Risciolto il Comune di Tropea. Il Consiglio di Stato ribalta la decisione del TAR.

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La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha  ribaltato la decisione del Tar Lazio in merito alla sospensiva dello scioglimento del Consiglio Comunale di Tropea. Era rientrato sul suo scranno Pino Rodolico, Sindaco di Tropea, dopo essere stato eletto nelle amministrative del 2014.  La commissione di accesso inviata dal Perfetto di Vibo Valentia, aveva stilato una articolata relazione con passaggi che appesantivano la vicenda amministrativa, inserendola in condizionamenti mafiosi tali, da chiederne lo scioglimento decretato nell’agosto 2016.

I fatti. Rodolico aveva presentato ricorso al TAR in merito alla relazione di scioglimento del Prefetto di Vibo ed avallata, per legge, dal Consiglio dei Ministri, ottenendo l’annullamento dello scioglimento notificato nell’agosto 2016, ritornando così, ai primi di giugno 2017, a rifare il Sindaco di Tropea insieme alla sua giunta e all’intero consiglio comunale.

Oggi il Consiglio di Stato annullando la decisione del TAR , reintegra i commissari prefettizi e riscioglie il consiglio comunale, rimandando la decisione di merito al prossimo 12 dicembre.

Attenderemo in quella data la decisione definitiva e, solo dopo ciò, potremo dichiarare chiuso il caso Tropea.  Il Consiglio di Stato per come motiva la sua decisione, lascia a Rodolico  poche speranze di vittoria, nella ricerca di nuovi appigli giuridici a favore della sua amministrazione comunale che, sembrano essersi ridotti al lumicino. Difatti, entrando nel contesto della relazione prefettizia, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, ha esaminato la relazione,  nella sua interezza e nella sua omogeneità e logicità dei fatti contestati, senza analizzarli separatamente e singolarmente, come invece aveva fatto il TAR, ma, il Consiglio di Stato, seguendo la logica dell’analisi globale dei fatti e dei comportamenti dei singoli,  riporta il ragionamento giuridico a quel condizionamento mafioso che, per legge, prevede lo scioglimento delle amministrazioni comunali, sia se sono state condizionate e sia se possono esserlo e quindi,  a tutela degli amministratori, si procede allo scioglimento. Il condizionamento così riconfermato, determina un pregiudizio alla trasparenza del bene comune, al buon andamento di quello spirito di imparzialità che l’Ente, sul territorio, deve porsi in ogni sede, quale presidio della legalità e della trasparenza amministrativa.

Quello che sempre notiamo in questa anatra zoppa che è la legge “politica e amministrativa”sugli scioglimenti per infiltrazioni mafiose dei comuni  è chè, dopo aver sciolto un comune e mandato a casa i suoi amministratori eletti, i condizionatori mafiosi, rimangono in libertà e impuniti, pronti  a ripetere, indisturbati, la loro nefasta opera, alla prossima tornata elettorale

Diventa sempre più difficile fare gli amministratori in territori sottoposti alla presenza di possibili condizionamenti riconducibili a persone con precedenti che gravitano nella sfera mafiosa, liberi di muoversi e marcare il loro territorio. Un Sindaco, una giunta ed una amministrazione comunale, come questa in esame di Tropea, che adotta il criterio di valutazione dei funzionari di prefettura, di sicuro è in difetto, ma se adotta il criterio di valutazione dei giudici amministrativi del TAR, sembra faccia le cose fatte bene; in ultimo secondo il criterio dei Consiglieri di Stato, sempre sulla stessa amministrazione, il giudizio ritorna negativo.

Insomma, dal basso dell’ente comunale, un sindaco terrestre è sempre l’anelo debole della catena di Stato, mentre nell’alto della stessa catena di trasmissione, sembra esserci una parte extraterrestre che, nei vari universi giudiziari, si scontra con interpretazioni e raffinatezze giuridiche, che un comune mortale di sindaco o membro di giunta comunale, difficilmente potranno esimersi dall’essere schiacciati dalla logica burocratica di una legge inesorabile quanto contraddittoria, nonché empirica ed inefficace nel combattere il vero malaffare. Sciogliere i Comuni per condizionamenti mafiosi e poi lasciare impuniti i mafiosi che hanno condizionato, significa che la legge è di natura politica e nulla ha a che fare contro il vero ed efficace contrasto alla criminalità organizzata.

Alla prossima tornata elettorale, il mafioso sarà ancora li a condizionare, senza aver subito neanche il minimo di restrizione di arresto domiciliare, utile almeno a non continuare vagare per le strade a condizionare la successiva competizione elettorale.

 

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