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Legge sui Comuni sciolti per mafia: tante le proposte di modifica ferme alle Camere, poche le risposte efficaci

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 Il Tar del Lazio rimette in sella i sindaci di Lamezia Terme e Marina di Gioiosa “disarcionati” dal ministero dell’Interno nel novembre del 2017 e, puntualmente, si riaccende il dibattito sullo scioglimento dei consigli comunali. In discussione l’efficacia delle commissioni straordinarie mandate a tamponare le falle, vere o presunte che siano, create nella gestione della cosa pubblica da parte di amministratori defenestrati. Dal 1991, data del varo della legge che prevede lo scioglimento degli enti locali dopo gli atroci fatti di Taurianova, ad oggi, i commissariamenti in Calabria sono stati 110, undici dei quali revocati, tra cui Lamezia e Marina di Gioiosa. Attualmente risultano affidati alla gestione commissariale Canolo, Sorbo San Basile, Isola Capo Rizzuto e Cassano Jonio i cui ricorsi sono stati respinti dal Tar. Commissariati pure Limbadi (ricorso al Tar in discussione il 17-4-2019), Petronà, Briatico (al Tar l’8.5.2019), Scilla (al Tar l’8.5.2019), Delianuova, Gioia Tauro, San Luca, Platì, Laureana di Borrello, Bova Marina, Siderno, Cirò Marina, Careri, Crucoli, Casabona, San Gregorio d’Ippona, Strongoli, Cropani e Brancaleone. In qualche Comune i commissari sono tornati più volte; Platì, piccolo centro preaspromontano, dopo il recente provvedimento adottato dal prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari, sale sul gradino più alto del podio con quattro commissariamenti, mentre a San Luca i cittadini sembrano aver dimenticato la via che porta alle urne. Commissariato nel maggio 2013, l’Ente sembrava dover recuperare subito l’agibilità democratica. Nel 2015, però, l’unica lista in campo non superava l’ostacolo del quorum. Da allora il buio totale.

Fa riflettere, poi, il caso Nicotera, Comune al quale spetta il primato di tre scioglimenti consecutivi in poco più di undici anni. Nello scorso ottobre si è tornato alle urne, ma l’unico schieramento in campo è inciampato sull’ostacolo del quorum. Attualmente a gestire l’ente c’è un commissario prefettizio. Appare chiaro, però, che se tre commissariamenti non sono bastati ad eliminare gli elementi di illegalità posti a base dei tre scioglimenti qualcosa non quadra nell’azione dello Stato. Lecito supporre che qualcosa vada rivisto a livello normativo. Di questo se ne sono accorte tanto la magistratura che la politica.

nicola gratteri
nicola gratteri

E mentre il procuratore della Repubblica Nicola Gratteri – nel riconoscere che spesso le gestioni commissariali fanno rimpiangere l’amministrazione sciolta per mafia – lamenta un rafforzamento del rapporto mafia-politica e annuncia che il numero degli Enti a rischio scioglimento è destinato ad aumentare, il senatore vibonese Giuseppe Mangialavori deposita una nuova proposta di legge riguardante la gestione degli enti comunali. Proposta che va ad aggiungersi alle tante altre da tempo giacenti alle Camere e rispetto alle quali si distingue, soprattutto, per l’introduzione <della possibilità di assicurare agli amministratori “incriminati” la facoltà di approntare una difesa di fronte ai rilievi della Prefettura>. Dopo l’ “assoluzione” dei sindaci di Lamezia e Marina di Gioiosa, restano in piedi, in ogni caso, una serie di nodi che nessuno, stranamente, si propone di affrontare. Chi risarcisce, per esempio, i Comuni prima “infangati” e poi “assolti”? Le amministrazioni che si reinsediano perché non devono recuperare i circa due anni di mandato bruciati nell’iter giudiziario? I membri delle commissioni d’accesso che valutano in maniera inadeguata tutti gli atti del Comune ed i prefetti che ne avallano l’operato devono sempre restare immuni da responsabilità? Le relazioni finali delle commissioni perché non possono essere rese pubbliche? Probabilmente, per ripristinare la sana amministrazione c’è ancora tanta strada da fare. E, soprattutto, ci vuole più coraggio!

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