Emozioni sussurrate “A mezza voce nella sera” di Ilaria Celestini.

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 «Le emozioni più profonde, le gioie più intime e anche le domande più struggenti dell’anima non devono essere gridate, ma solo sussurrate, prima a noi stessi e poi, eventualmente e con discrezione, offerte a chi desidera condividere il proprio cammino con noi».

E le emozioni dell’autrice Ilaria Celestini sono impresse nei versi dell’opera “A mezza voce nella sera”, pubblicata nella collana “I diamanti della Poesia” dell’Aletti editore.

«La sera – spiega la scrittrice di Brescia – è una metafora. Rappresenta una sorta di universo interiore che vuole espandersi e abbracciare ogni singolo frammento dell’esistenza, in cui tutto è prezioso e ogni cosa, anche se non appare in modo immediato o eclatante, ha un senso e un significato, un’importanza e un valore che spetta a ciascuno di noi, se lo vuole, scoprire e riconoscere. Tutta la vita è dono, se scegliamo di guardarla dalla prospettiva secondo la quale nulla ci è dovuto».

 

Ilaria Celestini – di formazione classica e umanistica, due lauree con lode a indirizzo filologico e semiologico, cosmopolita nell’animo e ricercatrice per vocazione, insegnante di Lettere – si è dedicata al recupero scolastico degli allievi svantaggiati, italiani e stranieri. Attualmente è impegnata in ambito editoriale.

 

La silloge “A mezza voce nella sera” è un inno all’amore in tutte le sue forme, che non conosce limiti e raggiunge l’idillio. «Per me – afferma la Celestini – non è un sentimento da rivolgere solo alla sfera umana, nel senso dell’amore di tipo strettamente sentimentale e di coppia: è, prima di tutto, un modo di essere; è l’essere in primo luogo innamorati della vita, e di tutti i suoi aspetti, anche contraddittori». Ma è anche un inno alla natura. Agli animali, “fedeli e dolcissimi che allietano la nostra vita di umani feriti nell’anima e cercatori d’infinito”. Allo stupore per la vita, per l’immensità dell’universo. E poi c’è il dolore. Quello di chi soffre per la guerra, di chi sosta nelle stazioni, non ha una casa. Di chi ha perso tutto. Anche la speranza. E, poi, non manca l’attenzione verso le tematiche sociali.

«L’autrice – scrive il candidato al Premio Nobel per la Pace, Hafez Haidar, nella Prefazione – con un linguaggio chiaro e diretto ed uno stile limpido, maturo e personale, esprime liricità e romanticismo, rendendo le sue composizioni artistiche pulsanti di vita e d’amore e trasmettendo le sue emozioni al cuore del lettore».

Ecco, dunque, che la scrittura diventa quasi catartica e liberatoria, perché riesce a rispondere a domande esistenziali, «donando una parte importante di sè e lasciando che ognuno, scorrendo e leggendo le pagine, provi l’emozione di fare proprie le sensazioni più vere». «Un’arma potente – afferma la Celestini – che va usata con sapienza e consapevolezza». Una passione, nata sin dall’età di otto anni quando componeva poesie e piccole storie, diventata formazione, con gli studi classici, e poi vocazione: «Non siamo noi a scegliere l’arte, è l’arte che chiama e sceglie noi».

Ma nella vita di Ilaria Celestini non c’è solo spazio per la poesia. «Mi piacerebbe sperimentare ogni tipologia di genere letterario – racconta – dato che ciascuno offre modalità espressive assolutamente varie e peculiari. Credo che sia importante saper “osare” con ogni tipo di contenuti, e, al tempo stesso, cercare con ogni mezzo di curare la forma, in modo da offrire ai lettori libri di qualità che restano nel cuore e nell’anima».

 

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