I Martiri di Ceuta Alle origini del Francescanesimo in Calabria di Ippolito Fortino, Rubbettino Editore, racconta l’origine del francescanesimo in Calabria, inaugurata da un avvenimento: il martirio subìto nel 1227 a Ceuta, in Marocco, di sette frati.
I martiri nel 1227, capeggiati da s. Daniele Fasanella da Belvedere Marittimo, partirono dal Protoconvento Francescano di Castrovillari, dopo aver ricevuto la benedizione dal Padre Provinciale Pietro Cathin : S. Samuele Giannitelli da Castrovillari, S. Angelo Tancredi, S. Donnolo Orinaldi da Castrovillari, S. Leone Somma da Corigliano Calabro, S. Nicola Abenante da Corigliano Calabro e S. Ugolino da Cerisano.
Arrivati in Toscana, partirono per la Spagna con il proposito di recarsi successivamente, in Marocco per convertire gli infedeli.
Dopo una breve permanenza in terra di Spagna, in due scaglioni a breve distanza l’uno dall’altro, si trasferirono a Ceuta nel Marocco.
Era un atto davvero coraggioso, perché le autorità locali avevano proibito nella zona ogni forma di propaganda cristiana.
I frati svolsero per qualche tempo un’attività presso i numerosi mercanti di Pisa, Genova e Marsiglia che risiedevano nella città, poi, ai primi dell’ottobre 1227, decisero di iniziare la predicazione in mezzo ai musulmani.
Nelle strade di Ceuta, parlando in latino e in italiano perché non conoscevano la lingua locale, annunziarono Cristo, bollando con roventi parole la religione di Maometto.
Le autorità ordinarono subito la loro cattura: i missionari, dopo essere stati sottoposti a vari interrogatori, furono inviati ad abbracciare l’Islam e poi, di fronte alla loro tenacia, vennero decapitati.
I loro corpi furono straziati; tuttavia, i mercanti cristiani occidentali recuperarono i miseri resti e li seppellirono nei sobborghi di Ceuta.
In seguito, le ossa furono trasferite in Spagna, ma ad oggi non si sa con precisione dove siano venerate, quantunque città della Spagna, del Portogallo e dell’Italia vantino il possesso di qualche reliquia.
Leone X, con decreto del 22 gennaio 1516, ne permise il culto.
L’evento, studiato dall’autore, a partire dalle fonti a disposizione e inserito nel suo specifico contesto storico, rivela profonde connessioni con la storia del francescanesimo non solo calabrese, in modo particolare nei suoi rapporti con il mondo musulmano.
Una vicenda che può dirsi “esemplare” sotto vari aspetti.
Come dice nella prefazione Filippo Brugarella: ”Ippolito Fortino offre alla lettura e all’attenzione dei lettori uno studio che merita ogni riguardo perché scritto con passione per l’argomento e soprattutto perché sorretto da una originale interpretazione della vicenda agiografica. Questa, infatti, viene convincentemente illustrata in relazione ai martiri e ai testi che li riguardano. Ne risulta, per i sette frati francescani, l’identità storica di discepoli, per così dire, audaci del Poverello d’Assisi, perché compenetrati da un’intransigente vocazione missionaria e da una radicale mistica del martirio”.
Un libro importante corredato anche dall’apparato iconografico, curato da Giorgio Leone, la copertina riporta “La corona del trionfo” di Giovanni Delli Carri.
Ippolito Fortino è nato a Cosenza nel 1978.
Dopo gli studi classici, nel 2003 ha conseguito la Laurea in Storia all’Università della Calabria.
Il suo percorso culturale, alimentato dall’esperienza di vita nel movimento dei giovani laici francescani(Gi.Fra), lo ha condotto a ricercare le radici spirituali francescane della sua terra: con questo libro riporta alla luce una vicenda trascurata negli ultimi decenni e la ripropone nel suo valore storiografico all’attenzione di tutti.
Quando è stato pubblicato il libro, l’autore aveva iniziato il percorso di formazione per essere accolto tra i Frati Minori Cappuccini.
Ho scoperto questo libro, nel corso di una mia recente visita a Catanzaro, l’ho letto con amore e lo consiglio a tutti , non solo a chi ama il mondo francescano.