Il progressivo ridimensionamento della pianta organica rischia di mettere definitivamente in ginocchio la Casa circondariale. Tra il 2001 ed il 2013 l’istituto penitenziario è passato da 202 unità a 140, un taglio di sessanta posti che non poteva non avere ricadute pesanti sulla efficienza dei servizi e sui livelli di sicurezza. Una situazione ormai insostenibile e della quale si fa interprete il Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria) con una lettera indirizzata al prefetto Guido Longo e contenente i dati salienti dell’attuale stato di difficoltà. In sostanza il rapporto tra agenti è detenuti appare inversamente proporzionale. Più sale, cioè, il numero dei carcerati e più scende il numero delle guardie penitenziarie. <A Vibo – spiega Francesco Ciccone, responsabile del Sappe – su 408 detenuti presenti, dei quali circa 230 appartenenti alla criminalità organizzata, operano solo 137 unità Polizia Penitenziaria. Il rapporto è di n.1 agente ogni 3 detenuti con una percentuale del 33%; a livello regionale su 1358 Agenti e 2338 detenuti il rapporto è n. 1 agente per meno di due detenuti, con una percentuale del 52% e ,infine, il dato nazionale dice che su 35.172 unità per 56.863 detenuti, il rapporto è n.1 agente per meno di due detenuti ed è più alto della Calabria, si passa al 62%. Ne consegue – aggiunge che l’istituto vibonese dovrebbe avere in pianta organica e disponibili non meno di 250 unità, quindi oggi sopporta un meno 113>. I dati preoccupano e fanno riflettere.
Lo stesso prefetto Longo, al quale Ciccone esprime gratitudine per la sensibilità dimostrata verso la delicata problematica, venendo a conoscenza dei disagi della polizia penitenziaria nel corso di un incontro col Sappe, non avrebbe esitato a mettere in movimento i canali a sua disposizione per sensibilizzare il ministero competente. In realtà, il funzionamento della Casa circondariale appare legato alla grande professionalità del personale che, nonostante i turni massacranti ed i frequenti accorpamenti dei posti di servizio, continua a garantire la funzionalità dell’istituto. Particolarmente delicato risulta il lavoro della polizia penitenziaria, che alla luce delle attività svolte dalle procure distrettuali di Reggio Calabria e Catanzaro, sono soggetti ad impegni sempre più gravosi.
Basti pensare alla crescente attenzione riservata alle attività malavitose e al numero di arresti degli ultimi tempi per rendersi conto dei disagi cui il personale va incontro. Non si tratta, infatti, solo di prestare il servizio di vigilanza in istituto, ma anche di avere a che fare <con detenuti di difficile gestione – sottolinea Ciccone – e soggetti sottoposti a continuo monitoraggio per il rischio di proselistismo terroristico>. Al tutto si aggiunga il servizio traducioni e piantonamenti che vede 20/22 agenti impegnati <nel trasferimento dei detenuti nelle aule di giustizia o altri istituti, nonché nei nosocomi e nell’esecuzione dei permessi con scorta e altri servizi collegati>. Spesso per garantire i trasferimenti bisoigna sottrarre personale ai servizi interni con conseguente abbassamento del livello di sicurezza. Come se ne viene fuori? Il Sappe non chiede miracoli, ma chiede che l’organico torni ad essere almeno quello del 2001.
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