Una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei quattro indagati coinvolti nello scoppio dell’autobomba del 9 aprile scorso che ha dilaniato Matteo Vinci e ustionato gravemente il padre, Francesco Vinci, entrambi di Limbadi.
Il provvedimento è stato emesso dal gip distrettuale ed ha avuto quali destinatari Rosaria Mancuso, 63 anni, il marito Domenico Di Grillo, 71 anni, la figlia Lucia Di Grillo, 29 anni, ed il marito di quest’ultima, Vito Barbara, 28 anni, tutti di Limbadi. In precedenza gli indagati coinvolti nell’operazione “Demetra” erano stati sottoposti a fermo su ordine della Dda; il gip presso il Tribunale di Vibo Valentia non aveva convalidato tale decisione, ma aveva emesso misura cautelare in carcere dichiarando la propria incompetenza e, trasmettendo, quindi, gli atti nuovamente alla Distrettuale che ha provveduto a reiterare la richiesta di arresto.
Provvedimento che arriva a pochi giorni dai funerali di Matteo. Una storia di coraggio la sua in una territorio che normale ancora oggi non è. Un coraggio che Matteo ha pagato con la vita così come ricordato durante le sue esequie. Una cerimonia laica con tanti discorsi, numerosi presenti, di ogni età, estrazione sociale che hanno voluto testimoniare la loro vicinanza ai genitori Rosaria Scarpulla e Francesco Vinci. Non è certo passata inosservata, invece, l’assenza dei rappresentanti delle istituzioni, della politica, insomma dello Stato. Un silenzio “assordante” che oggi fa più fragore dell’esplosione di un’autobomba.
A nome della famiglia Vinci-Scarpulla tocca ancora una volta all’avvocato Giuseppe De Pace ringraziare i presenti ai funerali di Matteo, i cittadini di Limbadi, a dire il vero pochi, le associazioni antimafia “Libera” e “Agende rosse”, stampa, televisioni, Carabinieri, Prc. “Allo stesso tempo, però – afferma il legale –, mi trovo costretto a stigmatizzare e condannare tutte le entità politiche e istituzionali, dal Presidente della Repubblica al presidente della Regione fino alla commissione straordinaria comunale di Limbadi, nonché, i cosiddetti partiti e movimenti politici di governo e di opposizione che hanno dato prova di deplorevole indifferenza avendo mancato di trasmettere un segno, anche minimo, di partecipazione al triste momento. Come diceva Giovanni Falcone: senza lo Stato, la mafia non sarebbe nulla”.
Altrettanto censurabile, secondo De Pace, sarebbe da considerarsi l’assenza di rappresentanze sindacali, anche in considerazione della condizione sociale di Matteo. “Per quanto riguarda, poi – dichiara -, l’intellettualità che scrive pensosi libri e va per convegni, premi e targhe, alla ricerca di riconoscimenti da parte della gente che conta, anche in questa occasione ha dato prova della sua conclamata pochezza, ma sopra essa stendiamo un velo pietoso”.
Nonostante tutto, Sara e Francesco proseguiranno la loro lotta per l’affermazione della giustizia, “consapevoli – dichiara l’avvocato – di doverlo al loro povero figlio vittima della mafia che impera sul nostro territorio, che di tale principio ne aveva fatto ragione di vita, “confortati dalla bella umanità che ha baciato quella bara, odieranno ancor di più gli indifferenti, peso morto della storia” come diceva Gramsci”.