Addio casa circondata dai maestosi e secolari ulivi del natio borgo.
Adesso che tutto è finito, passato, sepolto, le tue stanze sono rimaste vuote, come vuota e spoglia è la mia anima.
Mentre le mie lacrime solcavano il viso, un sole forte, caldo e luminoso ha invaso il salone.
Mi sono fermata e ho pensato a come sarebbe stato, se tutto fosse stato diverso, se la vita o il destino avesse avuto un altro corso, un’altra strada, un altro finale.
Mentre le mie lacrime bagnavano il pavimento, consunto dal tempo e dal dolore, ho ricordato i sogni perduti, i fiori che mai sono arrivati, la macchina che non si è mai fermata.
Adesso non è rimasta che polvere, solo polvere intrisa di lacrime, solitudine, rabbia, dolore e illusi racconti.
Casa, dove invano ho aspettato, invano, fino a non avere più giorni, più forza, più speranza.
Casa, dove mi sono sentita protetta, dove chiudevo il mondo fuori e nel mio primo “angolo dell’io” leggevo, scrivevo, cantavo, sognavo.
Casa, dove per la prima volta le Muse sono arrivate, per non lasciarmi mai più.
Casa, dove al mattino rapita dalla magia dell’alba rosata, dal canto dell’usignolo tra gli ulivi dal suono della nobile campana, io pregavo di non doverla mai lasciare.
Casa, con la fiamma del camino sempre accesa.
Al mattino si spandeva nell’aria il dolce profumo del caffè, che papà preparava prima di partire per Reggio Calabria.
Durante il giorno il profumo degli ulivi, si confondeva con il profumo delle pietanze che mamma con amore infinito preparava.
Casa delle stagioni: a primavera gli uccellini cantavano, il pettirosso chioccolava tra gli ulivi, l’usignolo gorgheggiava, trillavano le allodole e le rondini che ritornavano a costruire i nidi, garrivano beate.
Il profumo dell’erba, delle margherite, dei gigli e delle campanelline.
Il profumo della terra e della carezza del vento sulla pelle .
Il giallo, il rosa, il verde e i tanti colori ammaliavano la mia anima.
Con gioia accoglievo la nascita dei pulcini, nel pollaio della signora Caterina.
D’ estate mille papaveri rossi sorridevano al sole, e all’alba Massaro Cesare passava cantando.
L’odore della passata di pomodoro danzava nell’aria.
L’autunno profumava di noci, funghi, castagne, melograni e loti.
L’inverno profumava di muschio e zeppole.
Era bellissimo assistere alla raccolta delle ulive. Le contadine bellissime sacerdotesse di Cerere.
Casa amata, casa delle amate sorelle. Casa costruita con sudore e sacrifici di un grande uomo qual era mio padre e di una meravigliosa donna: mia madre.
Casa, ormai vuota, abbandonata.
Adesso nel silenzio della nera notte, mentre il canto della civetta tedia l’aria, fantasmi silenti si aggirano nelle stanze vuote, un pianto antico ritorna nel salone.
Giacciono a terra la statuina della Madonna e di Sant’Antonio e le preghiere non ascoltate.
Casa amata ,odiata, sognata, accarezzata, ricordata.
Casa perduta ormai sul lago del tempo.