Nicotera durante il periodo napoleonico e la visità di Murat alla città il 10 maggio 1809.

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Dopo la fuga dei Borboni a Palermo, il Regno di Napoli, conquistato alle armi francesi, venne dato da Napoleone al cognato Gioacchino Murat.

Il cambio di regime ebbe le sue ripercussioni anche a Nicotera dove le grandi famiglie nobiliari come ad esempio i Cipriani divennero i nuovi referenti dei francesi, mentre la povera gente era più schierata alla vecchia corona Borbonica. Non è un casdo che ben dodici nicoteresi fuorno arrestati e imprigionati a Cosenza dai francesi stessi con l’accusa di essere stati gli ispiratori della sommossa popolare nella quale erano stati ucciso Andrea Coppola e Filippo Lupari.

Il 19 marzo del 1806 – come ci riccorda lo storico Diego Corso – venne in questa cittadina inaugurato il nuovo governo ed il 2 agosto venne abolita la feudalità che nel secolo passato, nonostante le leggi repressive del Tanucci, era rimasta in piedi. Furono cancellati i privilegi, tolte le proibizioni feudali, tramandataci da secoli di servitù, aboliti gli ordini religiosi e tutte le tasse che fuorno sostotuite da un’unica tassa fondiaria, la quale ricadeva sopra ogni sorta di beni stabili, senza esenzione a favore dei feudatari e dei corpi morali.

Il regno venne poi diviso in provincie e queste in distretti. Ogni comune ebbe un Consiglio o Decurionato in surrogazione del Parlamento. Venti decurioni scelti dal Governo su una lista di eleggibili reggevano la cosa pubblica. Ogni Circondario – oggi Mandamento – composto da più comuni, aveva un giudice di pace con due supplenti eletti dal Municipio. Rappresentavano il Municipio un Sindaco e due eletti. L’istruzione elementare venne introdotta in tutte le città ed in tutti i borghi e ogni provincia ebbe un Collegio.

Nel 1807 la città fu visitata dai briganti sotto il comando del capomassa Decosatis e poi dalla banda del Francatrippa. Comandava allora la nostra piazza il Martel che fortificò la rupe a cavaliere della rada detta Fossa di Sant’Antonio.

Nicotera divenne poi piazza di armi e centro delle operazioni militari e il 10 maggio 1809 fu visitata dallo stesso re Murat in persona che assegnò alla Chiesa Cattedrale tutti i beni dell’abolito convento dei Paolotti, 30 once d’oro per il compiersi della Chiesa di S. Maria della Scala” e lire 850 per i poveri intascati poi dal sindaco del tempo e in seguito sospeso dalla carica. In quell’occasione il Re – ospite a Casa Cipriani – si incontrò con il vescovo del tempo, Giuseppe Vincenzo Marra, il quale venne proclamato dal sovrano Cavaliere delle Due Sicile.

Per favorire l’agricoltura, il Murat ordinò inoltre, l’anno successivo, di dividere alcuni territori tra Comune ed il conte di Sinopoli Fulco Ruffo: trattasi – come ci spiega il Sorace – dei feudo “ravello”, Mortelletto” e “Praie”, ordinando altresì che si dessero al nostro comune i locali detti Angarà, Fegotto, Forchi, Schicciotto e Vitosa.

E sempre sotto il regime murattiano, il municipio cittadino provvedette alla salubrità delle acque potabili facendo costruire il nuovo acquedotto dal luogo detto “Tamburo” fino alla fontana detta “Il Pozzo”, regolamentando la divisione delle acque pubbliche per l’irrigazione dei giardini anche se – come ci ricorda sempre il Corso – il documento con gli orari per la distribuzione venne sottratto dagli archivi municipali.

Due anni prima era intanto inziata la ricostruzione del Palazzo vescovile distrutto dal sisma del 1783 e risorto sui ruderi della chiesa di Santa Caterina.

 

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