Il progredire degli anni e una più matura consapevolezza della storia mi hanno reso meno ottimista e più diffidente nei confronti di sia pure avveniristici progetti di restyling (perché non usare l’italiano ritocco e rifacimento ?) di spazi urbani, monumenti e/o edifici di questa nostra città il cui volto è stato tragicamente ridisegnato dal terremoto del 28 dicembre 1908 come già avvenuto all’indomani del sisma del febbraio-marzo 1783. Così Stefano Iorfida, Presidente dell’Associazione Culturale Anassilaos a proposito del progetto di risistemazione di Piazza De Nava. L’opera di ricostruzione della città a partire da quella tragica alba è stata rapida, quasi stupefacente se soltanto si immaginano i tempi biblici di consimili eventi in età repubblicana (Belice, Irpinia), ma proprio per questo, talora, poco attenta alla conservazione di quanto pure poteva ancora essere conservato, in taluni casi brutale (pensiamo al Duomo, alla Chiesa degli Ottimati, al Castello) da parte dei tecnici e funzionari addetti alla ricostruzione e volta alla demolizione di quanto, pur pregevole e degno, impediva la realizzazione di un progetto, l’apertura di una nuova via. Dinanzi alla discussione sorta in merito al “ritocco” di Piazza De Nava confesso dunque di iscrivermi alla categoria di coloro che dissentono da un tale progetto che trasformerebbe la Piazza in una sorta di anticamera, quasi una rampa di accesso a quel Museo che dell’originario progetto di Marcello Piacentini conserva soltanto l’esterno, una sorta di guscio vuoto, mentre l’interno, con il suo insistito pallido nitore rassomiglia più ad un centro commerciale con le sue luci e vetrine che ad un museo (spazio sacro alle Muse). Molti purtroppo ritengono che la cultura, la storia e l’arte siano prodotti da consumare rapidamente come in un qualsiasi supermarket e così, dove è possibile, ci si adegua, disegnando spazi bianchi e vetrine luminose mentre il Museo Piacentini che io frequentavo da giovane e meno giovane, era un austero edificio con i suoi marmi verdi e i suoi chiaroscuri dove si osservava in silenzio la bellezza d’altri tempi e si meditava sulla storia. Quanto detto finora non significa ignorare che Piazza de Nava abbia bisogno di interventi ma dovrebbero essere interventi mirati al ripristino di tale spazio nella forma originaria che esso aveva allorquando, nel 1936, veniva inaugurato il monumento a De Nava di Francesco Jerace. Ripulire l’insieme monumentale imbrattato dal guano dei colombi e dalla vernice di qualche buontempone-criminale, restituire alla sua bellezza il bassorilievo che rappresenta la ricostruzione della città dopo il 1908, ripristinare la funzionalità della due fontane ripulendo le vasche e intervenendo sui due bellissimi mascheroni in stile liberty; risistemando, infine la recinzione della piazza. Lo spazio De Nava è frutto di un determinato momento artistico e culturale da conservare. Non capisco perché –conclude Iorfida – bisogna sempre inseguire il presente, immaginando che sia anche il futuro, quando la nostra Reggio, per colpa soprattutto della “natura matrigna”, è stata privata del suo passato.