Caro Tito, avrei voluto iniziare questa mia lettera (in preparazione da oltre un anno) per raccontarti la più recente e brillante vittoria di Totò Femìa (nato in Badolato – CZ – 25 giugno 1947) ad una delle tante maratone primaverili che è solito vincere in varie parti d’Italia. Invece, la primavera è già iniziata da tempo e l’epidemìa-pandemìa del coronavirus ci costringe a stare ancora al chiuso delle nostre case. Tutto è fermo, pure le corse podistiche che animavano festosamente le nostre città e i nostri paesi dalla primavera all’estate fino al primo autunno. Ed è fermo pure ogni altro sport. Così come quasi tutto il mondo produttivo, ma anche artistico e della più libera espressione individuale e sociale.
1 – SOLIDARIETA’ A TUTTI E PER TUTTI
L’occasione di questa “Lettera n. 278” è preziosa per esprimere (sicuro di interpretare anche i sentimenti della nostra gente) vicinanza e solidarietà a tutti e per tutti coloro i quali, da quasi due mesi, sono sacrificati (come noi d’altra parte) dentro le proprie case, al limite ormai della sopportazione e con il caldo che avanza e le belle giornate. Tutti speriamo in una prossima, anzi direi imminente, apertura della vita sociale e produttiva, ovviamente con le precauzioni del caso.
Tutto ciò, sempre tenendo presenti i dubbi e i sospetti sul probabile dolo di tale pandemia globale o sui secondi fini che potrebbe ispirare e spingere qualcuno a limitare le libertà in Italia, in Europa e in ogni altra parte del nostro pianeta. Caro Tito, dobbiamo stare con la mente vigile e in allerta anche istituzionale. Probabilmente ci attende una nuova Resistenza, come quella dei nostri nonni e dei nostri padri, anche se potrebbe svolgersi in altri modi e in maniera tale da non travolgerci come si però si sta profilando.
Nonostante e naturalmente, non dimentichiamo affatto coloro che ancora soffrono fortemente, essendo alle prese con la malattia di questo Covid-19, ovunque nel mondo, così come non dimentichiamo coloro i quali (in vari modi civili, amministrativi e sanitari) stanno lottando per non far morire la gente. GRAZIE, davvero e di cuore, a tutti coloro che sostengono anche la tenuta sociale (forze dell’ordine, volontari, lavoratori indispensabili, ecc.), diventando “garanzia” dei diritti-doveri, delle urgenze quotidiane e delle libertà costituzionali.
In particolare, un “bravissimissimi!” ed un saluto assai affettuoso va a tutti i bambini italiani e del resto del mondo che stanno dimostrando un’abnegazione straordinaria ed ammirevole nell’attenersi al grande sacrificio di restare in casa per così lungo tempo, specialmente nelle città e nei casermoni condominiali, spesso senza nemmeno un balcone. Grazie a questo loro sacrificio e ai loro meravigliosi e commoventi disegni, questa vicenda restrittiva del Covid-19 ha qualcosa in più da insegnarci per diventare veramente tutti migliori e … più a misura di bambini e … di anziani (visto pure ciò che è successo a costoro, soprattutto nelle residenze che avrebbero dovuto essere ben protette e a prova di contaminazione).
2- A 75 ANNI DALLA LIBERAZIONE DEL 25 APRILE 1945
Caro Tito, è ormai alle porte la giornata celebrativa e commemorativa della “Liberazione nazionale dal nazi-fascismo” (avvenuta ufficialmente, non dimentichiamo, il 25 aprile 1945). Sono, innanzitutto, ben 75 anni di pace (mai un periodo così lungo nella nostra storia ultramillenaria) e di democrazia, nonostante tutte le sue sofferte contraddizioni (dovute più al carattere delle persone e ai ben noti egoismi dei gruppi sociali e dei cosiddetti “poteri forti” piuttosto che al modello di convivenza civile garantito da una delle migliori Costituzioni del mondo).
Pure questa del 25 aprile è una preziosa occasione per commemorare e ringraziare, almeno una volta all’anno, tutti coloro che hanno perso la vita o la salute durante la seconda guerra mondiale e nella lotta per la Liberazione non soltanto nazionale italiana ma dell’intera Europa. Grazie al sacrificio di quella generazione, oggi possiamo avere un’Unione Europea, la quale ha ancora bisogno di tutte le sue buone e brave generazioni per esistere, resistere, sopravvivere e significare, nonostante tutti i feroci attacchi interni ed esterni che la vorrebbero debole e disgregata. Persino impotente. O addirittura inesistente!
3 – TOTO’ FEMìA E I SUOI VALORI UNIVERSALI
Caro Tito, non a caso ti voglio far conoscere proprio alla vigilia del 25 aprile, Festa nazionale della Liberazione italiana (che può essere pure considerata Festa o giornata di gratitudine alla Resistenza), Antonio Femìa detto Totò, un personaggio che l’Università delle Generazioni ha dichiarato essere un “Gigante della Calabria” e come tale lo ha premiato lo scorso anno 2019, assieme ad altri che, pur vivendo una vita semplice ed apparentemente ordinaria, dimostrano di essere straordinari e “fuori dal comune conformismo” per quanto da sempre si prodigano per il territorio e la società. Senza risparmiarsi. Stakanovisti, direi!
Si legge tra l’altro nella motivazione di tale prestigioso Premio: << Antonio Femìa … è l’emblema della generazione che ha contribuito attivamente a fare i grandi movimenti della contestazione del 1968 e degli anni seguenti, dimostrando nella pratica quotidiana i valori di quelle lotte che hanno migliorato il mondo, nonostante tutto. Il suo motto resta quello di “Servire il popolo”. Da maratoneta vince quasi tutte le gare di categoria ed è grande esempio di tenacia e di disciplina umana e sportiva per i giovani>>.
In effetti, Totò Femìa sostiene: “La Resistenza che ha contribuito alla Liberazione dell’Italia e dell’Europa dal nazi-fascismo non si è fermata il 25 aprile del 1945 ma ha continuato ad esistere e ad essere attiva tutte quelle volte che gli attacchi palesi od occulti hanno tentato di distruggere la giovane democrazia italiana ed europea. Come ad esempio quando studenti ed operai si sono coalizzati nella cosiddetta contestazione del 1968 a difesa proprio della Resistenza e della Costituzione. La Resistenza resta permanente, sempre ovunque e comunque, poiché le dittature usano tutti i trasformismi e le seduzioni possibili ed immaginabili pur di tornare al potere anche in altre parti del mondo. Sono sempre più insistenti i tentativi di una dittatura globale, che sia politica o commerciale, telematica o ideologica. E’ sempre tempo di prestare la massima attenzione”.
4 – AMICO D’INFANZIA NELL’ARMONIA DI CARDARA
Conosco Totò Femìa da oltre 65 anni, fin dagli anni della nostra infanzia serena. Infatti, con lui, con il simpaticissimo cugino Vincenzo Femìa (detto Eziolino) e con tanti altri vispi bambini (provenienti dal borgo antico di Badolato Superiore) ho trascorso tutte le estati fino ai 12 anni a Cardàra, la mia contrada di nascita al cui centro c’era il casello dove abitavo (il n. 324 della Ferrovia dello Stato “Metaponto-Reggio Calabria”).
Esultavo quando si chiudevano le scuole, alla fine di maggio, poiché terminava la mia solitudine invernale e avrei potuto giocare per tutta l’estate (4 mesi pieni, allora, di vacanze) assieme a numerosi amici di diversa età, coetanei ma anche leggermente più grandi o più piccoli di me. Mi resta un ricordo indelebile e grandioso. Un’età davvero tanto semplice quanto felice. Armoniosa (come ho descritto in tante altre mie descrizioni scritte e parlate). La vita era difficile per tutti ma tra tutti noi c’era grande affetto e profondo rispetto. Spesso il rispetto era assai devoto, specialmente tra le generazioni. I vecchi e gli anziani erano il nostro fulcro e riferimento costante e ricco di valori e conoscenze. Un mondo di millenni che poi si è arreso in pochi decenni alla modernità imperante e disarmonica e allo stravolgimento dell’identità e dei valori.
D’estate, Cardàra diventava una grande famiglia. Infatti, interi nuclei familiari (provenienti dal borgo antico, distante 6 km a monte) soggiornavano sui loro terreni per tutta la stagione dei lavori agricoli incentrati soprattutto sulla coltivazione degli orti e di vari tipi di alberi da frutta (prima tra tutte la famosa “pesca di Badolato” esportata ovunque). C’era un’animazione insolita in tale contrada che rimaneva quasi del tutto muta o sottotono per quasi tutto il resto dell’anno, specialmente nei mesi invernali.
Noi bambini stavamo a giocare sulla spiaggia o in ammollo al mare quando non eravamo intenti ad aiutare le nostre famiglie, pure vendendo pesche e fichi agli automobilisti di passaggio. Con questo piccolo lavoro facevamo l’utile ed il dilettevole, poiché mettevamo da parte qualche soldo per acquistare libri e quaderni dell’anno scolastico seguente ma ci divertivamo un mondo tra di noi e con chi si fermava a comprare la nostra frutta. Infatti, potrei raccontare mille episodi curiosi e tanti interessanti aneddoti. Crescevamo così, nella semplicità e nell’affetto tra tutte le generazioni. Altri tempi, caro Tito! Inimmaginabili oggi. Ed anche per tale motivo vanno ancora e sempre più testimoniati e ribaditi. Sono uno scrigno di valori formidabili.
5 – LA LETTERA-TESTIMONIANZA SU CARDARA
A supporto di quanto appena descritto, riporto qui il testo della lettera inviatami da Totò Femia nel marzo 2005 e che, a parte l’evidente affetto amicale, è una testimonianza viva e palpitante della nostra infanzia vissuta a Cardara, ma rappresenta altresì un documento storico sulla nostra comunità contadina badolatese degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo 20° appena trascorso. Ho riportato tale brevissima lettera-testimonianza alla pagina 109 del secondo volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (2005-2007) proprio nel capitolo riguardante gli anni di Cardàra.
<< Caro Mimmo, assieme a questa mia foto, voglio mandarti i ricordi degli anni ’50 quando il casello di CARDARA era il centro e il punto di riferimento e di ritrovo di tutti i contadini della zona assieme ai familiari. Rivivo con nostalgia le voci della tua famiglia, dei tuoi genitori, il rumore del treno, che incrociava lo stridio della pompa dell’acqua, le voci della statale “Pesche – Pesche” di noi adolescenti che per aiutare la famiglia vendevamo le pesche a 100 lire il panàro. Mi ricordo con grande emozione il sudore dei nostri Padri e il profumo della nostra terra; non dimentico la gioia e allegria naturale felicità di quella grande famiglia di CARDARA che insieme a te non potrò mai dimenticare. Ti abbraccio, Totò Femìa >>.
6 – QUEL CHE SO DI TOTO’ FEMIA
Le estati vissute così tanto meravigliosamente a Cardara hanno unito tutti noi “cardaròti” di quella età forse per sempre o, almeno, nell’identità e nei valori dell’antica civiltà contadina e nel ricordo di uno splendido vissuto. Tanto è che scrivo e parlo spesso di “Generazione Cardara”! Una generazione formatasi nella semplicità e nell’armonia di quella contrada che d’estate rifioriva immensamente! Era una gioia stare insieme, nonostante la durezza del lavoro bacciantile, contadino ed operaio. E questa gioia ce la portiamo ancora e sempre dentro, poiché resta autentica e ricca di risorse morali ed etiche enormi.
Purtroppo, con l’avvento dei tanto movimentati anni Sessanta-Settanta del secolo trascorso, specialmente con l’apertura delle frontiere di Svizzera, Germania, Francia e altri Paesi anche extra-europei, il popolo di Cardàra si è disperso, come i popoli di tutti i sud del mondo. Chi per emigrazione, chi per studio o per altri motivi, sta di fatto che noi ragazzini delle splendide estati cardarote ci siamo come persi di vista.
Di Totò Femìa ho saputo che aveva aderito al gruppo politico di “Servire il Popolo”, durante gli anni della contestazione studentesca-operaia del 1968 e dintorni. Tanto che lo chiamavano “il cinese” essendo d’ispirazione maoista. E che, pure per questa sua forte ed impegnativa militanza, ha avuto un’esistenza sociale un po’ travagliata. Di sicuro che non ha mai rinnegato quella esperienza ma che, anzi, ha consolidato nel tempo tale ideologia e sempre più convintamente ancora adesso. << Mio nonno materno Antonio Piroso (1890-1969) mi soleva dire di stare attenti ai cinesi, poiché prima o poi la Cina avrebbe invaso il mondo!… Così pare stia avvenendo, in un modo o nell’altro … >> mi ripete ancora oggi Totò Femìa, sentendo odore di bruciato persino nella contraddittoria e poco chiara vicenda pandemica del Covid-19.
Totò ha fatto parecchi lavori a Firenze. Poi il matrimonio con Giusi Failla, una “sicilianuzza bedda” originaria della provincia di Catania, che gli ha dato due bei maschietti, Angelo Pietro (il 7 settembre 1975) e Francesco (il 24 giugno 1978). Quindi, nei primi anni Ottanta il ritorno, con la famiglia nella sua Badolato, per prendersi cura, come cantoniere (stesso lavoro del padre Pietro), della strada provinciale n. 135 che s’inerpica coi i suoi ripetuti, panoramici ed ampi tornanti dalla Marina verso il borgo antico per 6 km.
Dagli anni Novanta vive a Firenze dove risiedono altri suoi familiari e dove, fino alla pensione, ha lavorato nella gestione logistica del Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio a Torre Galli. In tale struttura continua ancora adesso a fare del volontariato con gli ammalati e i loro familiari. Ma una sua altra grande e gratificante passione è l’attività agonistica amatoriale nelle corse podistiche.
7 – LE TANTE MARATONE PODISTICHE
Fisico sempre asciutto e molto tonico, Totò Femia ha una lunga carriera di podista amatoriale, svolta al limite del possibile professionismo tanto è la sua bravura e i suoi sempre ottimi risultati. A casa non sa più dove mettere le coppe ed i trofei vinti in ogni parte d’Italia.
Ogni tanto mi manda le foto dei suoi frequenti podi o del suo correre agile e veloce, come se non faccia nessuna fatica, come se correre sia per lui la cosa più naturale del mondo. Ogni volta che sale sul podio chiama la moglie a condividere la soddisfazione della premiazione, come dimostra questa foto.
Non manca mai alla corsa podistica “Strabadolato” che si svolge attorno all’abitato di Badolato Marina nella settimana di Ferragosto di ogni anno fin dai primi Ottanta. E non manca mai gli appuntamenti con gli amici e, in particolare, con le principali feste religiose, durante le quali indossa la divisa di “confratello” della Congrega di Santa Caterina d’Alessandria, la sua parrocchia natìa nel rione Mancuso, il luogo dove – narra la tradizione storica – pare sia nato il primo nucleo abitato di Badolato borgo antico, quasi 1200 anni fa.
8 – LA CONFRATERNITA
Ovunque operino da secoli le confraternite, chi vi aderisce lo fa, in genere, da tantissime generazioni familiari. E lo fa con orgoglio e fierezza. Con quel senso di appartenenza che vale una fede indistruttibile. Tutte le fedi possono passare, da quella politica a quella sportiva, ma la confraternita si fa cuore e casa nell’anima e nella mente di chi veste quell’abito fin da bambino. E’ una questione di cuore profondo.
Ecco, ad esempio, una foto di Totò con il padre Pietro (30 marzo 1912 – 17 ottobre 1990) e i figli Angelo Pietro e Francesco ancora in età infantile. A quell’epoca, queste tre generazioni continuavano la tradizione badolatese, vestiti da confratelli di Santa Caterina il cui martirio viene ricordato dalla mantellina rossa. Mentre la mantellina azzurra distingue quelli della Confraternita dell’Immacolata e quelli con la mantellina nera i confratelli di San Domenico. Tre, infatti, sono le cospicue confraternite al borgo di Badolato.
Caro Tito, le Confraternite esistono in migliaia di paesi e città d’Italia E sono presenti ovunque nel mondo si faccia riferimento alle liturgie e alle tradizioni cattoliche. In genere sono molto unite, anche se sembrano sempre in competizione tra loro. Riescono a fare grandi cose, ovunque operino. E continuo a chiedermi come mai riescano a fare grandi cose dentro le congreghe gli stessi uomini e le stesse donne che poi, nella vita civile della loro comunità, sembrano (salvo eccezioni) disuniti e senza la capacità di realizzare le stesse grandi cose che riescono a concretizzare in campo religioso o delle tradizioni popolari. Come, ad esempio, il palio di Siena. Le Contrade fanno miracoli quando si tratta di essere unite per il palio. Poi però tutta questa energia si perde nella vita civile. Avrò mai una risposta?…
Più o meno è la medesima condizione che si presenta con lo Sport. La passione sportiva riesce a catalizzare in Italia decine di milioni di persone (forse miliardi di persone nel mondo), che, poi però, quando si tratta di fare le cose grandi e belle di una nazione si ritrovano divise e senza volontà operativa. A parte il Volontariato. E Totò Femia ha sempre fatto parte del Volontariato, specialmente a Firenze, dove la passione altruistica e la tradizione di fare del bene è forte, specialmente in campo socio-sanitario. Tra le risposte provvisorie trovo quella che ritiene sia troppo irresistibile la passione nelle attività ludiche (faccio rientrare nella fase ludica ogni tipo di tradizione identitaria o di facile passione che si tinge di folclore sociale o religioso). E’ meno irresistibile la passione civile e, in particolare, etica.
9 – LA CANZONE DIALETTALE
Totò Femìa è una delle persone più sociali e socievoli, spontanee e autentiche che io abbia mai conosciuto. Non c’è ambiente dove egli non sia presente e non riesca a fare belle cose. E’ considerato, ricercato, amato e rispettato. E’ sicuramente un personaggio assai gradevole. E’ pieno di risorse ed inventiva. Sempre con il sorriso e la battuta piacevole. Mette di buon umore. Si direbbe che è un uomo sempre vincente, dotato come è di seducente carisma, di tanta buona e tenace volontà, ma anche di virtù, talenti e comportamenti tipici di un leader. Riesce pure e alla grande nella canzone dialettale, sia come cantante che come autore. Ha vinto, ad esempio, con una propria canzone la settima edizione della Canzone Popolare Calabrese sul palco di Badolato nell’estate 2012 cui si riferisce la foto.
Eccone il testo della canzone vincitrice nel 2012 (qui messo in sequenza e in lingua italiana per una maggiore comprensione): VENGONO DA LONTANO – Noi siamo figli di Badolato / terra di canti e di fiori d’amore. / Questo mare lo possediamo solo noi / e Badolato nostro si fa onore. / Ma da lontano vengono i forestieri in massa /dicendo che la Calabria “che profumo fa, che profumo fa!” / Sono lontani i tempi dell’Argentina e vicini quelli di Wetzikon. / Ma noi Calabresi giriamo sempre / giriamo tutto il mondo e qui torniamo. / Ma da lontano vengono i Curdi disperati e della nostra terra sono affascinati./ Vi canto questa canzone a tutti quanti / perché sappiate che io sono presente. / E adesso per finire in allegria / canto Badolato … con Totò Femìa.
10 – BADOLATO PAESE IN VENDITA
Caro Tito, nel biennio 1986-88 durante la vicenda di “Badolato paese in vendita in Calabria” Totò Femìa mi è stato molto vicino, pure perché ha compreso come e più di tanti altri il valore e la valenza sociale del mio sincero e libero allarme per la salvezza dei borghi storici dallo spopolamento e dal degrado. Conserva gran parte della documentazione giornalistica e televisiva che è stata prodotta in quegli anni per me assai impegnativi nel portare avanti le rivendicazioni dei paesi che rischiavano e rischiano ancora adesso di morire a decine di migliaia nella sola Europa.
C’è pure papà Pietro intervistato in un telegiornale trasmesso (oltre che dal canale regionale) pure dalle tre reti nazionali Rai, ben realizzato nel novembre 1986 dall’allora ancora giovane e rampante giornalista e scrittore Pino Nano (destinato poi a fare prestigiosa carriera nell’ente radio-televisivo di Viale Mazzini). E, adesso, quel pur breve intervento in video di papà Pietro è diventato un prezioso cimelio d’affetto e di struggente nostalgia. La vicenda di “Badolato paese in vendita” è stata ed è ancora un “test d’intelligenza e di Amore” non soltanto per il popolo di Badolato ma per tutte le comunità sotto forte spopolamento.
Totò Femìa concorda con me nel sostenere che, purtroppo ed illogicamente, le città scoppiano e i paesi muoiono. Speriamo che l’attuale lezione del coronavirus Covid-19 spinga i potenti del mondo a distribuire meglio la popolazione, rendendo le città meno caotiche e più vivibili e i paesi in grado di salvarsi dallo spopolamento più completo e di significare ancora quella civiltà e quei valori che hanno retto per secoli e millenni. Ci può venire incontro la tecnologia che permette, in buona parte, il tele-lavoro, e tutte quelle accortezze che facilitano le famiglie a stare nei borghi e persino in campagna, alleggerendo così le città e le metropoli giunte ormai a situazioni non più sostenibili.
11 – LA FAMIGLIA E GLI AMICI
Totò Femìa è un cultore della famiglia, non soltanto perché appartiene ad una generazione che portava un profondo rispetto ai genitori, rivolgendosi a loro con il “Voi” … ma anche per cultura e convinzione, per valori e strategia esistenziale. Ed è anche cultore dell’amicizia, specialmente quella con i coetanei, con coloro cioè con i quali è cresciuto. Nella ruga-quartiere, a scuola, in congrega, nelle lotte politiche, nel gioco del calcio o nella podistica, nel lavoro, nel volontariato ed anche nella rituale convivialità tipica dei nostri paesi.
Della famiglia faceva parte pure il suocero, Francesco Mario Failla, che ho inserito tra gli ALTRUISTI ad oltranza nel sesto volume (I MIEI VIP) del citato “Libro-Monumento per i miei Genitori” alle pagine 81-82. Nato a Licodìa Eubea (in provincia di Catania) giorno 08 aprile 1927, Francesco è deceduto prematuramente in Badolato il 12 gennaio 1998 all’età di 71 anni. Emigrato in Svizzera nel 1955, quando aveva 28 anni, è stato sindacalista di grande spessore umano e sociale, veramente e incondizionatamente a disposizione di tutti in modo davvero e totalmente gratuito (non accettando nemmeno piccoli e liberi regali da parte dei beneficiati). Un vero eroe! Lo voglio ricordare pure qui, per la stima e l’ammirazione che gli dovuta anche nella memoria di un uomo che, a mio parere, non ha eguali per generosità e spirito democratico e popolare.
12 – LA GIOIA DELLE PROPRIE GENERAZIONI
Totò Femìa recentemente (lunedì 30 marzo 2020 a Catanzaro) è diventato nonno per la quinta volta. E’ nato Leonardo, figlio di Francesco, il quale gli aveva già dato una bellissima nipotina, di nome e di fatto: Sofiasole. Il primogenito Angelo Pietro lo ha reso nonno di Giovanni e dei gemelli Paolo ed Ester. Così è davvero piena e duratura la gioia per le sue meravigliose generazioni.
Gioia ed orgoglio per avere avuto pure due magnifici genitori, qui nella foto dell’ultimo compleanno di papà Pietro (il 30 marzo 1990) per i suoi 78 anni. Uomini e donne di una volta, i nostri genitori, usurati dai duri lavori bracciantili, operai e contadini, con un’infinità di sacrifici per portare avanti la famiglia in tempi difficili di guerra e dopoguerra; ma sostenuti da valori di integrità, onestà e volontà ferrea nel riuscire con dignità in ogni momento della vita. Ed ecco che le generazioni si rinnovano nel segno di un’antica e comprovata dignità da padre in figlio a nipote e pronipote.
13 – ESEMPIO PER LE NUOVE GENERAZIONI
E, a proposito di generazioni, Totò Femìa può essere indicato come modello e buon esempio ai giovani per più di un motivo. Primo, qualsiasi attività egli faccia (professionale o volontaria) la fa sempre bene e ad alti livelli, poiché usa tutto il proprio talento ma anche perché ci mette tanta buona volontà e tenacia, indispensabili entrambe per riuscire ad essere efficaci e a fare bella figura. Secondo, conserva in modo assai prezioso e utilizza al meglio i valori ereditati dalla sana educazione familiare e dalla civiltà contadina. Terzo, dialoga indistintamente con tutti e tutti ascolta con interesse e considerazione, dimostrandosi tollerante e saggio anche verso coloro che adottano metodi poco civili di approccio interpersonale e sociale.
Quarto, legge molto e approfondisce ancora di più. Si aggiorna costantemente con l’uso quotidiano dei giornali e di altri mezzi di comunicazione, ascoltando – come si suol dire – tutte le campane e adottando, sempre e comunque, un consolidato metodo critico. Quinto, ha una propria e spiccata personalità ed è maestro di democrazia davvero popolare.
14 – IL RICORDO DI PADRE TEOFILO
Caro Tito, il nostro Totò Femìa tiene tanto che io ricordi Padre Teofilo, il quale, appartenente al convento dei francescani Riformati (conosciuti come “Cappuccini”), è stato assai amato in Badolato per la sua grande bontà e bravura. Dai dieci ai dodici anni, Totò è stato uno dei primi a servirgli messa in latino e lo ritiene ancora un santo servitore di Dio. Pure io ricordo con simpatia Padre Teofilo, uomo umile quanto saggio, cordiale quanto ieratico. Ha lasciato tanti utili ed edificanti ricordi in Badolato e dintorni.
Ultimo sacerdote del nostro glorioso convento teologico di Santa Maria degli Angeli, prima che l’incuria e l’abbandono lo hanno portato, nella primavera del 1987, tra le braccia del milanese Padre Eligio Gelmini e dei suoi giovani di “Mondo X” grazie ai quali – bisogna riconoscerlo – è rifiorito, ben restaurato e curato, ma precluso quasi completamente al popolo di Badolato che tanta devozione nutre ancora per questa presenza religiosa.
E dato che siamo in discorso, caro Tito, non voglio tralasciare di ribadire che i responsabili provinciali dell’Ordine dei francescani Riformati abbiano commesso un errore nel togliere ai badolatesi questa importante struttura di fede, di devozione e di riferimento identitario. I responsabili provinciali dell’epoca (mi riferisco alla primavera del 1987) non hanno ascoltato la supplica che è provenuta da noi badolatesi che avrebbero voluto tale grande convento trasformato in casa di riposo per gli anziani di Badolato e dintorni.
Anziani che ancora adesso vengono ricoverati in altre strutture, anche lontano da Badolato, e spesso muoiono da soli in modo anaffettivo e squallido, nella solitudine … mentre, invece, la vicinanza al borgo del “convento” avrebbe permesso a familiari, parenti ed amici di essere più presenti ed utili ai propri anziani. Eredi di quel popolo badolatese che (tra la fine del 1500 e i primi del 1600) hanno donato denaro, lavoro e quanto altro per edificare uno delle più importanti edifici monastici di Calabria. Le suppliche mie e di tanti non sono state raccolte nemmeno dalle istituzioni laiche ed amministrative, Purtroppo!
15 – ARMONIA DI CARDARA E DEI VALORI UNIVERSALI
Caro Tito, come hai potuto notare in Totò Femìa convivono tante anime che egli ha saputo bene armonizzare nella sua vita vissuta davvero molto intensamente. Abbiamo visto il Totò ancora devoto ad un monaco-sacerdote quale è stato Padre Teofilo (figura carismatica di azione e di ascesi) e un Totò sempre fedele ed attaccato alla tradizione delle Confraternite religiose. Un Totò ancora e sempre coerente alle convinzioni politiche di un “comunismo” davvero popolare alla stessa stregua di chi, cattolico fervente, vorrebbe un cristianesimo “ospedale da campo” come sostiene lo stesso Papa Francesco, cioè più attivo e al servizio concreto della gente, molto meno burocratico e gerarchizzato. Più Carità e meno Liturgie. Un cristianesimo prono a curare le ferite di qualsiasi genere e di chicchessia. Ed anche teso a fare interventi arditi di salute dell’anima ma anche del corpo (cioè dell’habitat umano e planetario). In una parola, una Chiesa che abbia la capacità di armonizzare.
Abbiamo visto un Totò così tanto devoto alle generazioni della propria famiglia, ma anche fedele all’amicizia dell’infanzia, della scuola, della giovinezza tanto da organizzare raduni estivi annuali con rituale foto dei coetanei. Però tutto al maschile poiché ancora non ha trovato il modo di far partecipare le donne della loro generazione. Abbiamo visto un Totò che ama la tradizione dialettale dei canti e dei valori del mondo contadino, cui sente ancora di fare parte in modo pieno e partecipante.
Ed abbiamo notato un Totò dalle grandi passioni per la lettura quotidiana dei giornali e di tutto ciò che gli permette di tenersi sempre informato e di approfondire, cosciente che una giusta ed equilibrata, ma anche critica informazione sia assai utile e necessaria a qualsiasi cittadino desto sulla vita pubblica di una nazione e di una comunità. Per la salute della democrazia. Ma le immagini più frequenti che ci è dato vedere sono quelle dei podi podistici. Le sue vittorie sono ormai così tanto ripetitive da ritenerle ovvie e scontate. Non ho visto mai nessun podista vincere ovunque tanto come lui!…
16 – IL PAESE DI RAFFAELINA NOVELLO
Caro Tito, proprio mentre mi avviavo a concludere questa “Lettera n. 278”, mi è giunta via mail una “poesia dimenticata” della poetessa badolatese Raffaelina Novello che vive e lavora in Umbria fin dai tempi dell’Università, cioè da quasi cinquanta anni. Poesia dimenticata poiché, risalente a dieci anni fa (2010), ne aveva perse le tracce tra fogli e fogli (files e files) che si accumulano quotidianamente e nella frenetica vita imposta da lavoro-famiglia-mille altre incombenze. “Paese” s’intitola. E l’ha scritta pensando a Badolato. La trascrivo qui di sèguito in lineare, sicuro che piacerà pure a Totò Femia che tanto ama il suo borgo natìo.
PAESE – La luce del tramonto / scolpisce / la tua immagine / di stanco paese. / Mi immagino / già vecchia sonnecchiante / seduta sull’uscio di casa, / in attesa che le tue vie / squillino ancora / di giovani voci. / Le tue vecchie mura / lunghe distese / di edere e caprifoglio / lasciano che / la vita vibri / la sua canzone / con le note del vento.
Questi suggestivi versi sono presenti in una mostra poetica che fa bella mostra di sé, assieme ad altre poesie, trascritte su piastrelle di ceramica cementate sulla parete della casa della super-attiva signora Marinella Temperoni, fondatrice del “Mercato Gratuito dell’Amicizia” ovvero del “Museo della Civiltà Contadina” del piccolo borgo di Casalalta di Collazzone in provincia di Perugia, vicino a Deruta, la capitale della ceramica umbra. Ah, la nostra civiltà contadina i cui valori sono stati calpestati, derisi ed umiliati e che adesso (specie ai tempi del coronavirus) comincia ad essere rivalutata per la sua valenza salvifica. Ma l’avidità e la corsa al denaro e ai miraggi torneranno a vincere, nonostante questo “shock planetario”. Incorreggibile è l’uomo!
Questo metodo delle poesie in piastrella mi ricorda la “Strada della Poesia” realizzata con moglie ed amici dal nostro grande artista Gianni Verdiglione nel novembre 1995 lungo la strada che va da Badolato Marina a Badolato Borgo. Strada della Poesia che ormai non esiste più … perché non ce la meritiamo!
17 – QUELLA FELICITA’ DI FONDO …
Caro Tito, come uomo del profondo Sud, tu puoi capire meglio di altri perché la nostra solarità ci salva a fronte di tante povertà e sofferenze imposteci da altri popoli e da tante controverse ideologie che ancora imperversano per dividerci ed umiliarci. Proprio in questi ultimi giorni stanno impazzendo sul web le ovvie e legittime reazioni all’ennesimo atto di antimeridionalismo della Ditta VITTORIO FELTRI & COMPANY che hanno nel quotidiano cartaceo LIBERO il loro “covo” e la loro scuola di “odio”.
Conosco ed ho sofferto fin da bambino il feroce antimeridionalismo di alcuni personaggi (persino insospettabili come in àmbito cattolico) e di alcune mentalità padane e, dopo 60 anni di esperienza in tal senso, mi sono convinto che il loro antimeridionalismo, oltre ad essere fondato su una gigantesca e dolosa ignoranza storica e antropologica, si basa su una ancestrale INVIDIA per la nostra solarità, per il nostro carattere aperto e spesso altruistico … mentre loro sono chiusi e prevalentemente egoisti (persino nel volontariato). Sì, la loro società funziona e sarà pure eccellente … ma a che prezzo umano e di valori!!!… Sì, sono chiusi nel loro egoismo e diffidenti della felicità altrui.
Me lo conferma pure lo stesso Totò Femìa il quale si mostra con tutti (anche con gli sconosciuti) sempre sorridente ed aperto, cordiale e disponibile all’aiuto. Trasuda in lui così come in noi tutti meridionali una gioia di vivere che resta ancora incomprensibile a chi, al centro-nord Italia e nel resto d’Europa, pensa soltanto a fare soldi e a gestire il proprio tempo per un tornaconto esclusivamente personale … mentre noi abbiamo un’altra concezione del tempo, dello spazio, dei valori, dell’umanità. Sì, questa gente e questi Paesi che ci detestano e persino ci odiano sono certamente più ricchi ma con la loro ricchezza non potranno mai e poi mai comprare o distruggere la nostra felicità di fondo.
Storicamente il Sud italiano è stato sistematicamente depredato da una sequela di popoli provenienti dal Nord. Nonostante millenni di invasioni, di persecuzioni, martirii ed umiliazioni, il popolo meridionale non ha perso lo smalto genuino identificativo e la sua solarità salvifica. Credo sempre più nella “compensazione” e la compensazione alla nostra imposta povertà è la felicità che altri popoli non hanno né potranno mai avere insistendo sul loro egoismo. Possono offenderci, umiliarci, tenerci persino in catene visibili ed invisibili, ma la nostra felicità di fondo resta sempre.
Negli ultimi decenni, però, parte del popolo meridionale, nell’inseguire il tenore di vita nordico, si è lasciato corrompere diventando come e più dei nordici, nella mentalità e nei comportamenti. Taluni meridionali emigrati al nord mostrano di essere essi stessi i più feroci antimeridionalisti (specialmente quelli che votano o sono addirittura attivisti della Lega ex Nord). E’ purtroppo il prezzo che si paga nell’inseguire i miraggi che per natura non appartengono e mai potranno appartenere a noi meridionali o, meglio, mediterranei.
Con la civiltà plurimillenaria, il Sud è si ritrova sempre più ad avere il ruolo di guarire coloro che hanno una cultura malata di egoismo e di razzismo. Perciò, perdoniamo ancora una volta la Ditta Vittorio Feltri & C. e cerchiamo di lavorare con più alacrità a sensibilizzare all’amore e all’intelligenza coloro che sono malati di onnipotenza e di superbia, malati di invidia e di ogni altro disvalore che li allontana dalla realtà umana che ha bisogno di umiltà e di gioia, di sorrisi e di armonia. Quell’armonia che io e Totò Femìa abbiamo imparato e vissuto a Cardara … quell’armonia contadina … basata sulla Natura e non sul quel diavolo di Mercato che tanti lutti porta in tutto il mondo con questa cattiva globalizzazione che ci ha portato pure il Covid-19 e continuerà a portare tanti altri visibili ed invisibili dell’infelicità.
18 – SALUTISSIMI
Caro Tito, voglio concludere questa “Lettera n. 278” proprio con l’augurio e l’incitamento a voler difendere ad oltranza la nostra felicità mediterranea e di profondo Sud dataci dal sole e dalla natura, magari insegnandola ad altri che si dimenano vorticosamente e senza vie d’uscita nelle nefande insidie del demone-Mercato che tanta infelicità, genocidi e sofferenza causa in ogni parte del mondo. Riflettete gente, riflettete!
E voglio, altresì concludere, con questa bella foto di Totò Femìa che innalza felicissimo la coppa vinta in una delle tante manifestazioni podistiche. Una foto-simbolo di sudata conquista e di liberatrice vittoria che sia beneaugurante per tutti noi, come singoli e società, nel vincere su tutte le negatività che ci dividono e ci fanno soffrire. Primo tra tutti, oggi, vincere l’epidemia-pandemia del Covid-19. Tito, ti saluto con tanta cordialità e arrivederci alla prossima “Lettera n. 279”.
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
(Dalla clausura impostaci dal Covid-19, giovedì 23 aprile 2020 ore 11,22 – Le foto in gran parte mi sono state fornite da Totò Femia e le altre sono state prese dal web)
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