45 anni fa il ritrovamento dei Bronzi di Riace.

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Il 17 agosto 1972 con Protocollo n. 2232, una comunicazione urgente viene indirizzata alla Soprintendenza alle antichità della Calabria a Reggio.

La scrive il sub romano Stefano Mariottini il quale: «… dichiara di aver trovato il giorno 16 c.m. durante una immersione subacquea a scopo di pesca, in località Riace, Km 130 circa sulla SS Nazionale ionica, alla distanza di circa 300 metri dal litorale ed alla profondità di 10 metri circa, un gruppo di statue, presumibilmente di bronzo. Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l’una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con una gamba sopravanzanta rispetto all’altra. L’altra statua risulta coricata su di un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo. Le statue sono di colore bruno scuro salvo alcune parti più chiare, si conservano perfettamente, modellato pulito, privo di incrostazioni evidenti. Le dimensioni sono all’incirca di 180 cm.».

E l’inizio di una delle pagine più interessanti ed emozionanti dell’archeologia calabrese e italiana.

Il giorno prima – 16 agosto 1972 – Mariottini aveva deciso di scovare una zona isolata per poter effettuare delle immersioni marine, da lui tanto amate, in tutta tranquillità: mai avrebbe certo immaginato di ritrovare i due Bronzi coperti in un fondale calabrese. L’attenzione del subacqueo fu attratta dal braccio sinistro di quella che poi sarebbe stata denominata statua A, unico elemento che emergeva dalla sabbia del fondo. Per portare le statue fuori dal fondale, Mariottini tentò di contattare la Sovraintendenza archeologica, e oltre alla comunicazione di cui sopra, si affrettò a chiamare a casa il Sovrintendente in persona, Giuseppe Foti. Per sollevare e recuperare i due capolavori, i Carabinieri del nucleo sommozzatori utilizzarono poi un pallone gonfiato con l’aria delle bombole. Il 21 agosto fu recuperata la statua B, mentre il giorno successivo toccò alla statua A (che ricadde al fondo una volta prima d’essere portata al sicuro sulla spiaggia).

Durante i primi interventi di pulitura dalle concrezioni marine (eseguiti dai restauratori del Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria), apparve evidente la straordinaria fattura delle due statue. Fu confermata infatti la prima ipotesi secondo cui i bronzi dovevano essere autentici esemplari dell’arte greca del V secolo a.C., venuti ad affiancare quindi le pochissime statue in bronzo che sono giunte fino a noi complete, come quelle conservate in Grecia: l’Auriga di Delfi e il Cronide di Capo Artemisio al Museo Archeologico Nazionale di Atene.

A Reggio l’équipe di tecnici lavorò alla pulitura delle due statue fino al gennaio 1975, quando la Soprintendenza reggina ebbe la certezza che sarebbe stato impossibile eseguire un completo e valido restauro delle statue utilizzando solo i limitati strumenti che erano a disposizione del proprio laboratorio. Fu allora che si decise di trasferirle al più attrezzato Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana, (vedi foto) costituito dopo l’alluvione del 1966. Pur essendo stato fatto durante il restauro fiorentino un trattamento conservativo, nei primi novanta comparvero numerosi fenomeni di degrado, che hanno fatto propendere per lo svuotamento totale del materiale anticamente servito per modellare le figure (la cosiddetta “terra di fusione”) e parzialmente lasciato dai restauratori fiorentini all’interno delle due statue. In questa occasione l’intervento di contrasto alla formazione di ossidi rameosi è stato realizzato con il benzotriazolo. Così nel 1995, terminata la pulizia interna e dopo aver subito un trattamento anticorrosione, i due Bronzi sono stati nuovamente collocati nella grande sala del museo reggino, tenuta a clima controllato con l’umidità al 40-50% e la temperatura compresa tra i 21 e i 23 °C. Nel 2009, i Bronzi di Riace sono stati trasportati al Palazzo Campanella, il palazzo della regione, dove era stato allestito un laboratorio aperto al pubblico. Restauratori esperti, coordinati da Paola Donati e Nuccio Schepis, dell’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro, iniziarono i lavori di restauro delle due statue raffiguranti antichi guerrieri che sono stati completati nel 2011. Al termine del restauro, all’interno è stato usato un prodotto chimico che le preserverà dalla corrosione. Nel dicembre del 2013, i Bronzi sono finalmente tornati nel museo di Reggio, esposti in un’apposita stanza completamente asettica, alla quale possono accedere poche persone per volta dopo essere passate da una stanza con un filtro per i germi.

I due bronzi sono quasi certamente opere originali dell’arte greca del V secolo a.C., e dal momento del ritrovamento hanno stimolato gli studiosi alla ricerca dell’identità dei personaggi e degli scultori. Ancora oggi non è stata raggiunta unanimità per quanto riguarda la datazione, la provenienza e tanto meno gli artefici delle due sculture. Tra chi sostiene che si tratti di opere realizzate in tempi diversi qualcuno afferma che la parte superiore della statua A appare alquanto statica, ricordando alcuni modi dello Stile severo della prima metà del V secolo a.C., mentre la statua B, con la sua esatta e naturale presenza nello spazio, sarebbe dimostrazione di quel superamento di rigidezza nella figura, che la scultura greca incominciò a presentare solo nel corso della seconda parte del V secolo a.C.; ciò ha portato a ipotizzare che la statua A potesse essere opera di Fidia o della sua cerchia, realizzata intorno al 460 a.C. e che la statua B fosse da collegare a Policleto, nella torsione del busto e nella posizione di riposo della gamba sinistra, realizzata perciò alcuni decenni dopo, verso il 430 a.C.

Bronzi di Riace presentano una notevole elasticità muscolare essendo raffigurati nella posizione definita a chiasmo. In particolare il bronzo A appare più nervoso e vitale, mentre il bronzo B sembra più calmo e rilassato, ma nonostante siano diversi tra loro presentano una bellezza immensa e un capolavoro dell’arte greca del V secolo a.C. Le statue trasmettono una notevole sensazione di potenza, dovuta soprattutto allo scatto delle braccia che si distanziano con vigore dal corpo. Il braccio piegato sicuramente sorreggeva uno scudo, l’altra mano certamente impugnava un’arma. Il bronzo B ha la testa modellata in modo strano, appare piccola perché consentiva la collocazione di un elmo corinzio. Il braccio destro e l’avambraccio sinistro della statua B hanno subito un’altra fusione, probabilmente per un intervento di restauro antico.

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