Il romanzo è ambientato nel III Secolo a. C.
Il protagonista è Ippolito, destinato dal fato a una vita da vasaio.
Il racconto acquisisce corposità dopo la distruzione di Lipari, avvenuta nel 252 a. C.
Il protagonista, descrive con malinconia la depressione sociale ed economica a cui la sua città Metauria era andata incontro a causa soprattutto della malaria.
Il piccolo vasaio che avrebbe voluto seguire con passione il mondo del teatro greco, rimasto solo dopo l’improvvisa morte del padre, decide di spendere tutte le sue energie, per creare un importante ergasteria sulla spianata bassa di Pietrenere, dove la vita risentiva meno della desolazione che la malaria da una parte e l’invasione dei romani dall’altra, avevano segnato la sua città.
I prodotti della sua attività hanno un grande successo, che gli permettono anche di coltivare le sue passioni.
Insegnerà l’arte coroplastica ai discepoli di Lipari, che rifiorisce dopo l’invasione dei romani.
In seguito Ippolito diventerà un regista di successo.
Ma il fato incombe, e l’incontro con una donna lo porterà ad abbandonare la sua passione e a cadere nel gioco dei dadi.
Ma non è la fine, egli lascia volutamente un’ultima possibilità, un’altra tavoletta su cui il fato può ancora incidere qualcosa di bello.
Il romanzo è intriso della sacralità che accompagna il mito di Ippolito, venerato a Metauria e che diventa per il vasaio il suo punto di riferimento.
Infatti, nel romanzo Ippolito si cimenta a riprodurre l’antico bassorilievo affisso nel tempio dei dio della sua città.
Da qui i riferimenti archeologici del romanzo, perché la tavoletta fittile è stata rinvenuta da Paolo Orsi nel 1902 in contrada S. Maria.
Inoltre, le maschere del teatro di Menandro sono state ricostruite dall’autore in tutti i 44 esemplari e sapientemente studiati in un saggio pubblicato qualche anno fa.
Un libro che porta il lettore nel nostro glorioso passato magno-greco, sapientemente scritto da un uomo che ha fatto della storia, dell’arte e della cultura la sua ragione di vita.

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