Gran Bretagna al voto ma è “Hung parliament” (Parlamento appeso).

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Se la premier conservatrice britannica Theresa May aveva convocato queste elezioni generali per avere una maggioranza più forte come le promettevano quasi tutti i sondaggi – almeno fino a pochi giorni fa – anche con l’obiettivo di negoziare con Bruxelles la cosidetta “hard Brexit” cioè una uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, anche a prezzo di gravi sacrifici nei rapporti con gli altri partner comunitari, le urne hanno dato un verdetto diverso.

Lo scenario che si profila già intorno alle 23.00 di iera sera quando la BBC dà i primi exit poll è infatti quello del cosidetto “Hung parliament” (letteralemnte “parlamento appeso” o “impiccato”) dove cioè nessun partito ha la maggioranza assoluta dei seggi, cosa molto rara in Gran Bretagna e verificatasi solo in poche occasioni (2010, 1974 e 1924), per restare ai tempi recenti.

I Conservatori infatti sono il primo partito del paese con il 42.4% dei voti e 318 seggi ma non raggiungono la maggioranza dei 326 sui 650 della Camera dei comuni, anzi ne perdono 12 rispetto alle passate elezioni nonostante – scherzi del sistema maggioritario – abbiamo guadagnato 5.5 punti percentuali rispetto a due anni fa. I laburisti invece – dati per spacciati fino a venti giorni fa – invece risorgono guadagnando ben 9,5 punti pecentuali, toccando il 40.1% dei suffragi e passando da 232 a 261 seggi. Al terzo posto i liberaldemocratici – partito di centrosinistra – che guadagna 4 seggi (passando dagli 8 del 2015 agli attuali 12) e il 7.4% dei voti. Segue poi il partito nazionalista scozzese – SNP – che perde consensi (-1.7%) e sopratutto lascia sul terreno ben 21 seggi rispetto ai 56 conquistati due anni fa. Quasi scomparsa, la formazione della destra nazionalista inglese – l’Ukip – che perde l’unico seggio che deteneva nel parlamento e scende dal 12.6% ad un misero 1.8%.

Nel dettaglio possiamo notare che in Inghilterra – la principale delle nazioni storiche che compongono il Regno Unito, i conservatori svettano come primo partito con il 45.6% (+4.6%) contro il 41.9% dei laburisti (+10.3%). Ma è proprio qui che i tories perdono i 20 seggi che li avrebbero dato una maggioranza a Westminster.

In Galles invece i rapporti di forza si capolvogono. I laburisti primeggiano con il 48.9% dei voti (+12.1%) mentre i conservatori arrivano al 33.6% (+6.3%). Terzi i nazionalisti gallesi del Playd Cimru con il 10.4% dei voti (-1.7%). Anche qui i conservatori hanno perso tre seggi.

In Scozia, lo Scottish National Party (SNP) è sempre il primo partito con il 36.9% ma perde oltre tredici punti rispetto al 2005. I conservatori lo tallonano al 28.6% (+13.7%) seguiti dai laburisti in leggera ripresa al 27.8% (+2.8%). Da sottolineare che senza i 12 seggi che i tories hanno strappato in Scozia ai nazionalisti la situazione generale sarebbe stata ancora più catastrofica.

In Irlanda del Nord infine gli unionisti protestanti del DUP si aggiudicano 10 seggi e il 36.0% dei voti contro i 7 seggi dei nazionalisti cattolici del Sinn Fein fermi al 29.4%. Terzi i socialdemocratici dell’Sdp all’11.7% seguiti dagli ultraunionisti dell’UUP al 10.4% e dai liberali dell’Alliance Party al 7.9%. Formazioni minori che non conquistano nessun seggio.

L’affluenza alle urne per le politiche anticipate di ieri nel Regno Unito è stata del 69%, la più alta dal 1997, questo nonostante i britannici siano stati chiamati a votare per la terza volta in due anni. Questo dato conferma le previsioni che un’alta affluenza avrebbe giovato al partito laburista di Jeremy Corbyn, a discapito dei conservatori di Theresa May.

Cosa succederà ora? Theresa May proverà a formare una coalizione ma troverà un parlamento più riottoso di quello che ha sciolto. I liberaldemocratici si sono detti indisponibili ad un accordo e anche le altre formazioni (Playd Cimru, SNP, SF) tutte schierate nel campo progressista non darebbero mai un appoggio al governo dei conservatori. Di converso i laburisti anche facendo un accordo “quadripartito” non arriverebbero a quota 326, necessaria per varare l’esecutivo. E’ probabile che la May trovi un accordo con i norirlandesi del DUP ma quanto possa durare un esecutivo che gode di una maggioranza di due seggi su 650 è difficile dirlo. E non è impossibile che la stessa May sia defenestrata dai suoi e sostituita con un altro esponente dei tories.

Per quanto riguarda l’analisi del voto possiamo dire che la May ha sbagliato tutta la campagna elettorale. Ella credeva che fagocitando l’elettorato dello Ukip avrebbe ottenuto dai 50 ai 100 seggi di maggioranza ma la spettacolare rimonta del Labour ha vanificato questo risultato pur conseguito dal primo ministro. Il fatto di non essersi presentata ai dibattiti televisivi la fatta apparire debole e incerta. La May inoltre ha sottovalutato l’avversione di una parte dell’elettorato che dopo aver votato per la Brexit si è pentita della scelta fatta. Il voto inoltre è anche una bocciatura dei continui tagli allo stato sociale promossi dai tories in un paese economicamente forte ma dove sono tornate ad aumentare le diseguaglianze sociali.

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