Il Natale della Nicotera di un tempo – anni 50 del secolo scorso – aveva tradizionalmente inizio nel mese di novembre con la ricorrenza della Madonna della Scala. Era in questa occasione infatti che facevano la loro prima comparsa, per le vie del paese, gli zampognari e si cominciava ad invitarsi a vicenda, nelle case, per incontrarsi, stare insieme, chiacchierare, e giocare alla tombola.
Comunque, era solo con la novena dell’Immacolata che iniziava il calendario liturgico natalizio. Allora le liturgie delle varie festività si tenevano di sera senza la celebrazione della Messa – unica eccezione la novena di Santa Lucia celebrata al Rosario che si svolgeva di mattina e con la Messa – con la sola esposizione del Santissimo Sacramento nell’ostensorio e con la recita della novena. Particolarmente suggestiva era la novena che si svolgeva nella Chiesa Cattedrale – alla presenza dell’intero Capitolo e del Vescovo – che veniva per l’occasione, addobbata da preziosi paramenti. Contestualmente si svolgeva anche la festa di San Nicola che aveva il suo epicentro spirituale nella chiesa di Gesù e Maria, durante la quale veniva distribuito il grano cotto, tradizione quest’ultima che si conserva oggi solo nella piccola frazione di Comerconi. Ma le due novene veramente preparatorie del Natale nicoterese, erano sicuramente quella di Santa Lucia che si svolgeva nelle prime ore del mattino nella chiesa del SS Rosario e quella che si teneva nella chiesa di San Giuseppe (e che veniva svolta mezz’ora prima al fine di consentire alla classe operaia di poter soddisfare alle necessità del proprio lavoro). Quest’ultima, annunziata dal suono a festa delle campane, un ora prima, avevo inizio alle cinque ed era allietata dalla lettura magistralmente eseguita da Giovanni Rubino, al quale faceva poi seguito il Responsorio e un canto tradizionale di Natale. Al termine di questa funzione, alcuni poi, si riunivano a casa degli amici per sorbire il primo caffè della giornata accompagnato dai biscotti rigorosamente fatti in casa.
Era solo dopo questa festività che avevano inizio i lavori di preparazione del Presepe. Solo quello perché non era ancora venuta la moda dell’albero di Natale. Quello della Chiesa del Rosario era preparato dai cosidetti “rosarianti” (Nino Pagano, Ciccio D’Ambrosio, Raffaele D’Ambrosio), il cui arredamento ottocentesco era stato predisposto ai tempi del Cantore Carlo Raimondo, mentre i pastori in gesso erano stati comprati a Napoli a cura e spesa dell’omonima Confraternita. Più grande e maestoso, era però il Presepe che si realizzava in Cattedrale, alla cui preparazione era addetto Pasquale Barbalace senior con l’aiuto di Nino Pagano e Nino Monaco. L’arredo di questo presepe, era stato acquistato nel 1926 a Lecce dal cantore Carlo Brancia e dal Canonico Teologo Lorenzo Galasso ad opera del Circolo Cattolico Operaio San Giuseppe, col contributo del Vescovo Cribellati, dei fedeli della Chiesa cattedrale e di una pubblica sottoscrizione, ed era in cartapesta. Alcune delle statuine sono ancora oggi custodite nel Museo Diocesano di Nicotera. I presepi delle case private erano naturalmente più semplici ma di certo non meno suggestivi ed erano realizzati con il sughero, con i celebri “prazzi” (il muschio) e impreziositi con rametti di mirtillo, arance, mandarini. Pensate che la realizzazione delle statuine e dei pastori aveva inizio, ovviamente in loco, già nel mese di Settembre utilizzando la creta rossa di località Vasia che veniva abilmente lavorata da artisti artigiani come Nino Muzzopappa, Salvatore Calogero e ancora Pasquale Barbalace senior. E sempre nel Museo diocesano cittadino si trova una cassetta, con gli stampi in creta, utilizzati da Pier Domenico Calogero prima e suo figlio Salvatore.
La sera del 15 Dicembre, aveva inizio in Cattedrale la novena di Natale, sempre alla presenza del Vescovo, mentre nelle altre chiese, si doveva aspettare la mattina del 16 dicembre. Il giorno di Natale poi, il calendario liturgico del tempo, imponeva al sacerdote la celebrazione di ben tre messe, quella di mezzanotte, dell’alba e del mattino.
Ma la cerimonia più suggestiva avveniva forse la notte del 31 Dicembre. Era antica regola, che a questa vi partecipasse il Capitolo Cattedrale nella sua interezza, i religiosi, i seminaristi le Confraternite ed i responsabili delle associazioni cattoliche cittadine (Acli, Fuci, ecc.) e la Chiesa Cattedrale era illuminata a giorno e decorata con i damaschi rossi settecenteschi dono di papa Clemente XIV. Una volta raggiunto il trono, il vescovo, se presente, o in sua assenza, il Vicario generale, si toglieva la cappa magna ed indossava un prezioso piviale, una sicura reminiscenza del cerimoniale spagnolo. Dopo l’omelia tenuta dal celebrante, vi era la intonazione del “Te Deum” cantato a strofe alternate tra la schola cantorum ed i membri del Capitolo. La notte di Capodanno si passava insieme fino alla mattina successiva giocando e divertendosi. Poi ancora un volta ci si recava a Messa prima del tradizionale pranzo, luculliano come quello natalizio.
Le fetsività avevano fine con la ricorrenza dell’Epifania, la cui Messa solenne nelle chiese cittadine era celebrata al consueto orario domenicale, mentre in Cattedrale, il pontificale con la discesa della stella era sempre presieduto dal vescovo. La sera, nelle case, le famiglie procedevano al rito della discesa della stella, analogamente a quanto avveniva la vigilia del Natale ed al bacio del Bambino. La stella scendeva dall’alto del soffitto unitamente all’angelo anch’esso illuminato, poi si procedeva alla processione per i vari locali della casa al canto del “Non più sonno ai tuoi bei lumi” e si baciava il Bambino e dopo, mentre gli adulti si riunivano nuovamente a giocare, i bambini andavano a letto mettendo la calza appesa alla testata del letto.
Fin qui l’aspetto religioso. Ma anche a quei tempi ci si divertiva. Intanto ogni avvenimento sia pubblico che privato veniva osannato e quindi reso di dominio pubblico per mezzo di madrigali o lunghe filastrocche a rima baciata o alternata in cui spadroneggiavano Armando Bevilacqua, il Cancelliere Gaglianò, Ciccio Lapa, Clemente Paparatto, Ciccio Brancia e Pasquale Barbalace senior. E mentre di giorno, la vita quotidiana si svolgeva all’insegna della radio, che accesa a tutte le ore ed a tutto volume, diffondeva nelle strade le canzoni melodiche, la sera (mentre le strade erano pieni di capannelli di gente che chiacchierava e non una sfilata di macchine come oggi) e la notte, si svolgevano le serenate – vi si distinguevano come chitarristi Peppino Aragona (mandola), Eugenio Scià (chitarra) ed altri nonché MicuccioDi Maggio come cantante – da dedicare non solo alla propria ragazza ma anche agli amici in genere e che si concludevano con corpose scorpacciate, nonostante le ore piccole, poiché in ogni casa nicoterese c’era sempre un qualcuno che sapeva suonare la chitarra. In piazza si proiettavano poi i film e tutto il paese, senza distinzione di sesso, di razza o di età, vi si recava, portandosi dietro la sedia per seguire il tutto comodamente.
Ci si riuniva poi nelle case, non solo per giocare, ma anche per ballare. I balli che andavano per la maggiore erano il valzer, il tango, la mazurca, la polca, il ritmo, ma anche il fox trot ed il passo doppio. Avvincente era poi la quadriglia comandata da un esperto che guidava gli altri esprimendosi in un francese “maccheronico” e che terminava con una sola coppia vincente mentre le restanti coppie via via dovevano pagare i cosiddetti pegni.
In quel tempo la vita commerciale qui a Nicotera era molto intensa e vi si trovava ogni mercanzia, il che richiamava un sacco di gente dai paesi viciniori. Dalle vetrine dei negozi o all’interno degli stessi, facevano bella mostra di sé, i dolciumi caratteristici del Natale, il torrone e le susumelle o pitte di San Martino. Naturalmente andavano di moda quelli provenienti dalla ditta Cardona di Bagnara portati dalle “bagnarote” ma era molto apprezzati anche i torroncini ed altro genere di dolciumi prodotti dai primi bar locali. Lo spumante non si conosceva ancora ma imperava sempre il rosolio fatto in casa con le componenti che si trovavano presso il negozio di Vincenzo Corso…..