Prima s’era messa da parte Adriana Musella, presidente dell’associazione antimafia “Riferimenti”, coinvolta nelle indagini della Procura di Reggio Calabria per presunta distrazione di fondi, ora getta la spugna la “preside coraggio” Mariarosaria Russo dopo avere per anni – assieme a studenti, docenti, genitori, associazioni ed esponenti delle istituzioni – <innalzato barriere contro ogni forma di illegalità, violenza, sopraffazione>. Il progetto di ripristino della legalità in un territorio ad ampio raggio e ad alto rischio perde le solide gambe su cui camminava proprio nella fase in cui tutto sembrava procedere a gonfie vele. Crolla un castello apparentemente non costruito sulla sabbia, un progetto che era andato avanti in maniera lenta, ma progressiva anche se non mancavano le incertezze. E mentre la dirigente del “Piria” di Rosarno afferma di voler cambiare sede e di voler restituire alla Prefettura di Reggio Calabria i beni confiscati alla mafia e affidati alla sua gestione, la Musella chiede, con lo stesso intendimento, un incontro al prefetto di Vibo Valentia.
<Restituiamo allo Stato – afferma – i beni a noi affidati nell’impossibilità di poter continuare nel nostro impegno. Hanno voluto così e così sia. Questa non è la nostra sconfitta – aggiunge – ma quella dello Stato di diritto>. Parole cariche di amarezza perché <a questo Stato e alla causa – rimarca Adriana Musella – siamo coscienti di aver già dato e tanto, forse troppo. Lo abbiamo fatto perché abbiamo creduto. Oggi non crediamo più. Il capitolo antimafia che ci ha visti coinvolti termina qui. Per noi parla e parlerà la storia>. Messa così, la vicenda sembra avere una sua linearità: c’era un progetto serio e valido sul quale tutti, Stato in testa, avevano investito speranze e prospettive. Poi, le cose non vanno bene, si chiude baracca, si volta pagina e ognuno va per la sua strada. Mariarosaria Russo, inviperita anche dai contenuti di alcune informative delle forze dell’ordine che la classificherebbero come <nipote del boss Piromalli>, sostiene di voler lasciare la dirigenza del “Piria” e di volersi dedicare a forme di volontariato a favore di detenuti, tossicodipendenti e anziani, mentre la Musella, magari, a vertenze giudiziarie esaurite, potrebbe tornare nell’alveo di “Riferimenti” probabilmente con ruoli e obiettivi diversi da quelli dell’antimafia. Troppo facile, troppo semplice.
Nei progetti portati avanti da Adriana Musella e Mariarosaria Russo col concreto sostegno dello Stato, in tanti ci hanno messo impegno, in tanti ci hanno messo la faccia. Pensare di azzerare tutto senza fornire una verità atta a chiarire chi siano <gli uomini delle tenebre> che hanno smantellato tutto delegittimando due noti volti dell’antimafia, non appare cosa corretta. E se non altri, almeno lo Stato una posizione forte la deve assumere specialmente perchè dell’università dell’antimafia di Limbadi ne aveva fatto un simbolo a livello nazionale investendoci fior di milioni. Diversamente, a questo punto, infatti, in tanti, potrebbero avere da ridire. Per certo, la storia che verrà parlerà anche di un sindaco, Pino Morello, che guarda a quanto sta accadendo con grande perplessità. <Voglio ricordare – dice – che gli immobili destinati all’università dell’antimafia appartengono al Comune e io stesso, nel febbraio 2016, li ho consegnati a “Riferimenti” tramite un atto che vede il Prefetto solo nelle vesti di notaio. Peraltro, il Comune ha contattato “Riferimenti” ed il “Piria”, ma la Musella dice di voler parlare dopo l’incontro col Prefetto, mentre la Russo preferisce il silenzio>. Morello si sente spiazzato dal clamore sollevato dagli ultimi eventi e non nega che <ci possa essere una strategia di incerta matrice mirata a far saltare un progetto rivelatosi alla fine troppo oneroso>. Per il sindaco limbadese <il percorso dell’università è cominciato male ed è finito peggio. In realtà, strada facendo – sottolinea – sono stati sollevati problemi effimeri e gli stessi locali in due anni sono stati utilizzati solo cinque giorni. Spero che il progetto non venga declassato e possa riprendere con vigore il suo cammino. Il Prefetto dev’essere il garante in questa fase di incertezza che, stando a quanto viene fuori dalle inchieste della magistratura, vede le associazioni antimafia perdere credibilità>.