La vittoria del Si al recentissimo referendum per la fusione delle città di Corigliano Calabro e Rossano Calabro, tenutosi domenica scorsa, ha rilanciato il tema in questione in tutta quanta la Regione. Non a caso già si parla di altre fusioni, a cominciare da quella che dovrebbe dare vita alla cosidetta “Grande Cosenza” con l’unione di Cosenza stessa, Rende e Castrolibero.
Si tratta ormai di una necessità imposta da vari fattori: dalla eccessiva polverizzazione della popolazione che si distribuisce su un numero elevato di centri urbani (ai quali si aggiungono centinaia e centinaia di piccole frazioni) – oltre quattrocento – alla crisi demografica in atto, per finire alla progressiva incapacità dei comuni di garantire i servizi essenziali, sia per la diminuzione dei trasferimenti dallo stato che per il calo degli introiti fiscali derivante, a sua volta, dal decremento della popolazione che dall’assenza di piccole e medie imprese, dal declino del commercio e dal mancato sviluppo del turismo e delle attività a questo connesse. E’ un tema quindi – questo delle fusioni – che investirà anche il vibonese, dove già si parla, ad esempio, di unire Pizzo Calabro con Vibo Marina e Briatico oppure di fondere in uno unico comune Filadelfia, Polia e Monterosso tre centri che stanno vivendo una drammatica emergenza demografica.
E gli incentivi del resto non mancano, dato che i comuni che si fondono possono godere dei benefici economici previsti dalla “Legge Delrio” usufruendo di uno stanziamento statale aggiuntivo di un milione e 600mila euro per 10 anni e godendo di altri riparmi derivanti dall’accorpamento. Un incentivo di altri due milioni per due anni è poi previsto dalla legge “Delrio” per tutte quelle città che avranno proceduto all’unione entro la fine del 2017.
Il tema quindi non può non interessare anche Nicotera – città che in poco di mezzo secolo ha visto sparire il 25% della sua popolazione ed è afflitta da una sempre cronica mancanza di risorse economiche – e i comuni circunvicini. Giunti a questo punto del ragionamento però, si pongono due questioni: la prima è quale deve essere il percorso normativo da intraprendere che più è utile alla città e al suo comprensorio: un unione tra comuni o addirittura la fusione? E poi: con quali partner affrontare assieme questo stesso percorso?
L’unione di comuni ad esempio è un ente disciplinato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che recepisce la legge 3 agosto 1999, n. 265. Questa tipologia di ente è costituito da due o più comuni per l’esercizio congiunto di funzioni o servizi di competenza comunale ed è dotato di autonomia statutaria. Ciò significa che i singoli comuni si uniscono e trasferiscono alle unioni funzioni e servizi e questo a sua volta implica che il servizio o la funzione trasferita all’Unione viene sottratta alla titolarità diretta del Comune, e rientra nella titolarità dell’Unione dei comuni. E’ una formula che ha avuto successo anche qui in Calabria dove si contano le Unioni “Del versante ionico”, “Dell’istmo”, del “Monte Contessa”, dei “Monti da Temesa a Terina”, della “Presila Catanzarese” (nel Catanzarese), di “Arberia”, della “Via del mare”, ” Del Soleo”, del “Terre del Savuto” (nel Cosentino) e dei “comuni della (Valle del Torbido” (nel reggino).
Altri comuni – dopo l’esperimento dell’Unione dei comuni – hanno invece preferito arrivare ad una vera e propria fusione come quella che quest’anno ha portato alla nascita del comune di Casali del Manco nella sila cosentina, grazie all’unificazione di cinque centri urbani.
Molti ricordano che, sotto la seconda consiliatura del sindaco Adilardi (2001-2005), Nicotera tentò di procedere ad Unione di comuni con alcuni centri urbani della Piana di Gioia Tauro: la stessa Gioia Tauro, Candidoni, Rosarno, Rizziconi e San Ferdinando. Il progetto di statuto, prevedeva di devolverea questa Unione e diciotto competenze da trasferire previo unanime accordo tra tutti gli enti partecipanti all’Unione stessa. Un progetto mai però giunto a termine. E uno dei punti più contestati fu proprio quello della scelta dei partner con cui si voleva costituire questa Unione. Qui infatti si affrontano da sempre due – le potremmo definire così – “scuole di pensiero”.
La prima sostiene che Nicotera dovrebbe unirsi ai comuni dell’area del Poro (Joppolo, Rombiolo, Limbadi e qualcuno vi aggiunge persino Spilinga o San Calogero). I sostenitori di questa ipotesi la privilegiano per i seguenti motivi: a) la presenza di legami storici e culturali con queste comunità e l’appartenenza alla stessa provincia che è il vibonese; b) il peso demografico che Nicotera esprimerebbe in quanto comune più popoloso della futura Unione e che non avrebbe se invece entrasse in una Unione con i popolosi centri urbani della Piana; c) il fatto che molte della attività economiche presenti nei comuni del Poro, sono affini a quella che è la vocazione turistica e agricola del comune nicoterese.
La seconda invece punta all’Unione o alla fusione con i comuni della Piana (o con quelli limitrofi di Rosarno e San Ferdinando in una sorta di ricostituzione dell’area che gravitava, in epoca storica, nella città magno-greca di Medma oppure con quelli della costa di San Ferdinando, Gioia Tauro e Palmi). I sostenitori di questa “opzione b” sostengono infatti che: a) i legami storici e culturali della città di Nicotera sono stati sempre maggiori con i comuni che gravitano in quest’area; b) questi centri hanno un economia forte, maggiormente dinamica e diversificata, dalla quale anche l’economia nicoterese potrebbe ricevere impulso e benefici; c) Nicotera potrebbe costituire per questi stessi centri la zona turistica privilegiata.
Il dibattito è dunque apertissimo e comincia ad essere peraltro molto sentito. Ovviamente, i lettori capiranno che data la posta in gioco, è una scelta che dovrà essere fatta non lasciandosi trasportare da questioni di poca importanza ma sulle basi di uno studio serio e approfondito.
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