Come le mosche d’autunno di   Irène Némirovsky, Adelphi

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È  un libro struggente, denso di dolore uscito in Francia nel 1931 e di recente tradotto e pubblicato da Adelphi, nel quale Irène Némirovsky sceglie di ripercorrere l’esperienza autobiografica della fuga della sua famiglia dalla Russia, a causa della rivoluzione d’ottobre, attraverso lo sguardo della vecchia balia rimasta a vegliare sulla casa abbandonata dai signori Karin.

Infatti la protagonista è  Tat’jana Ivanovna, la vecchia balia.

Perché è lei  a tracciare il segno della croce sopra la slitta che porterà via nella notte gelata Jurij e Kirill che partono per la guerra.

E sarà lei a restare di guardia alla grande tenuta dei Karin, quando la famiglia sarà costretta a fuggire, sempre lei ad accogliere Jurij quando tornerà sfinito, braccato.

Non si scoraggerà la  vecchia njanja, quando dovrà camminare tre mesi per raggiungere i padroni e consegnare loro i diamanti che ha cucito a uno a uno nell’orlo della gonna.

Ed è grazie a quei diamanti che i Karin potranno pagarsi il viaggio fino a Marsiglia, e proseguire poi per Parigi.

Nel piccolo appartamento buio dove vanno a vivere, Tat’jana, che è stata testimone del loro splendore, che li ha curati e amati per due generazioni con inscalfibile fedeltà, vede i Karin girare a vuoto, come fanno le mosche in autunno quando, finita la gran luce dell’estate, «svolazzano a fatica, esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza vita». Sembra che nessuno di loro voglia ricordare ciò che è stato; solo lei, Tat’jana Ivanovna, ricorda: e le manca quel mondo che è andato a fuoco sotto i suoi occhi, le mancano gli inverni russi, il fiume ghiacciato, la casa.

Lei sola ricorda : così una notte, quella della vigilia di Natale, mentre tutti sono fuori a festeggiare, si avvia da sola, avvolta nel suo scialle, verso la Senna.

L’immersione di Tat’jana nelle acque della Senna sembra alludere a un ricongiungimento con quel mondo gelido di cui custodiva ostinatamente il ricordo.

Un libro da leggere in autunno, in fondo tutti noi abbiamo avuto un momento della nostra vita in cui siamo stati “come le mosche d’ autunno”.

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