La perdita degli scritti di Telesio e i tanti tesori calabresi dimenticati o trascurati.

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C’era anche la prima prima stampa del «De rerum natura iuxta propria principia», l’opera più importante del filosofo Bernardino Telesio, è andata distrutta, insieme ad altre pergamene antiche, nell’incendio sviluppatosi ieri in un edificio del centro storico di Cosenza.

Ma assieme alle pergamene con le scritte del celebre filosofo calabrese a “bruciare” c’è anche la rabbia di tutti i calabresi amanti della cultura che guardano con apprensione alla sorte dei beni culturali della nostra regione – l’unica d’Italia forse – dove non esiste nenache un assessorato alla cultura.

E il pensiero volge immeditamente e innanzitutto, proprio al luogo dove si è consumato l’ultimo “misfatto” e cioè quel centro storico di Cosenza (che incantò tra gli altri lo scrittore inglese George Gissing), che incarna nelle sue forme architettoniche l’apice dell’espansione e della cultura calabrese e i cui elementi caratteristici sono di estensione ragguardevole, nella comparazione con le altre città del Mezzogiorno: la concentrazione di edifici monumentali, i numerosi palazzi padronali e di pregio, il disegno urbano, caratterizzato da un dedalo di strette strade che si snodano attorno agli antichi edifici, chiese, conventi, case fortezze, slarghi e piazze. Uno spazio urbano, inserito tra i fiumi Crati e Busento e lo scenario delle colline periurbane cosentine che regalano dei panorami mozzafiato.

    

Un centro storico che ospita testimonianze come il Duomo del 1100, dichiarato il 12 ottobre 2011 dell’UNESCO “testimone di una cultura e di pace, il palazzo del Governo (XVI° secolo), il Teatro Morelli e i tanti palazzi padronali: Palazzo Orsomarsi, Palazzo Bombini, Palazzo Giannuzzi-Savelli, piazza Duomo, Palazzo Archi di Vaccaro, Palazzo Grisolia, Palazzo Persiani, Palazzo Sersale, Vila Rendano e Volla Safi.

Perché tutta la nostra regione è in fondo un grande “centro storico diffuso” poichè ognuno dei quattrocento comuni calabresi – e quindi non solo le grandi areee urbane come Cosenza stessa, Reggio Calabria, Catanzaro, Vibo, Crotone o anche centri di media grandezza come Palmi o Corigliano – si impernia su un borgo e in ognuno di questi ci sono testimonianze storiche e architettoniche e beni culturali di grande pregio. E il 70% di questi beni, si trova speso in comuni piccolissimi che sono colpiti da una grave crisi demografica che ne mette a rischio la stessa esistenza. Un fenomeno non solo calabrese ma che tocca altre regioni – sopratutto quelle interessate dalla dorsale appenninica – ma nelle quali un legislatore attento è arrivato addirittura a promuovere delle leggi ad hoc, per non parlare della legge regionale pugliese per la valorizzazione dei borghi d’eccellenza. Anche qui ovviamente va detto, per onestà, che gli interventi non mancano – dal restauro del magnifico Castello di Corigliano Calabro o quello, recentissimo di Cleto – solo che il tutto andrebbe inquadrato in un piano organico e razionale. Ben sapendo poi, anche che, i centri storici stessi si prestano anche ad attività economiche di ricettività turistica.

  

E qui un accenno non può non essere fatto anche a quei borghi che purtroppo sono già scomparsi dove i resti delle casette sembrano mani ossute tese al cielo: Africo, Amendolea, Brancaleone, Campana, Gumeno, Fantino, Laino, Nicastrello, Papaglionti, Pentedattilo e Roghudi, alcuni dei quali fortunatamente riscoperti da semplici cittadini e associazioni. Pezzi di Calabria che potrebbero anche loro essere riconvertiti come centri di attività culturali, turistiche e artigianali.

Così come una maggiore attenzione va data ai siti archeologici. La Calabria infatti non solo ha tanto ancora da raccontare in merito alla sua ultramillenaria storia – chissà quanti sono i reperti che attendono di tornare alla luce (pensiamo ad esempio alla cave sommerse che farebbero la gioia dei subacquei) – ma custodisce testimonianze che meritano di essere valorizzate come le mura greche di Vibo valentia. In questo senso, la recente proposta del governatore Oliverio di iniziare il percorso finalizzato ad ottenere il riconoscimento dell’UNESCO alle città della Magna Grecia, progetto che si estenderebbe anche ad altre regioni, è un occasione da non sciupare.

Una logica si “sistema”, di “rete” che deve interessare anche le strutture museali che nel 2016 (stima del MIBCAT) hanno avuto solo 498.263 visitatori (pochi rispetto al milione di quelli dell’Emilia Romagna o del veneto e persino al 1.100.000 visitatori di quelli del Friuli) anche se la nostra regione ha registrato, rispetto al 2015, un aumento del +39% che è certamente un segnale che va incentivato con adeguate politiche di settore. A questi poli culturali vanno poi aggiunti gli archivi e le biblioteche che sono i custodi del sapere e della nostra storia. Anche qui la “polverizzazione” esistente non aiuta e sarebbe auspicabile la costituzione di Sistemi Bibliotecari e Archivistici che facciano da enti provinciali (o sub provinciali nelle realtà territoriali più grandi come quella cosentina o reggina) di coordinamento delle tante strutture esistenti. Enti che dovrebbero però essere messi dall politica in condizioni di funzionare dotandoli di portali internet, favorendo la digitalizzazione dei beni bibliografici e archivistici, promuovendo attività di ricerca e di studio finanziate e progetti con le scuole del territorio, ecc. Enti che nel contempo non si limitano a custodire libri ma che si aprono al territorio con inziative culturali di grande spessore come ad esempio il Tropea Festival Leggere e Scrivere” ideato dal Sistema Bibliotecario Vibonese.

  

Non dimentichiamo infine che la Calabria è anche terra di patrimoni immateriali: miti, leggende, riti religiosi suggestivi che possono essere anch’essi un fattore di rottura della asfittica economia regionale. E qui il pensiero non può che andare a momenti come la Varia di Palmi, il Pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Montagna di Polsi, i “Battenti” di Nocera Tirinese nel catanzarese o le processioni con staute di Madonne in mare come quella di Nicotera nel vibonese, solo per citarne alcuni. La Calabria poi è anche un gigantesco “parco letterario” all’aperto che annovera autori di pregio da Strati a Alvaro e ha una sua vocazione culturale decisamente “mediterranea”: punto di incontro di culture ed etnie diverse che può farla diventare “ponte” con la Spagna orientale, La Francia meridionale, il Nord Africa, la Grecia con al suo interno presenze grecofone, occitaniche e albanesi.

E non possiamo non infine sottolineare il legame intrinseco che lega questo patrimonio ad altri due fattori di potenziale crescita e sviluppo: il cibo (la Calabria compatria di elezione della cosidetta Dieta Mediterranea – vista anche l’importanza del comparto agro-alimentare nel quadro dell’economia regionale – e l‘ambiente: La Calabria cioè terra racchiusa tra due mari, con centinaia e centinaia di bellissime spiagge, parchi e riserve naturali dove si può godere del sole distesi sulle spiagge di Copanello, di Tropea o di Soverato o riempirsi i polmoni dell’aria salubre delle montagne della Sila, dell’Aspromonte e del Pollino, magari su una rete attrezzata di sentieri ideali per fare treking, o di ciclovie. Il tutto ovviamente nel quadro di un approccio volto a promuovere il turismo eco-sostenibile.

             Per tutti questi motivi – e non solo – il rogo di Cosenza,  che oggi lo stesso Presidente Oliverio ha definito “una tragica testimonianza di quanto l’incuria, il degrado e l’abbandono siano divenuti aggressivi e distruttivi fattori di rischio” – un riferimento al centro storico cosentino ma che può essere esteso a tutta la vasta gamma dei beni culturali e ambientali calabresi a rischio – ci deve spingere non sulla strada della rassegnazione ma dell’impegno civile.

Perchè questa è una battaglia di civiltà, e come ogni battaglia necessità di soldati – in questo caso di avanguardice civiche – che combattono, che pressino le istituzioni, che scuotano dal torpore gli indifferenti, e di sacrifici. E la calabria questa terra nobile – verso la quale come scrisse lo stesso Repaci, Dio “teso in un maschio vigore creativo, promise a se stesso di fare un capolavoro ed uscì dalle sue mani più bella della California e delle Hawaii, più bella della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi” – questi sacrifici li merita tutti.

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