MELICUCCA’: QUANDO LA FEDE OLTREPASSA IL TEMPO

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La Piana del Tauro un tempo chiamata Vallis  Salinarum e Planictie Sancti Martini   è composta da 33 Comuni, dal nobile passato, dove storia,  arte e  spiritualità si intrecciano.

Tra questi comuni Melicuccà si differenzia totalmente, perchè ha un’identità civico-religiosa che contraddistingue tutta la sua storia sin dalla sua fondazione.

Il primo aspetto è che quando i Saraceni dopo aver approdato a Taureana di Palmi distruggendola, si sono spostati verso  l’interno fino a raggiungere Sicri, oggi contrada di Melicuccà.

Gli abitanti scappano e si rifugiano al Monastero di Sant’Elia Speleota.

A  tal proposito si narra che Sant’Elia ha fatto un miracolo, elevando una barriera di fuoco tra i Saraceni e gli abitanti di Sicri.

Sin da allora Melicuccà ha avuto una sua identità civico-religiosa proprio perché sia l’esperienza spirituale che quella civile hanno percorso lo stesso cammino.

Nel 1400 sono arrivati i Cavalieri di Malta che è un’istituzione religiosa, i quali avevano la Giurisdizione Commendale.

L’altro aspetto è che nonostante i tanti terremoti e i mutamenti epocali subiti dal paese, le diverse generazioni hanno saputo tramandarsi, una cultura popolare di comunità locale che pur aggiornandosi con il trascorrere dei secoli è rimasta saldamente fondata sul concetto dell’ unica identità di comunità civico-parrocchiale.

Accompagnati da don Paolo Martino, straordinario sacerdote ed uomo di cultura. abbiamo viaggiato in quello che è l’itinerario storico religioso del nobile paese.

Abbiamo scoperto che le Chiese di Melicuccà sono definite con l’antico termine di “Chiese di elezione”.

Nei secoli scorsi e per tradizione anche oggi s’intende non la Chiesa nel quartiere dove si risiede ma la “Chiesa preferita” dal singolo e prima ancora dalla propria famiglia, come punto di riferimento più immediato e più diretto per la vita spirituale e come rapporto temporale cristiano con gli altri.

Abbiamo iniziato dalle quattro Chiese gemelle, così chiamate perché costruite nello stesso periodo, intorno al 1200, e  perché hanno una struttura simile, con navata unica, abside rotonda e come materiale pietre e calce.

Erano un tempo i luoghi di culto più importanti del paese, in Piazza Tocco e in Contrada “Motta” che fino al terremoto del 1783 costituivano il centro urbano di Melicuccà.

Abbiamo iniziato dalla CHIESA DEL RITO.

Questa Chiesa risale al XIII secolo  e si chiamava così perché delle quattro era l’unica non aperta al culto dei fedeli, in quanto era la Chiesa oratorio dei sacerdoti dove si riunivano per recitare insieme ”l’ufficio”, per le loro riunioni plenarie e per formulare la terna dei sacerdoti da sottoporre al Commendatore, il quale doveva scegliere il nuovo parroco arciprete.

Anticamente davanti al sagrato, vi era il sedile dei nobili.

E’ formata da un’unica navata impreziosita da stucchi.

All’interno si possono ammirare una preziosa acquasantiera del XVI-XVII secolo e una Madonna in marmo, forse opera di  Antonello Gaggini intorno al 1510, un quadro della Circoncisione dei primi anni del 1500.

LA CHIESA DI SAN ROCCO

Sorge sulla Piazza  Tocco, delle stesse dimensioni della Chiesa del Rito, fino al 1783 era Chiesa Oratorio della Confraternita dello Spirito Santo.

Bellissima è la sua facciata in stile barocco e il suo pregevole portale in pietra locale lavorata da artigiani locali, è ben conservata la cinta muraria, è priva di tetto.

Un tempo vi era conservata la statua di san Rocco ed era la chiesa più frequentata per la sua centralità.

CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE

Poco lontana da Piazza  Tocco c’è la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, chiamata la “Graziella”.

Costruita nel XII secolo, la sua struttura è ancora ben conservata.

Costruita in pietra e calce, era un luogo di raccoglimento e di preghiera per i contadini che si fermavano al mattino quando andavano nei campi e la sera quando ritornavano.

Il pavimento è in ciottoli di fiume.

Il suo unico ornamento era una bella statua di nostra Signora delle Grazie con il Bambino Gesù sulle ginocchia.

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA MOTTA

Fu distrutta dal terremoto del 1783. I suoi resti si trovano in contrada Motta e per questo è conosciuta con questo nome, ma veniva anche chiamata ”Chiesa di Nostra Signora Assunta in Cielo” o come “Santa Maria dello Schiccio”, poichè un tempo nelle sue vicinanze scorreva una piccola cascata.

Fino all’arrivo dei Cavalieri di Malta e alla costituzione della Commenda era la Chiesa parrocchiale, era anche oratorio dell’Arciconfraternita dell’Assunta.

C’erano tre altari: uno dedicato alla Vergine del Rosario, uno alla Deposizione di Nostro Signore e l’altare Maggiore dedicato alla Vergine Assunta con la statua della Madonna.

Questa era la Chiesa più ricca della commenda avendo il maggior numero di entrate e di cappellanie.

Delle quattro chiese gemelle questa purtroppo è quella che si trova nello stato di maggiore abbandono.

Veniamo adesso alle altre chiese, iniziamo dalla Chiesa Matrice.

CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA GEROSOLIMITANO( CHIESA MADRE)

E’ stata edificata nel 1496 dai Cavalieri di Malta, fu ricostruita nel 1969 dopo  l’ incendio del 4 maggio del 1958.

In principio era dedicata al Santissimo Salvatore.

Formata da un’unica navata, conserva un crocifisso in cartapesta, già presente in un inventario sui beni della chiesa datato 1580.

Opera di maestranze pugliesi è la statua di San Giovanni Battista.

Ci sono poi la statua dell’Immacolata e del Cuore di Gesù.

Sulla parete dell’abside, alle spalle della Mensa Eucaristica, c’è un mosaico raffigurante il battesimo di San Giovanni e sulla parete destra uno che raffigura la crocifissione.

In mosaico è anche l’altare dedicato al Cuore di Gesù.

Sotto la Chiesa si trovano le catacombe, dove in passato si seppellivano i morti delle famiglie agiate del paese.

Questa Chiesa è l’unico luogo sacro dove si compiono tre distinti atti di culto comunitario: l’amministrazione del sacramento del Battesimo, La celebrazione della Santa Pasqua e degli altri principali misteri della fede ed è sede del parroco.

Da alcuni anni il 23 giugno è stata ripristinata la giornata commemorativa della “Libertà Civica”, interrotta nel 1948 e ripristinata nel 1993.

In questo giorno alla presenza degli amministratori (un tempo maestranze commendali) e del popolo, viene celebrata la “Santa Messa civica”.

Il  sindaco illustra l’operato dell’anno trascorso e si impegna ad amministrare bene anche nell’anno a venire.

Dopo la Messa, le autorità e il popolo si recano sui ruderi dell’antico castello, dove dopo l’alza bandiere sulla torre dell’orologio viene esposto il quadro di San Giovanni invocando la sua protezione sul paese e sui suoi abitanti.

CHIESA DI MARIA SS.DEL ROSARIO

Oratorio dell’omonima confraternita fu costruito nel XIII-XIV secolo. Fino al 1571 veniva chiamata Chiesa di Santa Maria della Consolazione.

Cambiò nome dopo la Battaglia di Lepanto per volontà di un gruppo di reduci che, con bolla papale di Pio V, ottenne l’istituzione della Confraternita dedicata alla Regina Del Santo Rosario.

Nel corso dei secoli questa Chiesa ha subito vari rimaneggiamenti.

Dopo il terremoto del 1783, della struttura originaria sono rimaste parte delle mura e il presbiterio.

Le  tre navate furono costruite nel XIX secolo.

La facciata, invece, fu rifatta dopo il terremoto del 1908.

Completamente rivestita con mattoncini rossi, ha tre portali sovrastati da timpani e un campanile a vela sulla sinistra.

Al suo interno sono custodite le ossa di Sant’Elia Speleota e diverse statue, in primis quella incantevole di Maria SS. Del Rosario con abito ricamato con fili d’oro e capelli veri; di Santa Lucia; di Santa Rita da Cascia; dell’Addolorata e di Sant’Elia Speleota.

Di pregio ci sono anche le croci processionali, gli stendardi e il Gonfalone della Confraternita ricamato dalle orfanelle, il quale fu donato dal Beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei, al medico Antonino Arena alla fine del XIX secolo.

Infine c’è anche un pregevole dipinto raffigurante la battaglia di Lepanto dono di un emigrato Alessandro Leuzzi.

CHIESETTA DI SAN GIUSEPPE

Costruita baraccata dopo il terremoto del 1908, fu restaurata nel 1970.

Ha una semplice facciata sormontata da un timpano.

Al suo interno conserva la statua di San Giuseppe e un quadro sulla “Deposizione”.

CHIESA DI SANT’ANTONIO DA PADOVA

Costruita nel XVII secolo, un tempo era la chiesa del convento di Sant’Antonio

ed era stata eretta sulla prima pietra, portata da Padova  dai frati minori Riformati, come reliquia dalla tomba del Santo.

L’architettura richiama l’arte gotica negli archi a sesto acuto delle finestre e in quelli interni.

All’esterno è bello da vedere la bifora posta sul portale e quelle del campanile.

Ci sono 5 statue reliquiario del XVII secolo, in cui venivano custodite le ossa dei martiri provenienti dalle catacombe romane.

La statua di Sant’Antonio  è una scultura lignea del XVIII secolo,  opera di un artigiano di Serra San Bruno e sostenuta dai principi Ruffo di Scilla.

La commissione fu fatta il giorno della Candelora del 1701 per essere completata e consegnata nel 1704.

I frati della comunità monastica, di Melicuccà negli ultimi anni del 1600, iniziarono la questua di porta in porta, per poter commissionare la statua di Sant’Antonio per la loro chiesa

Il vescovo di Mileto con tutta “la sua famiglia”(cioè con tutti i preti della Curia) benedisse e consacrò l’Effige sancendo con “jussu episcopi” che fosse esposta alla venerazione dei fedeli.

In brevissimo tempo dalla data della consacrazione è assurta ad un livello così alto di oggetto di culto, da essere entrata a far parte del novero delle statue più famose e venerate di tutta la Calabria.

Fino ad allora centro di ispirazione della venerazione del Santo era un quadro su tela di scuola veneziana, dono del commendatore gerosolimitano D. Antonio Gotho, che ritraeva Sant’Antonio in pensosa meditazione davanti ad un teschio.

La statua è stata restaurata in occasione del Giubileo  dell’anno 2000 dal prof. Graziadei Tripodi.

Risale invece alla fine del XVII secolo il quadro ”Anime del Purgatorio” realizzato da “Fra Daniele”.

IL CONVENTO DI SANT’ANTONIO

La sua fondazione  risale a  quando i Frati Francescani Minori Riformati, arrivarono a Melicuccà  da Castelfranco Veneto, tra il 1550 e il 1600, accolti con amore dalla popolazione, dal clero e dai monaci basiliani.

I frati fondarono un convento, costruito su una chiesetta dedicata a san Leonardo Basiliano.

Al convento che rimase attivo fino al XIX secolo, nel 1683 fu assegnato il “diritto d’asilo”.

La porta del convento era denominata con il nomignolo, divenuto proverbiale, in tutti i paesi vicini, di “porta i vàttari”, che significa porta da bussare sicuri di ricevere aiuto in ogni necessità.

In stile veneto, era formato da tre piani.

All’interno si trovava il chiostro. Inoltre c’erano una foresteria, tanti vani accessori e 83 celle.

Fu sede di una rinomata Accademia  per l’istruzione superiore  dei chierici e dei laici.

Dopo i danni causati dal terremoto del 1783, fu ridotto a soli due livelli.

Il primo era utilizzato per le attività collettive ed era collegato alla chiesa mediante un portico ad archi con volte costruito con mattoni chiamati ” pressatelle”.

Dopo l’Unità d’Italia iniziò il declino.

L’ultimo custode fu frate Bonaventura da Melicuccà(1911) al secolo Domenicantonio Sgrò.

Oggi sono purtroppo visibili solo i ruderi del primo piano, i resti dell’atrio e il pozzo.

E’ importante ricordare che nel convento, tra il 1700 e il 1800, vissero e si formarono importanti figure religiose e laiche, tra cui: Padre Antonio Cirillo, missionario in Palestina e autore di una “Grammatica della lingua araba ad uso degli orientali” tutt’oggi consultata dai linguisti, il mistico Giovanbattista Cama, padre Bonaventura  da Castelfranco(Fondatore dell’Accademia),Padre Jacopo da Pedavoli, teologo e latinista insigne, il giureconsulto Marcantonio Gliotta, Scipione Careri Farmacista, letterario e agiografo di Sant’Elia Speleota, don Antonio Milano da Polistena celebre avvocato, Don Michelangelo Falvetti musicista, maestro di camera di Carlo VIII, tanti sacerdoti di Melicuccà, tra cui Don Angelo Furina e Don Felice Maria Adornato morto in fama di grande santità il 2 maggio del 1902.

Tra i fraticelli del convento ricordiamo: Fra Donato pittore e scultore, fra Giuseppe da Seminara, detto  “il portinaio miracoloso”, fra Pasquale da Castellace e fra Giovanni da Melicuccà.

Il nostro percorso non può non concludersi  che alla GROTTA DI SANT’ELIA SPELEOTA il quale come ha ben sottolineato il parroco don Paolo Martino è il luogo più santo di tutta la Calabria(meta di pellegrinaggi di cattolici e ortodossi), non solo perché scelto da Sant’ Elia per il suo eremitaggio e per i 150 monaci che lo seguirono, ma anche perché   è stato calpestato da molti Santi  tra cui:  San Luca da Melicuccà, San Nicodemo di Sicri (città prima di Melicuccà), San Fantino di Lubrichi, San Filarete di Seminara e sembra sia passato anche  Sant’Elia il giovane.

Le grotte scelte dai monaci si aprono lungo il fianco di una montagna nei pressi di quello che fu il tracciato ferroviario, a pochi chilometri dal centro urbano di Melicuccà.

Le celle furono ricavate nel tufo vicino a una sorgente e sono i resti di un importante complesso scavato nella roccia.

Della “lavra” insieme alle celle dei monaci rimane l’aulion (una nicchia piccola) e la grotta di Sant’Elia dove si arriva percorrendo una scalinata.

Si narra che i monaci costruirono una salina, un mulino, il palmento, la cantina e c’era anche lo scriptorium dove Sant’Elia si dedicava alla copiatura di testi sacri e naturalmente le necropoli.

Questa era la più grande delle caverne. All’interno c’è un altare in marmo costruito nel 1953.

Nella grotta da una pietra inumidita gocciola un’acqua che come dice la frase di Sant’Elia, scolpita sulla parete laterale dell’altare:  ”L’acqua che gocciola dalla pietra inumidita della grotta ha la virtù di sanare”.

All’esterno della grotta c’era una sorgente che col tempo si è spostata a circa 70 metri più a valle e che serviva per le necessità dei monaci.

Inoltre si trova  sulla parete di fondo della grotta la lapide in marmo che ricorda la visita del vescovo di Mileto Filippo Mincione, nel 1855, dove si legge anche “Helias fugat demones”.

Nei pressi della grotta ci sono i ruderi del monastero costruito dopo la morte del santo, costruito alla fine del X inizio XI secolo. Fortissima è la devozione a Sant’Elia, la sua grotta è visitata da migliaia di fedeli, e tantissime sono le guarigioni  ad opera dell’acqua miracolosa.

Nel concludere il nostro viaggio non possiamo non ricordare le figure religiose importanti di Melicuccà, perché oltre a Sant’Elia Speleota  e gli altri già citati, abbiamo San Bartolomeo, abate del Monastero di Sant’Oreste,  San Saba il quale visse nelle grotte di Melicuccà prima di trasferirsi in Lucania,  Fra Giuseppe da Melicuccà, Padre Antonio Cirello, il sacerdote Rocco Antonio Romeo e l’arciprete Felice Maria Adornato.

Infine non posso esimermi dal ringraziare don Paolo Martino, grande sacerdote e uomo di cultura, il quale mi ha fatto da cicerone in questo viaggio denso di fede, spiritualità e storia. Ho potuto ammirare anche  la Torre Municipale  con i resti del castello, palazzo Gambacorta, Palazzo Spina, Palazzo Capua, l’incantevole Fontana Monumentale, il monumento al grande poeta Lorenzo Calogero, la lapide ai caduti e il Calvario.

Non posso esimermi dal ringraziare la mia amato nonna Grazia Mamone, è stata lei a portarmi ogni anno a Melicuccà  e a trasmettermi la fede e l’amore verso Sant’Antonio e San Giovanni.

Una fede e un amore che sono cresciuti nel tempo e che non mi hanno mai abbandonata e che ogni anno il 13 giugno “mi conducono” dolcemente a Melicuccà, in questo luogo angelico ad ascoltare, ammirare, pregare, sognare  e sperare ancora.

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