Riscoperti degli esemplari della rarissima oliva bianca.

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Non molti sanno dell’esistenza delle cosiddette “olive bianche”, una rara specie, ormai quasi del tutto perduta. Questa pianta, che ai tempi della Magna Grecia era diffusa in tutta la Calabria, soprattutto nei pressi dei monasteri basiliani, veniva chiamata “leucolea”, che significa appunto bianca oliva, per la caratteristica delle sue drupe che restano di colore bianco anche quando raggiungono la piena maturazione.

Da tali olive si ottiene un olio chiarissimo, che in passato era chiamato “olio del Krisma”, utilizzato per ungere i designati alle alte cariche imperiali bizantine, nelle cerimonie per l’incoronazione degli imperatori, e soprattutto come olio sacro nelle funzioni religiose quali: battesimo, cresima, unzione dei malati, ordinazione dei sacerdoti e vescovi; tale olio veniva inoltre utilizzato per alimentare le lampade nei luoghi sacri perché bruciando produce poco fumo. Per tale ragione i monaci coltivavano con impegno e cura la rara leucolea, nei pressi dei Monasteri.

L’ulivo, albero sempreverde della famiglia delle “oleacee”, con foglie coriacee, piccolissimi fiori biancastri riuniti in  infiorescenze a pannocchia e frutti a drupa, ha origini antichissime. E pare che la sua coltivazione in Italia sia dovuta a navigatori provenienti dalla Grecia e dal Medio Oriente, i quali portarono i semi, probabilmente come riserva alimentare. E’ risaputo che, con il diffondersi del monachesimo basiliano nel mezzogiorno d’Italia, tra il VII secolo d. C. e X secolo, la coltivazione dell’ulivo abbia ricevuto un notevole impulso.

Questa particolare qualità sembrava essersi perduta ma di recente è stata riscoperta in alcune zone delle province di Cosenza e Reggio Calabria, Gli esemplari ritrovati, grazie ad illuminati olivicoltori e agronomi, sono stati quindi salvati e riprodotti con nuovi innesti, riportando a nuova vita questa bellissima e antica specie.

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