“Dare la possibilità ai detenuti di riscrivere la loro vita dentro le mura del carcere, in omaggio al principio costituzionale secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato ed al suo successivo reinserimento nella società”.
È questo uno dei principali obiettivi da perseguire nell’esercizio delle nostre funzioni – ha spiegato Agostino Siviglia – (Garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale), presentando ieri in videoconferenza dall’Aula “Giuditta Levato” di Palazzo Campanella la sua Relazione annuale, dedicandola alla Presidente Jole Santelli, prematuramente scomparsa.
Importante il richiamo “alla testimonianza di Fabio Valenti, persona detenuta che è riuscita a ‘dare un senso all’esecuzione di una pena senza speranza’. Grazie alla creazione artigianale di un forno si è specializzato nel fare dolci, divenendo tanto bravo da scrivere un libro di ricette, dal titolo ‘Dolci (c)reati’, con la prefazione di Luca Montersino (rinomato chef pasticcere di fama internazionale)”.
Particolareggiata e ricca di spunti preziosi è stata la Relazione del Garante che ha offerto uno spaccato sul “pianeta carceri” in Calabria, e più in generale nel Paese, grazie ai contributi in collegamento video del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) Bernardo Petralia e del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Mauro Palma. All’iniziativa – coordinata dal Responsabile dell’Ufficio Stampa del Consiglio regionale Romano Pitaro – ha portato i saluti istituzionali il Vicepresidente dell’Assemblea Nicola Irto che si è soffermato “sull’importanza di aver istituito la figura del Garante delle persone detenute, percorso complesso maturato nella scorsa legislatura e che ha richiesto la condivisione da parte di tutti i soggetti coinvolti, recuperando un ritardo segnalato dallo stesso Garante nazionale. L’avvocato Siviglia sta svolgendo responsabilmente la sua funzione dimostrandosi attento alle reali problematiche delle carceri rispetto alle quali c’è ancora tanto da fare”.
Nel corso dei lavori è intervenuto il Procuratore Capo di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri il quale ha dichiarato: “Il tema ‘carcere’ è un argomento difficile che deve essere affrontato in tutti i suoi aspetti. Il Sistema penitenziario è fondamentale nell’ambito del sistema penale ed attiene alla fase esecutiva che spesso viene dimenticata, resta lontana dall’attenzione dei media e viene alla ribalta nei momenti in cui si verificano delle situazioni particolari. Generalmente l’attenzione è rivolta alle operazioni di Polizia giudiziaria, a volte ai processi, e spesso ci si dimentica della fase dell’esecuzione. Quest’ultima è invece una fase importantissima, perché governata da principi costituzionali, che sono diretti alla definizione di percorsi di recupero, di formazione e di reintegro sociale della persona detenuta”.
“La presenza dell’Amministrazione penitenziaria in Calabria è costante, l’osservatorio è continuo. La Calabria è una terra estesa, ricca di istituti – ha detto Bernardo Petralia – determinando una differenziazione anche di tipo culturale e trattamentale inevitabile tra alcuni istituti ed altri. E questo è un argomento che indubbiamente interessa sia l’opera del Garante sia l’Amministrazione penitenziaria, e me personalmente, perché l’aspetto costituzionale del trattamento è un aspetto primario, estremamente importante che va a garanzia di tutto e di tutti”.
Secondo Mauro Palma: “La Calabria non presenta molte criticità: i punti di sofferenza che io rilevo è quando insistono direzioni in più istituti, come ho potuto verificare personalmente, nel caso di Rossano e Cosenza che vedono una stessa direzione. Dovremo operare tutti perché si vada il più possibile nella prospettiva che ogni Istituto abbia il proprio direttore poiché le dinamiche che si determinano in un Istituto, laddove c’è un direttore soltanto in via saltuaria, sono sempre molto complesse”.
L’evento ha visto anche la partecipazione in videoconferenza di alcuni detenuti del carcere di Catanzaro-Siano diretto dalla dott.ssa Angela Paravati.
“È stato un anno faticoso quello appena trascorso, violento mi verrebbe da dire” – ha sottolineato Siviglia – richiamando i tanti, troppi eventi che hanno segnato questo periodo, “primo fra tutti il Covid-19, con il futuro che è divenuto inedito, per la Regione Calabria e per il mondo intero. L’avvento della pandemia ha ribaltato ogni priorità d’intervento e la priorità dell’attività funzionale è divenuta quella di contribuire alla garanzia dell’assistenza sanitaria in carcere ed a raccomandare e monitorare l’adozione di tutte le misure precauzionali per scongiurare la diffusione del contagio. Il sistema penitenziario calabrese ha retto e sta reggendo bene all’impatto con il Coronavirus”.
Fra le iniziative promosse, ha ricordato il Garante, “quella realizzata insieme ad Area Democratica per la Giustizia di Reggio Calabria ed alla Direzione della Casa Circondariale di ‘S. Pietro’ di Reggio Calabria, che ha visto il confezionamento, da parte delle donne detenute, di mascherine destinate in via prioritaria ad uso interno dell’Amministrazione Penitenziaria di tutta la regione”.
“Il contesto sociale calabrese è segnato da una subdola e penetrante presenza della criminalità organizzata che, evidentemente, si ‘scarica’ sul suo sistema penitenziario”. Secondo il Garante: “è necessario intervenire prima di tutto fuori dal carcere, per tentare di realizzare una serie multiforme e multidisciplinare di azioni integrate volte a prevenire ovvero a superare quello che appare come un ineluttabile destino criminale, ereditario o ambientale che sia. In tale ottica, per esempio, a Reggio Calabria, si è mosso il Protocollo ‘Liberi di scegliere’, con inequivocabili risultati positivi”.
“Si registra, a fronte dell’inasprimento del trattamento penitenziario a cui sono evidentemente sottoposte le persone in regime di alta sicurezza, una permanente carenza di personale giuridico-pedagogico; una esigua quantità del monte ore degli esperti ex art. 80 OP, preposti all’osservazione intramuraria e per di più gravati da altre funzioni; la sostanziale inesistenza di mediatori penali e culturali; l’assenza di personale altamente qualificato e specializzato nei percorsi trattamentali delle persone detenute per reati di criminalità organizzata (magari formato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in sinergia con le Università); l’assenza, quindi, di un ‘sapere trattamentale’ specifico, evidentemente, non generato per causa di un ‘vuoto teorico sulla rieducazione mafiosa’; rivedere la normativa sull’interdittiva antimafia che inibisce, a chi ha scontato la sua pena, la possibilità di intraprendere un’attività lavorativa legale”.
Ancora il Garante: “I due terzi delle persone detenute in Calabria, come nel resto d’Italia, non sono mafiose e non hanno nulla a che fare con la criminalità organizzata e come ribadito in più occasioni, dal sociale al penale, il penitenziario finisce per diventare una discarica sociale”.
Agostino Siviglia ha infine concluso rammentando che: “Il successo non è mai definitivo; che il fallimento non è mai fatale; e che è il coraggio di continuare che conta”.