteo, avallata dal fatto che Iure Vetere era una zona ove vivere era difficile, sferzata quasi tutto l’anno da un vento gelido e da un clima rigido, e dove gli inverni la temperatura scendeva costantemente sotto lo zero. Anche se a malincuore, si decise così di cambiare il luogo sulla quale erigere la nuova abbazia. Al nuovo progetto, venne incontro l’imperatrice Costanza di Aragona, che donò all’ordine gioachimita altri beni demaniali, per ripagare i monaci dei danni subiti con l’incendio, ed invocò l’aiuto di feudatari ed ecclesiastici affinché si potesse sopperire ai bisogni chiesti dagli stessi monaci. Le donazioni arrivarono, da più parti, ed i monaci poterono finalmente, dedicarsi all’impiego per la costruzione della nuova chiesa. La prima scelta da attuare era quella del luogo sulla quale erigere il nuovo monastero. Papa Innocenzo III, conscio del clima della Sila e delle difficoltà di viverci, consigliò ai monaci di discendere l’altipiano alla ricerca di aree più miti. I monaci comunque, non vollero abbandonare le foreste silane, decidendo così, solo di discendere di qualche centinaio di metri dal luogo di Iure Vetere. Fu così che nel 1215 venne scelto un costone roccioso con a fondo valle il fiume Neto, vicino alla confluenza con il fiume Arvo. Il luogo, apparve subito più ameno del precedente, con possibilità maggiori di potere realizzare il monastero e potervi vivere serenamente. Il clima era di fatto più mite, e a valle del costone, fino a giungere presso il fiume, vi erano vallate adatte sia al pascolo che alla coltivazione. Nel dare continuità al primo messaggio gioachimita, l’abate Matteo e i monaci florensi decisero di nominare la località scelta Fiore o “Fiore Nuovo”. Negli anni 2007-2008 l’ala est ed il chiostro sono stati oggetto di ricerche e scavi archeologici diretti della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria. Nel corso di tali ricerche, è stata individuata l’officina vetraria dell’abbazia, operante sul finire del XII secolo, dove sono state prodotte le vetrate policrome ritrovate in tracce nel corso degli scavi. Altra scoperta, è stata la messa in luce dei piedritti di un portale monumentale, con fosso-trabocchetto interno, che consentiva l’accesso all’ala est per chi proveniva dalla valle sottostante. Intorno al 1230, l’Abbazia Florense venne terminata.

Fu essenzialmente un’opera che subito apparve imponente, in un luogo quasi sperduto e difficile come quello silano. Costituiva una caso perlomeno unico per ciò che riguarda l’architettura religiosa di quel periodo. Nel corso del tempo infatti, ha subito numerosi rimaneggiamenti e modifiche, spesso seguendo le tendenze architettoniche dei vari periodi, ma perdendo in questo modo, l’originaria struttura architettonica. La prima impronta architettonica che si nota dell’Abbazia Florense, e certamente di marca Romanica. L’impianto del complesso badiale, è di forma quadrata, con al centro un grande chiostro ad archi ogivali. La pianta del monastero è invece a croce latina, con l’abside di forma rettangolare orientato verso oriente. Fra gli ultimi stili architettonici del quale abbiamo testimonianza, prima dell’ultimo restauro del 1989, vi è lo stile Barocco. L’aver apportato questo importante, e per sotto certi punti d’aspetto, poderoso cambiamento all’interno dell’Abbazia, vi è la forte concentrazione ed applicazione che tale stile architettonico ha avuto sull’intero patrimonio religione di San Giovanni in Fiore. Dal 1600 in poi, praticamente tutti gli edifici di culto posti nell’abitato cittadino, hanno subito interventi che ne hanno cambiato e rivoluzionato gli interni. Lo stile Barocco, è stato lo stile più attuato, anche perché in quel periodo l’intera collettività silana, viveva un momento di profuso sviluppo economico. Lo stile barocco, è poi passato indenne negli ultimi secoli, giungendo a noi così come praticamente lo si presentava più di quattro secoli fa.

L’ingresso dell’Abbazia è mutato nella sua quasi millenaria vita. Dell’ingresso originale rimane solo il portone mentre è andato perduto il nartece e la facciata è stata più volte mutata d’aspetto. La facciata dell’abbazia invece, si presenta oggi molto semplice e snella, con la cuspide che forma una capanna. Non ci sono decorazioni imponenti, tranne il portone. Lavorato è, invece, il foro sopra il portone che presenta un anello interno ed uno esterno più sporgente in pietra lavorata. Il Portaleè stato realizzato in pietra calcarea finemente lavorata e costituisce l’unico tratto distintivo adornato di tutta la facciata. L’ingresso, è più elevato del piano della navata, infatti bisogna scendere alcuni gradini per accedervi. Le decorazioni, poste sul portale presentano dei fregi di foglie dentellate, al cui sopra, si trova una fascia classica che separa il portone dalla parte più alta. la parte superiore, è composta da una serie di archi ogivali che formano di fatto, quattro cornici. Lavorati sono anche i capitelli e le colonne ai lati dell’ingresso. Il portone dell’ingresso è di legno ed è recente, sostituito nel restauro del 1989. Termina in alto con l’intersezione degli archi, e cerca comunque di riprendere la semplicità del portone precedente al restauro. L’ingresso principale del monastero, ha ospitato in passato anche il nartece. Oggi gli unici segni rimasti del porticato coperto sono appena visibili, e tali segni li possiamo notare solo attraverso delle sporgenze dalla muratura sul lato destro del portone e da una fila ben delineata al di sopra dello stesso portone, dalla quale partiva la copertura. Il nartece abbaziale era probabilmente formato da un porticato costituito da tre arcate per lato. Con molta probabilità, anche il nartece fu andato distrutto da un incendio, come visibile ancora oggi dall’annerimento della facciata dell’abbazia, che ne rimaneggiò completamente la copertura, mentre le mura restanti furono successivamente smontate e recuperate per essere riutilizzate nella costruzione delle imponenti sovrastrutture barocche del 1700. L‘abside, è forse l’elemento di maggiore pregio di tutta l’abbazia. Si rifà all’architettura tardo romanica del periodo e presenta una finestra circolare esalobata, al centro di un triangolo ai cui vertici vi sono tre piccole finestre circolari quadrilobate. Sotto questi quattro elementi circolari vi si trovano tre ampie monofore, che nella dimensione del complesso disegno, non superano i lati delle piccole finestre circolari. Secondo alcuni studiosi, il disegno dell’abside si rifà ad alcune chiese francesi di stile romanico. Certamente c’è da affermare che gli elementi utilizzati appartengono chiaramente al periodo romanico, così come c’è da affermare, che questo abside è molto simile alla famosa Abbazia di Casamari, abbazia sita nel Lazio, costruita nello stesso periodo dell’Abbazia Florense. Altri studiosi sostengono che la disposizione delle finestre circolari seguirebbero l’espressione e il pensiero gioachimita della santa trinità, ma tale accostamento è privo di elementi significativi, e pertanto non viene ne citato ne rappresentato nelle Tavole del Liber Figurarum. Il Campanile, posto a lato dell’abside, nella parte più elevata del tetto della stessa, ha forma di parallelepipedo regolare. Presenta una sommità più lavorata, con 4 archi a tutto sesto realizzati lungo i lati della parte più elevata del campanile, mentre il tetto, regolare, funge da grande capitello. Nel campanile sono presenti 4 campane.

L’interno del complesso, modificato con l’ultimo restauro del 1989 si presenta oggi in stile romanico a pietra nuda, come lo era originariamente. Sulle pareti dell’interno non sono presenti sculture, fregi, decorazioni, dipinti, statue, guglie, e qualsiasi altra forma decorativa. Dalla pianta a croce, si possono notare una grande navata centrale e due navatelle laterali, ottenendo in questo modo, tre luoghi separati ed individuali. Le navate laterali si collegano alla navata centrale, da ingressi posti nei pressi dell’altare. La navata centrale dà subito l’impressione dell’imponenza dell’abbazia. Dalla soglia del portale si scendono alcuni gradini rilevando che la soglia del pavimento si trova sotto di 90 cm. Il pavimento, restaurato negli anni ’80 con molta probabilità non era come lo si trova oggi allo stato attuale. Molto probabilmente era vario, con soglie differenti che delimitavano differenti ambienti nella stessa navate. Le pareti alte e verticali, rendono immediatamente l’ampiezza e la profondità dell’edificio. Le pareti, ritornate allo stato attuale dopo il grandioso restauro degli anni ’80, si presentano spoglie, quasi stanche, rimaneggiate in molte parti a causa del continuo rinnovamento e cambiamento di stili che l’abbazia ha avuto nei secoli. In alto, sono presenti 4 monofore per lato. Queste sono state riaperte dopo che vennero chiuse e sostituite dalle finestre barocche più grandi, a forma di rettangolo con gli angoli smussati. Le finestre barocche vennero chiuse nell’ultimo restauro per perché non conformi con l’aspetto originario dell’edificio. Ai lati delle pareti vi sono 4 porte. Tre di queste sono murate e un tempo, collegavano la navata centrale a locali non più esistenti o per lo meno completamente diversi da come si presenta oggi il complesso badiale. Solo una porta è ancora oggi “attiva”, la prima porta a sinistra dopo l’ingresso, che collega la navata centrale alla navatella laterale. In fondo alla navata centrale si staglia imperioso l’altare in stile barocco, e ben visibile è l’abside in fondo, con le caratteristiche finestre circolari. La navatella laterale, dalla quale si può accedere sia da una porta laterale che si affaccia sulla piazzetta antistante il portale dell’abbazia, e sia da una porticina che la collega alla navata centrale, è stata rimaneggiata e modificata più volte nel corso dei secoli. In alcune foto dell’epoca, appare diroccata con alberi e piante nel proprio interno, segno di una profonda incuria. Dopo l’ultimo restauro, è stata riaperta al pubblico ed oggi ospita la mostra permanente delle tavole del “Liber Figurarum”, le opere artistiche di Gioacchino da Fiore, che racchiudono il pensiero e l’immaginario gioachimita. L’altare in stile Barocco, è un’opera del maestro di arte lignea, Giovanbattista Altomare, maestro di Rogliano. Realizzato nel periodo del barocchi mento dell’abbazia, l’altare è datato 1740, data incisa dal maestro sull’opera realizzata. L’altare, che poggia su una base rialzata, presenta elementi riccamente decorati, intagli preziosi nel legno che sono stati poi dorati dal maestro. I maggiori elementi utilizzati, sono la foglia dorata e teste di putti. È un vivido esempio di arte barocca che partendo dalla basso, con la mensa eucaristica posta sui gradini, presenta una base a forma di parallelepipedo imponente con al centro il tabernacolo, mentre salendo fino in cima, lo stile rigoglioso delle foglie, racchiude la nicchia contenente la statua del patrono della città, ossia San Giovanni Battista. Dietro l’altare sta’ il coro ligneo, opera di autore sconosciuto. Il coro è intagliato in legno di noce, finemente lavorato. Il coro era utilizzato un tempo dai religiosi che risiedevano nel monastero e che in questa parte dell’edificio si dedicavano ai canti religiosi.

Presso la navatella laterale dell’Abbazia Florense, il cui accesso è sito di fianco il portale dell’abbazia, si trova l’esposizione permanente che raccoglie le litografie delle Tavole del Liber Figurarum, opera figurativa di Gioacchino da Fiore, considerata «la più bella ed importante raccolta di teologia figurale e simbolica del Medio Evo». Le tavole figurative, oggetto ancora oggi di studi da parte di enti, fondazioni ed università, e che per il loro simbolismo sono considerate gioielli d’arte di inestimabile valore, queste riproducono, attraverso l’arte del disegno, tutto il pensiero gioachimita, pensiero studiato in tutto il mondo dalle più importanti università. La sala esposizioni, è gestita dal Centro Studi Gioachimiti.

Oggi l’abbazia non è più destinata al culto, ma ospita il museo demologico dell’economia, del lavoro e della storia sociale silana, istituito nel 1984.

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