Gioia Tauro è una città ricca di storia, arte, tradizioni e cultura nelle sue varie sfaccettature.
Tra le sfaccettature della cultura vi è anche il cibo.
Tutti i luoghi del mondo hanno un loro piatto tipico e un dolce tipico.
Ebbene senza ombra di dubbio, possiamo affermare che la Struncatura e il Gioitano sono scritti nella carta d’identità della città del porto.
La storia della Struncatura è antica.
Ecco quello che tempo fa abbiamo appreso dal dott. Vittorio Savoia.
La piazza di Gioia Tauro è stata sempre considerata uno dei massimi caricatoi di olio di tutto il Meridione.
Dagli atti del Consiglio Provinciale del 1839 si legge: ”Il paese di Gioja è divenuto, per la sua opportunità il luogo ove si fa il maggiore commercio della provincia, tutti i negozianti vi concorrono, e molti di essi vi fanno dimora. Ma trovandosi circondato da acque stagnanti e principalmente da quelle del fiume Budello, che non fluiscono regolarmente, ed in varie parti impaludano, avviene che l’aria nei mesi estivi rendesi malsana in tutti que contorni”.
Nonostante il problema della malaria Gioja era diventato il principale sbocco d’esportazione della provincia.
Attratti dall’ottima posizione del sito e prevedendone per l’avvenire un grande sviluppo, molte famiglie di commercianti di stanza del litorale amalfitano pensarono bene di trasferirsi, armi e bagagli, in Gioja e di creare qui i loro traffici. Quei pionieri, appena giunti nella nostra cittadina, alimentarono subito il commercio e diedero la prima spinta ad un rinnovamento completo, per cui è da ascrivere a loro esclusivo merito se Gioja, oltre ad essere il maggiore emporio dell’olio della provincia di Reggio Calabria, divenne in breve volgere di tempo un vero e proprio centro commerciale di generi alimentari ed in particolare modo di pasta.
I primi immigrati che vengono rilevati dai libri parrocchiali di Gioja risultano un Pietro Gambardella di Conca (Sa), deceduto nel 1807 ed un Antonio Pisani di Atrani (Sa), perito nel 1811 e successivamente, sempre dalla costiera amalfitana, risultano deceduti a Gioja: un Gambardella Francesco nel 1839, una Gargano Angela di Pietro nel 1840 ed una Proto Giuseppa di Alfonso nel 1841.
Già alla fine degli anni 30 del 1800, gli amalfitani venditori di pasta in Gioja costituivano una cospicua colonia di cittadini, questi nel 1847 avevano provocato una notevole agitazione nel Comune, come risulta da una lettera del sindaco al sottintendente del 13.10.1847 nella quale si dice “I pubblici venditori di pasta, ostinatamente, hanno voluto mantenere la pugna, a non voler vendere alla ragione di grana 9 il rotolo secondo le assise stabilite dal decurionato (consiglio Comunale)”.
Dall’Annuario d’Italia del 1895 risultano a Gioja, venditori di pasta tantissimi commercianti di origine amalfitana, come per esempio: D’Amato Francesco, Gambardella Francesco e Russo Antonio.
C’erano anche molti venditori di farina.
La maggior parte di questi commercianti utilizzava le “scopature” di magazzino, cioè raccoglieva da terra i residui misti di farina e crusca durante le operazioni di molitura del grano, e successivamente venivano impastati dando luogo ad un tipo di pasta del colore scuro, chiamata struncatura e veniva messa in vendita a prezzi molto bassi. Talvolta risultava di sapore fortemente acido e veniva data in pasto ai maiali e alle galline. Le classi sociali meno abbienti, di Gioja e dei paesi vicini la consumavano loro e per correggere il sapore o per attenuare il grado di acidità, usavano condirla con salse molto piccanti o con acciughe salate , aglio e peperoncino.
Per lunghi anni si poteva ancora trovare in piccole botteghe di Gioja sotto banco, quasi come merce di contrabbando.
Quindi la stroncatura è un tipo di pasta originariamente di Gioia Tauro ed esclusivamente dell’antica Gioja, e ancora oggi viene venduta a Gioia Tauro e fa parte dei menù di molti ristoranti gioiesi.
Antonio Toscano, un gioiese che vive a Torino, qualche anno fa ha raccontato che sua nonna materna, Marianna Minneci, classe 1892 aveva un panificio al Piano delle Fosse e vendeva la struncatura e la cucinava per tutta la famiglia.
Tutti i Comuni della Piana del Tauro compravano a Gioia Tauro la farina e la struncatura.
Veniamo adesso al dolce: il Gioitano.
Il dolce è dedicato a Sant’Ippolito patrono della città.
Il dolce , nasce da un idea dell’avv. Simona Scarcella sindaco di Gioia Tauro, che nel corso di una serata di beneficenza, insieme al Maestro Salvatore Ravese, titolare della Pasticceria Garden(eccellenza di Gioia Tauro)propone di realizzare, individuare o recuperare un dolce tipico locale di tradizione familiare ,che possa identificare la cultura gastronomica degli abitanti di Gioia Tauro.
Proposta, fatta sempre a Salvatore Ravese, dal parroco del Duomo Don Antonio Scordo, per attribuire un dolce gioiese al patrono della città Sant’Ippolito Santo Martire.
Pertanto il Sindaco Simona Scarcella dopo un anno di ricerche e numerosi incontri con il pasticcere, identifica come tale dolce il “Gioitano Dolce di Sant’Ippolito”, realizzato da Salvatore Ravese.
E’ un dolce popolare che racchiude sapori e storie antichi, legati agli usi della comunità Gioiese.
Un recupero di un’ antica tradizione locale che ricorda i tipici dolci preparati dalle nostre Nonne ,che usavano della pasta rimasta dagli impasti del Pane, a cui aggiungevano farina di grano, del Miele ,olio extravergine d’oliva, frutta secca, zeste di agrumi, spezie ed erbe aromatiche spontanee.
Un dolce che profuma di storia e tradizione, tipiche del grande popolo gioiese e che rappresenta la storica devozione verso il patrono della città.
Salvatore Ravese per realizzare il dolce ha usato: farina di frumento macinata a pietra, miele biologico calabrese, olio evo biologico della piana di Gioia Tauro, cubetti di arance della piana canditi, filetti di limone della piana canditi, olive verdi della piana canditi, burro senza lattosio, uova e zucchero, lievito naturale, acqua fior di arancio, semi di vaniglia, glassa di mandorle (mandorle, zucchero, albume, zeste di arance).
In definitiva venire a Gioia Tauro significa fare un viaggio fra la cultura, la storia, la natura, i paesaggi, non ultimo gustare la Struncatura e il Gioitano, perchè la Cultura è cibo per la mente, per l’anima ma è anche gusto.
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