SIENA ha una storia a sé e il Palio la sublima. Stavolta ha vinto il cavallo scosso della Selva, che ha interpretato l’anima della Corsa sancendo la supremazia dell’animale. E mentre si discute aspramente di ius soli, a Siena, siamo già avanti guardando all’indietro: c’è quello che potremmo definire lo ‘ius contrae’, dal latino ‘contra’, da cui ‘contrada’. Infatti non sono pochi i bambini non italiani presenti sul palco dei cittini e che da grandi potranno essere destinati a fare i tamburini, gli alfieri e qualunque altra cosa. Il Palio è uno straordinario esperimento sociale che ha integrato nel corso dei secoli nobili e plebei, ricchi e poveri. Forse è per questo che a Siena si vive in un altro mondo perché ogni volta che c’è il Palio si apre la porta del tempo, si vive un Medioevo che mai è stato così vero. Visitandole dopo la Corsa, si coglie che, nella gioia come nella disperazione, nelle piccole patrie delle Contrade c’è l’osservanza delle regole che coniugano l’antico con il nuovo insieme al culto della memoria che oggi sembra evanescente perché tutto viene archiviato in luoghi aleatori e remoti.
Infatti, il Palio per i senesi è un viaggio nella memoria per recuperare l’identità e l’orgoglio di un antico Stato che i Medici, i Lorena e l’Italia non sono riusciti a fiaccare. La piazza diventa il teatro della storia dove in due ore sfilano i simboli secolari della Repubblica. In questo periodo di paure, la memoria e l’identità rappresentano una ragione di vita per vincere i demoni della contemporaneità. Il Palio di Siena, nella sua imprevedibilità assoluta, rappresenta la ragione e scaccia la paura attraverso il rito collettivo della memoria. Ed è la stessa città che si guarda in uno specchio in cui ciascuno si rivede. E tutti noi quando usciamo dal Campo dove si è consumata la battaglia inconsapevolmente siamo altre persone rispetto a quando siamo entrate. Dunque, manteniamoci cara la Festa di Siena che pongono l’uomo e il cavallo al centro dell’universo in un evento imprevedibile come un temporale, libero come il vento, splendido come l’arcobaleno.
Tratto da: La Nazione
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