Cosenza, scoperta e sequestrata piantagione di marijuana
Una persona è stata arrestata a Cetraro dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Cosenza, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Paola (CS), Rosamaria Mesiti, su richiesta del Procuratore, Pierpaolo Bruni, e del Sostituto Teresa Valeria Grieco. Le Fiamme Gialle cosentine dopo aver percorso una serie di ripidi sentieri della costiera tirrenica e facendosi largo tra i rovi e la fitta vegetazione, hanno scoperto una piantagione di circa 100 piante di canapa indiana aventi un’altezza di oltre 2 metri e peso superiore a 40 chilogrammi, curate e coltivate in vasi occultati all’interno di un canneto in una zona impervia del comune di Cetraro.
All’esito delle indagini, scattate immediatamente ed effettuate sotto la direzione della Procura di Paola, sono state ricostruite le attività illecite ed individuata una persona di Cetraro responsabile della coltivazione e custodia del “tesoro illegale”. Le piante di canapa avrebbero, infatti, consentito di realizzare un guadagno illecito di oltre 500 mila euro. Le perquisizioni effettuate dai Finanzieri hanno, inoltre, permesso di rinvenire e sottoporre a sequestro ulteriore sostanza stupefacente del tipo marijuana, nonché i recipienti per innaffiare le piante di canapa indiana. L’operazione va ad aggiungersi ad altri interventi sinergicamente realizzati negli ultimi tempi sul versante “alto tirrenico” della Provincia a conferma, ancora una volta, del massimo sforzo messo in campo dalle Fiamme Gialle calabre per consolidare un moderno e funzionale presidio di sicurezza pubblica e di legalità economico-finanziaria.
Catanzaro, indagati un commercialista ed un imprenditore per usura aggravata. Sequestrati beni per 217mila euro.
I Finanzieri del gruppo di Lamezia Terme, coordinati dalla Procura della Repubblica della cittadina, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro di beni nei confronti di un affermato commercialista ed un noto imprenditore i quali sono stati indagati per usura aggravata commessa in danno di un soggetto economico operante in città. Il caso è risultato di particolare interesse investigativo in quanto è stato disvelato un complicato sistema illecito di prestito usurario al quale gli indagati hanno tentato di dare parvenze legali, distorcendo a proprio vantaggio complicate strutture giuridiche. In sintesi, è stato infatti scoperto dai Finanzieri che l’imprenditore vittima dell’usura, nel momento più grave di difficoltà finanziaria della sua azienda, è stato costretto (proprio in ragione di tale stato di bisogno) a sottoscrivere un contratto di “associazione in partecipazione” (peraltro regolarmente registrato) con il quale accettava dagli usurai l’apporto di capitali per 250mila euro che avrebbe dovuto restituire mediante il versamento di rate mensili con interessi pari ad oltre il 27% annuo. Tale strumento giuridico “dell’associazione in partecipazione”, quindi, in apparenza del tutto lecito, voleva celare quello che in realtà era soltanto un prestito usurario. L’associazione in partecipazione, infatti, è un contratto di scambio con il quale, normalmente, l’associato apporta un finanziamento all’impresa e come contropartita partecipa agli utili della stessa. Nel contratto stipulato tra gli indagati e la vittima, invece, la clausola prevalente era quella che prevedeva, a fronte del finanziamento, un “reddito minimo garantito” annuo per gli usurai di 69mila euro per sei anni, mediante rate di 5.750 euro al mese (per un totale di 414mila) e, al termine di tale periodo, anche, in aggiunta, la restituzione dell’intero capitale prestato, 250mila euro, per una somma complessiva di ben 664mila euro. Il Tribunale, ufficio Gip, di Lamezia Terme, su conforme richiesta della Procura della Repubblica che ha condiviso l’assunto investigativo formulato dalla Guardia di Finanza della città, ha disposto nei confronti delle due persone indagate il sequestro per equivalente di disponibilità finanziarie e beni mobili ed immobili fino a 217mila euro, pari alle somme che la vittima era riuscita, nel frattempo, a versare agli usurai, fino all’intervento della Guardia di Finanza. Il sequestro ha interessato, quindi, disponibilità finanziarie appostate su rapporti accesi presso vari istituti bancari dai due indagati e quota parte di un appartamento di proprietà del commercialista. Le due persone interessate dalle indagini, pertanto, dovranno rispondere del reato di usura continuata ed in concorso, con l’aggravante di aver commesso il fatto a danno di chi svolge attività imprenditoriale.
Reggio Calabria, sequestrata merce contraffatta al mercato di Bovalino. 10 denunciati
I finanzieri del comando provinciale di Reggio Calabria, nell’ambito di un ampio dispositivo di controllo economico-finanziario del territorio volto al contrasto del commercio di prodotti recanti marchi contraffatti e della pirateria audio-visiva, hanno posto in essere un’efficace azione, impegnando un importante dispositivo nell’area mercatale settimanale del comune di Bovalino.
Grazie alla paziente opera di appostamento dei militari, iniziata nella prima mattinata, sono stati individuati gli obiettivi operativi e, quindi, identificati 10 venditori ambulanti che hanno posto in vendita circa 2000 prodotti contraffatti riportanti le migliori griffes nazionali ed estere (capi di abbigliamento, scarpe, borse, accessori e orologi), nonché cd e dvd illecitamente riprodotti, successivamente sequestrati. L’operazione, nel suo complesso, ha consentito di deferire all’autorità giudiziaria 8 cittadini extracomunitari di cui uno non in regola con il permesso di soggiorno che è stato accompagnato presso la questura affinchè venga dato corso alle procedure di espulsione, giusto nulla osta dell’A.G. inquirente, e 2 di nazionalità italiana. L’acquisto della merce riportante marchi contraffatti, condotta passibile di denuncia, oltre a ledere gli interessi di tutti gli imprenditori del settore, con effetti distorsivi del mercato, mette a serio rischio la salute degli utilizzatori finali, non essendo in alcun modo certificata la provenienza dei materiali utilizzati per la realizzazione della merce posta in vendita. L’attività si inserisce nel più ampio “dispositivo operativo per il contrasto alla contraffazione e all’abusivismo commerciale organizzato” la cui adozione è stata recentemente prevista in tutti i comandi provinciali