Se assurdo ed indegno appare in un paese civile quanto la società della volley Pordenone ha fatto nei confronti di Lara Lugli licenziata perché ha scelto di essere madre e poi citata per danni in Tribunale; le lavoratrici sanno che questo episodio è solo la punta di un iceberg di un modo di trattare le donne e il loro lavoro.
Ci sono troppe storie che raccontano di aziende e datori di lavoro che vorrebbero che la testa, il corpo ed il cuore delle donne sia una proprietà “a disposizione”.
In Calabria la situazione non è migliore che nel resto del Paese; si pensi a Fabiola, la ragazza di Crotone insultata per il suo corpo; pensiamo a Francesca madre di una bambina di due anni, dipendente di un supermercato di un famoso marchio italiano che, solo per aver chiesto i propri diritti, il giorno dopo è stata spostata di turno alle 5 del mattino e a 40 km di distanza… sei nata donna e te la faremo pagare, insomma.
Quotidianamente la FILCAMS CGIL Calabria è costretta a misurarsi con queste storie indegne, provando a stare vicino alle lavoratrici, cercando di costruire le condizioni di una società che valorizzi le donne e non tenti di piegare il loro essere ai ricatti ed ai bisogni del cosiddetto “mercato del lavoro”.
La Filcams CGIL Calabria invita le lavoratrici ed i lavoratori ad aderire alla mobilitazione sui luoghi di lavoro (portando con se un palloncino rosa, indossando la maglietta “Fimmina”, attaccandosi sulla divisa l’adesivo con lo slogan “la maternità non è un fallo!”, condividendo l’iniziativa sui social) e chiediamo alle aziende di fare lo stesso.
La lotta per la dignità delle donne ci riguarda tutti e tutte, perché ha a che fare con la dignità e la responsabilità di tutta la nostra società.