Chianalea di Scilla. L’incanto di un borgo marinaro.

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Chianalea è l’antico borgo di Scilla – ridente cittadina di 5600 anime del reggino  – che oggi conta appena 350 anime e deriva il suo nome da “Piano della galea” anche chiamato “Aquagrande” o “Canalea”, perchè le piccole case che sorgono direttamente sugli scogli sono separate le une dalle altre, da piccole viuzze, simili a canali, che scendono direttamente nel mare tirreno.

La leggenda vuole che siano stati degli esuli troiani a costituire il primo nucleo abitato sotto la rupe, dove grazie ai numerosi scogli era più facile la pesca. Il villaggio era comunque presente in età romana e venne poi distrutto dai Vandali. Tra l’VIII e il IX secolo il dominio bizantino garantisce alla terra di Scilla una certa prosperità e la rocca risulta abitata dai monaci basiliani. Fatta oggetto di numerose scorrerie saracene, la città, fu poi occupata dai normanni, nel 1066 che dopo averne espugnato il castello, ne scacciarono i bizantini. Sotto gli Svevi – XI – XIV secolo – Scilla conosce un periodi grande prosperità grazie ai commerci con l’Oriente e con i principali porti dell’Adriatico, passando poi sotto il dominio degli Angioini prima e degli Aragonesi poi. Nel 1523, Paolo Ruffo, conte di Sinopoli, acquista il feudo di Scilla e impedisce al famoso pirata Barbarossa di sbarcare su questi lidi. Nei secoli successivi, la storia di Scilla si intreccia con quella della famiglia Ruffo. Nel 1783 anche questa città è devastata dal terremoto-maremoto. La città dopo la parentesi napoleonica e il ritorno sotto i Borbone di Napoli – che vi istituirono una guardia civica – verrà annessa al Regno d’Italia nel 1861.

Nell’immaginario collettivo, Scilla, dal greco Skylax (“cagna”) è legata al mostro (sei teste, sei lunghissimi colli e guaito di cucciolo di cane) creato dalle fantasie dei naviganti ed entrato nella leggenda omerica di Ulisse: “Scilla dimora là dentro/che manda terribili strida/ e la sua voce per vero parrebbe di cucciolo appena nato/ ma essa è mostro selvaggio/ Dodici piedi invero ha il mostro ma tutti deformi/ sei lunghissimi colli, ciascuno dei quali finisce/ in una testa orrenda vi sono tre file di denti/ saldi, moltissimi, pregni di nero veleno mortale“/. Di fronte a lei, sulla costa sicula, sta Cariddi che ingoia le acque e le rivomita, simboleggiando i pericolosi vortici delle correnti marine. Entrami rappresentano, sotto il velo del mito, i pericli insiti nella navigazione e l’ingannevole seduzione del mare calmo.

Tra le figure di spicco della storia di Scilla vi è sicuramente Giuseppe Zagari (1863-1946) che fu uno delle figure più ecelse nel panorama della clinica medica italiana. Direttore della clinica medica di Napoli, nel 1897 pubblicò uno studio sulla diagnosi dei tumori della pleura e dei polmoni e la villa che si fece costruire, proprio a Chianalea, è oggi monumento nazionale.

In una sala del Castello di Scilla è conservato l’ultimo esemplare di una particolare imbarcazione chiamata luntre. Questi particolare tipo di barca a remi veniva impiegata per dare la caccia ai pesce spada. Quando questo veniva catturato e issato a bordo, era sottoposto ad rituale tuttora osservato: accanto all’occhio destro del pesce stesso, il pescatore, tracciava quattro volte con l’unghia, una della croce. Oggi, nel porticciolo di Chianalea, il lontre è stato sostituito da una più moderna”passerella” su cui sta il fiocinatore che avvistato il pesce spada, scaglia l’arpione. Un tempo per avvistare questi pesci, una vedetta saliva al Castello e con urla particolari di derivazione greca avvisava i compagni pronti sui lontri. La pesca si effettua tra aprile ed ottobre, quando il pesce spada attraversa lo Stretto di Messina attratto dalla limpidezza delle sue acque. A giugno, nel periodo degli amori, il fiocinatore cerca per prima la femmina del pesce spada, ben consapevole del fatto che, catturata questa, il maschio, non si rassegnerà alla sua perdita e consapevole della sua morte, prima sfogherà il suo dolore con movimenti disperati, per poi consegnarsi nelle mani dei pescatori. Tragica e romantica storia sulla quale il celebre cantautore Domenico Modugno ha scritto una bellisima canzone, intitolata per l’appunto, “Lu pisci spada“.

Chianalea vive ancora della sua attività marinara e difatti, passeggiando tra le antiche viuzze è facile incontrare pescatori che, sotto casa, costruiscono le reti per la pesca, apportano piccole riparazioni alle loro barche o si preparano a partire per affrontare una nuova giornata in mare. Le onde del Tirreno, penetrano sin quasi dentro le abitazioni, che sono continuamente sottoposte alla forza d’urto delle acque. Di notte, il silenzio amplifica il suggestivo rumore dei “colpi” del mare che costituisce il sottofondo musicale della vita del piccolo borgo. Non è un caso infatti, che qui si dica, che le barche sono case e le case sono barche. Sullo “Scaro alaggio” dove i pescatori ancorano le proprie barche, per ripararle dalle onde, si impone, per armonia architettonica, il Palazzo Scatagna, col suo doppio ordine di balconi in pietra squadrata disposti su tre piani. Vicino si trova Villa Zagari, un edificio del 1933 in stile eclettico. Le antiche fontane, sparse qua e là, le piazze, le chiese, ognuna con la propria storia, gli scogli e le rocce che si frantumano nel mare, offrono ai visitatori, un paesaggio naturale di grande bellezza, vigilato dall’austero Castello dei Ruffo. Ma, di proposito, non sveliamo oltre, perchè a Scilla noi di Mediterraneinews.it ci ritorneremo.

Nelle vie del piccolo borgo, dove non mancano ristoranti e alberghi in cui soggiornare, si tiene in estate, la sagra del pesce spada con spettacoli e degustazioni. Il pesce spada viene cucinato secondo tradizionali ricette, al forno, in padella o nel sugo dei maccheroni o ancora, alla griglia, comunque sempre accompagnato da un vino del posto ottenuto dalle uve di Zibibbo.

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