Pizzo Calabro ha attratto molto, nel corso della sua bella e suggestiva storia, incisori e disegnatori.
Una delle più antiche raffigurazioni della città costiera vibonese è del 1686. Trattasi di una incisione in rame – cm 12.3 X 16.3 – riportata su “Roma Regina Mundi, oder die hocstberuhmteste in Welshland ligende, Grosse, der Welt und Christenheit HaupStatt und Konigin Rom...” pubblicata a Augsburg nel 1686 da Jacob Enderlins e Thomas Astaler. Si tratta di un volume con sette illustrazioni di cui due sole riguardanti la Calabria e che voleva essere una breve guida per i tedeschi in viaggio per l’Italia, con succinte indicazioni delle città. L’illustrazione che riguarda Pizzo calabro, è tratta a sua volta da quella compresa nelle “Delitiae Neapolitanae das ist wahrhaffte…” di Hieronymus Megiser, pubblicata a Lipsia da Hening Gobn nel 1605 e che comprendeva anche una carta del Regno di Napoli. Nell’incisione (foto a sx), si nota il profilo dell’abitato napitino e una piccola torre cilindrica sull’alto della quale, è visibile un pescatore incaricato di avvistare i pesci e che agita un panno, per segnalare il movimento del branco alle barche. L’incisione, è una delle prime raffigurazioni della costa vibonese e di Pizzo e documenta la pesca del tonno. Jacob Enderlin era un incisore ed editore tedesco, discendente dalla Suabia. Divenne famoso per le sue edizioni storiche e geografiche nel tardo XVII secolo. Le sue opere comprendono, per la maggior parte, stampe relative alle campagne della Lega Santa contro l’Impero Ottomano (1684-1690). Il lavoro di Enderlin, si basava sulle pubblicazioni di Vincenzo Maria Coronelli, iniziata nel 1686. Enderlin pubblicò almeno un lavoro ogni anno, fino al 1693. Molte delle tavole che illustrano le sue opere, sono copie di precedenti incisioni simili.
Altre due famose incisioni, sono poi quelle realizzate da Antonio Zaballi su disegno di Pompeo Schiattarelli, nel corso di una spedizione della Reale Accademia delle Scienze e Belle Lettere di Napoli che inviò in Calabria una spedizione, per investigare sugli effetti del terribile terremoto del 1783. La spedizione in questione – partita dalla capitale partenopea il 5 aprile 1783 – era composta dal segretario Michele Sarconi, dagli accademici Angiolo Fasano, Nicolò Pacifico, P. Eliseo della Concezione e P. Antonio Minasi, dai soci Cndida, Sebastiani e Stefanelli e da tre architetti disegnatori: Pompeo Schiantarelli, Ignazio Stilo e Bernardino Rulli. I risultati dell’indagine della commissione e i risultati furono pubblicati a Napoli nel 1874 in un edizione dell’Istoria corredata da un Atlante comprendente 68 disegni e una Carta corografica della Calabria, disegni che documentano la devastazione portata dal sisma. In due di questi, Pizzo viene ripreso sia nella parte superiore dell’abitato che presso la marina (vedi foto a dx) con il Golfo di Sant’Eufemia. Zaballi (1738-85) era allievo di Pellegrini e incise soggetti e storici religiosi nonchè ritratti per la collezione pubblicata poi da Francesco Allegrini a Firenze nel 1762. Pompeo Schiantarelli (1746 – 1805) è stato invece uno degli architetti aderenti al primo linguaggio architettonico del neoclassicismo. Allievo di Ferdinando Fuga, alla morte del maestro fu inviato in Calabria, dove si distinse nel riprogettare nuovamente Polistena nel reggino e poi nuovamente a Napoli dove collaborò al restauro della reale cappella del Tesoro di san Gennaro. Fu poi operativo anche nel rinnovo della Chiesa di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi e nel 1794 fu incaricato di ristrutturare completamente Palazzo Lieto e in seguto, progettò il Palazzo detto dello Schiantarelli. Lavorò infine, alla trasformazione del convento di S. Francesco di Paola a porta Capuana.
Pizzo calabro e Golfo di Lamezia ancora in primo piano poi, nell’incisione su rame realizzata da Francesco La Marra (1710-1780) su disegno di Bernardino Rulli – “La veduta della città di Pizzo e di tutto il seno vibonese” – e ritenuta dagli studiosi di “grande interesse topografico per i dettagli che con straordinaria ricchezza ci illustrano questa porzione della costa tirremica calabrese.” Le didascalie che accompagnano le tavole – opera del domenicano padre Antonio Minasi di Scilla – sono un piccolo capolavoro di sintesi storica, erudita, antropologica, scientifica, naturalistica, con felici notazioni sui prodotti locali e soprattutto sulla fauna ittica. Il Minasi ci parla infatti, della tonnara di Bivona, armata in estate per le “carovane di tonni” che passano lì vicino, e mostra ben chiari, alla marina di Pizzo, i “magazzini ove si sala la carne dei tonni o si frigge in olio, e d’onde si smaltisce nei barili per Napoli, Roma e altre località”. Francesco La Marra fu riconosciuto incisore di traduzione dai modelli di Giordano, Solimena e Mattia Preti. Meno nota e più rarefatta, la sua attività di pittore che lo vede impegnato nel 1759 nella decorazione della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a Napoli e poi nel 1760 alla produzione di due pale d’altare per la chiesa di Sant’Aspreno dei Crociferi. Un suo disegno, con La scoperta della vera croce, di derivazione giordanesca è conservato presso lo Statens Museum for Kunst di Copenhagen.
Vi è poi la un altra incisione (nella foto a dx un particolare) su rame realizzata e acquarellata da Bartolomeo Pinelli e firmata per la direzione della stampa da John Goldicutt, ritenuta la prima ad essere realizzata dopo la fucilazione di Gioacchino Murat e che secondo gli esperti “è presa dall’attuale strada costiera, poco prima della diramazione verso la marinacogliendo un incantevole panorama e raffigurando anche dei contadini del luogo in costume. Bartolomeo Pinelli (1781 – 1835) è stato un incisore, pittore e ceramista italiano. Artista graficoestremamente prolifico, ed è stato recentemente stimato che abbia prodotto circa quattromila incisioni e diecimila disegni. Nelle sue stampe, ha illustrato i costumi dei popoli italiani, i grandi capolavori della letteratura: Virgilio, Dante, Tasso, Ariosto, Cervantes, Manzoni, e soggetti della storia romana, greca, napoleonica ecc. Si formò prima all’Accademia di Belle Arti di Bologna, e poi all’Accademia di San Luca a Roma.
Un altra bella immagine di Pizzo (nella foto a sx) c’è la da anche Antonio Senape – “Veduta del Castello di Pizzo Calabro dove morì Murat” – realizzata con matita, penna e inchiostro nero e marrone, all’interno di un bordo inscritto e appartenente oggi alla cosiddetta Collezione Pacetti e che gli esperti ritengono “molto elaborata tecnicamente e sicuramente ripresa in studio” e simile ad un disegno conservato in una collezione privata romana. Antonio Senape (1788-1842) fu uno tra i più prolifici vedutisti italiani. Romano di nascita e napoletano d’adozione, infatti, Senape eseguì vedute di una straordinaria quantità di città e località italiane, spingendosi fino in Svizzera. La pratica di creare una sorta di cornice teatrale attraverso gli elementi naturalistici, avvicina Antonio Senape all’inglese Turner, entrambi autori di panorami nei quali il passaggio tra i vari piani di profondità, avviene in modo graduale e delicato, come se le tonalità in primo piano andassero progressivamente dissolvendosi fino a quasi scomparire sullo sfondo, con la differenza che per Turner, lo spazio era creato dal colore, mentre per il Senape, il volume delle forme veniva definito dal contrasto tra le linee di inchiostro abilmente dosato.
Di interesse sono anche l’incisione (nella foto a dx) del 1836 – tratta da “Italie Pittoresque – Tableau Historique et Descriptif de l’Italie, du Piemont et de la Sardaigne, de la Sicile, de Malte et de la Corse..” edita a Parigi tra il 1834 ed il 1836, a cura di De Norvins ed altri. Un opera, che contiene scritti sulla penisola di vari autori, tra i quali lo stesso De Norvins, Nodier e Dumas, ed è riccamente illustrata da numerose vedute incise da Sauvage, Dormier ed altri, su disegni di Coignet, Chapuy e altri pittori francesi che nella prima metà del’800 visitarono la penisola. Un incisione in rame questa, opera di Julies Cognet, finemente colorata a mano, che ricalca quella dello Champin, contenuta nella parte relativa alla Calabria con un lungo testo redatto da Charles Didier che descrive Pizzo come “una cittadina commerciale situata in maniera pittoresca e dotata di un piccolissimo porto e di un grande Castello”. Julies Coignet, allievo di Jean-Victor Bertin, che gli trasmise la passione per la pittura paesaggistica, dipinse un gran numero di tele con vedute e paesaggi realizzati durante i suoi numerosi viaggi in Tirolo, nel Baden-Württemberg, in Svizzera, in Italia e in Sicilia, in Egitto e in Libano, si dedicò anche al ritratto e, dotato di una buona tecnica di incisione, affrontò con successo la litografia, pubblicando serie di stampe di sua creazione. Jean-Jacques Champin (1796-1860) invece, è un pittore, acquerellista e litografo francese. Allievo di Jean-Victor Bertin, attraverso la pratica della pittura di storia dalla natura e del paesaggio, si dedicò quindi principalmente ai paesaggi storici ma è noto anche per essere entrato nella cerchia parigina del salotto letterario della Biblioteca dell’Arsenale, disegnando, tra l’altro, la casa di Victor Hugo in via Notre-Dame-des-Champs.
Tutte queste stampe, incisioni, puntesecche, disegni ecc.. li trovate a Soriano Calabro al Gabinetto Regionale dei Disegni e delle Stampe Antiche Calabresi.