Intervento del Presidente Mattarella, all’incontro promosso da “Libera” a Locri.

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Un saluto cordiale ai cittadini di Locri e della Calabria, a don Ciotti e agli organizzatori di questo incontro, alle autorità civili e religiose, al Ministro dell’Interno, al Presidente della Regione, alla Presidente della Commissione antimafia, al Sindaco di Locri e agli altri Sindaci presenti, a tutti coloro che partecipano a queste giornate e, in particolare ai tanti giovani presenti, che rappresentano testimoni di speranza.

E’ con grande partecipazione che prendo la parola tra voi, familiari delle vittime innocenti delle mafie, in questa terra, così duramente ferita dalla presenza della criminalità organizzata. Una presenza pervasiva, soffocante, rapace. Una presenza che uccide persone, distrugge speranze, semina terrore e ruba il futuro di questa terra. Abbiamo assistito alla lettura dei nomi delle quasi mille persone uccise dalle mafie: è un elenco, al tempo stesso, doloroso e istruttivo.

L’impegno che voi esprimete è strettamente legato alla memoria. Memoria e impegno interagiscono: sono termini che indicano continuità. In quell’elenco vi sono sindacalisti, che lottavano per i diritti dei lavoratori e dei contadini. Vi sono numerosissimi appartenenti alle forze dell’ordine e alla magistratura, che combattevano la criminalità organizzata con coraggio e capacità.

Vi sono giornalisti, medici, avvocati, imprenditori, commercianti, funzionari pubblici che non si sono piegati alla sopraffazione e hanno rifiutato l’omertà. Vi sono uomini politici e amministratori onesti, che guardavano soltanto all’interesse della loro gente. Vi sono animatori culturali, esponenti del volontariato, sacerdoti, caduti perché diffondevano parole di legalità, di non violenza, di riscatto, di resistenza, di perdono. Vi sono le vittime di faide e di vendette trasversali. Trucidate per una parentela o un’amicizia. Vi sono persone inconsapevoli: uccise perché si trovavano nel posto sbagliato, per uno scambio di persona, perché avevano visto cose che si volevano tener nascoste.

Sono centinaia e centinaia di uomini, donne e bambini. Sì, tante donne e tanti bambini. I mafiosi non conoscono pietà né umanità. Non hanno alcun senso dell’onore, non del coraggio. I loro sicari colpiscono, con viltà, persone inermi e disarmate. Tra le vittime delle mafie non ci sono soltanto coloro che le hanno contrastate, consapevoli del pericolo cui si esponevano. La mafia, le mafie, non risparmiano nessuno. Uccidono, certo, chi si oppone ai loro interessi criminali. Ma non esitano a colpire chiunque diventi un ostacolo al raggiungimento dei loro obbiettivi. Che sono denaro, potere, impunità. Per questo motivo, la lotta alle mafie riguarda tutti. Nessuno può dire: non mi interessa. Nessuno può pensare di chiamarsene fuori. Lottare contro la mafia non è soltanto una stringente e, certo, doverosa esigenza morale e civile. E’ anche, quindi, una necessità per tutti: lo è, prima ancora che per la propria sicurezza, per la propria dignità e per la propria effettiva libertà.

Si tratta di una necessità fondamentale per chi tiene, insieme alla libertà, alla serenità personale e familiare; per chi vuole misurarsi con le proprie forze e le proprie capacità, senza padroni né padrini. Una necessità per la società, che vuole essere libera, democratica, ordinata, solidale. Una necessità per lo Stato, che deve tutelare i diritti dei suoi cittadini e deve veder rispettata ovunque, senza zone franche, legalità e giustizia. Le mafie sono la negazione dei diritti. Opprimono, spargono paura, minano i legami familiari e sociali, esaltano l’abuso e il privilegio, usano le armi del ricatto e della minaccia, avvelenano la vita economica e le istituzioni civili. Vendono la droga, inquinano campi e acqua, contaminano alimenti e medicinali, incendiano boschi, devastano risorse ambientali. Le loro azioni criminali avranno effetti nocivi per generazioni.

Riciclano i proventi illeciti in attività legali, falsando la concorrenza e inquinando i mercati. Trasformano in un’occasione di arricchimento ogni più turpe attività: la prostituzione, il traffico di esseri umani e di rifiuti tossici, il gioco d’azzardo, il commercio di armi, della droga e di organi del corpo umano. L’Italia ha compiuto passi avanti nella lotta alle mafie. Negli anni sono state affinate le tecniche investigative, sono state varate, seguendo anche l’intuizione di uomini illuminati e spesso vittime delle mafie, leggi efficaci, che colpiscono duramente i patrimoni mafiosi, premiano la dissociazione, aggravano le pene, introducono nel codice nuove forme di reati.

Sono state create strutture d’indagine e giudiziarie che consentono una capillare conoscenza sul territorio del fenomeno criminale. Occorre sostenere il lavoro quotidiano, la rettitudine, la professionalità, l’intelligenza di tante migliaia di donne e uomini dello Stato che ogni giorno – nella magistratura e nelle forze dell’ordine – difendono la nostra vita sociale, e la nostra libertà personale e familiare, dall’aggressione delle mafie, attraverso l’azione di prevenzione e di repressione.

I risultati di questa azione ci sono; e sono sotto gli occhi di tutti. E’ bene ricordare che questa lotta, così dura, è stata e viene condotta sul terreno della legalità, del diritto, senza mai venir meno a quei principi che contraddistinguono uno Stato democratico. Ma è necessario non fermarsi. La mafia è ancora forte, è ancora presente. Controlla attività economiche, legali e illegali, tenta di dominare pezzi di territorio, cerca di arruolare in ogni ambiente. Bisogna azzerare le zone grigie, quelle della complicità, che sono il terreno di coltura di tante trame corruttive.

Accanto agli strumenti della prevenzione e della repressione, bisogna perfezionare quelli per prosciugare le paludi dell’inefficienza, dell’arbitrio, del clientelismo, del favoritismo, della corruzione, della mancanza di Stato, che sono l’ambiente naturale in cui le mafie vivono e prosperano. I vari livelli politico-amministrativi devono essere fedeli ai propri doveri e, quindi, impermeabili alle infiltrazioni e alle pressioni mafiose. La repressione dell’illegalità è inseparabile anche dalla resistenza civile. La lotta al fenomeno mafioso non avrebbe potuto raggiungere livelli così alti senza una profonda consapevolezza dei nostri concittadini, senza un forte cambio di mentalità, senza la promozione di una nuova cultura della legalità.

I giovani e le associazioni della società civile, come Libera, e tante altre, sono stati tra i motori di questo radicale e indispensabile cambiamento. Dove prima vi era diffusa omertà, ora spesso vi sono i simboli e le bandiere delle associazioni impegnate contro la mafia. Dove vi era silenzio dettato dal timore, o dalla connivenza, ora vi sono le parole, forti e coraggiose, dei nostri ragazzi. Dove c’era indifferenza o rassegnazione, ora si insegna legalità.

Occorre rafforzare e diffondere – perché prevalga – questa crescita culturale. Un crescita che deve continuare nel tempo, e che non dobbiamo mai considerare acquisita una volta per tutte. Una crescita che presuppone un forte impegno nell’ambito educativo e formativo. La scuola è un terreno decisivo per la formazione di coscienza civica e per trasmettere il senso della legalità, e dunque il contrasto alle mafie. Sarebbe un grave errore pensare che tocchi soprattutto ad altri, che sia soltanto un problema dello Stato e dei suoi rappresentanti. E’ un compito che riguarda ciascuno di noi: nell’agire quotidiano, nei comportamenti personali, nella percezione del bene comune, nell’etica pubblica che riusciamo ad esprimere.

Occorre, infine, un tessuto sociale più solido, attraverso l’effettiva possibilità di lavoro e il buon livello dei servizi sociali e sanitari. Occupazione e qualità dei servizi assicurano dignità e rendono i cittadini più capaci di esser protagonisti. Un tessuto sociale solido, e rassicurato sotto questi profili, resiste meglio alle influenze e alle pressioni mafiose.

Come diceva Giovanni Falcone, “la lotta alla mafia non può fermarsi a una sola stanza, la lotta alla mafia deve coinvolgere l’intero palazzo. All’opera del muratore deve affiancarsi quella dell’ingegnere”. Questo è l’orizzonte politico, giudiziario, di ordine pubblico, culturale, educativo, sociale del nostro impegno contro le mafie. Cari familiari delle vittime innocenti, voi portate il carico maggiore della violenza mafiosa.

Avete visto padri, madri, figli, fratelli e sorelle, mogli o mariti strappati a forza dalla vostra vita, dai vostri affetti, dall’intimità domestica. Nei vostri volti e, ancor più nei vostri cuori, portate una ferita che non si può rimarginare. Come sarebbe stata diversa la vostra esistenza senza la violenza della mafia! Penso a quanti progetti, a quante speranze, a quanti sogni spezzati!

Tutta l’Italia vi deve solidarietà per il vostro dolore, rispetto per la vostra dignità, riconoscenza per la vostra compostezza, sostegno per la vostra richiesta di verità e giustizia.

Partecipando, oggi qui a Locri o altrove, in altre manifestazioni per la legalità e contro la mafia, date una testimonianza morale e civile di come la violenza, la sofferenza, la morte e la paura non possono piegare il desiderio di giustizia e di riscatto. Per questo desidero dirvi che le vostre ferite sono ferite inferte al corpo di tutta la nostra società, di tutta l’Italia. E che il ricordo dei vostri morti, martiri della mafia, rappresenta la base sulla quale costruiamo, giorno dopo giorno, una società più giusta, solidale, integra, pacifica.

Vi ringrazio per esser qui, vi ringrazio per il vostro coraggio.

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