Si terrà sabato 21 aprile alle ore 18.00 al Castello Murat di Pizzo Calabro la presentazione del libro “Maligredi” di Gioacchino Criaco.
L’evento è stato organizzato dalla cooperativa Kairos con la collaborazione dei ragazzi del servizio civile nazionale in forze al comune napitino.
A discutere sul libro in questione oltre allo stesso autore, la giornalista del “Quotidiano del Sud” Erica Tuselli e il docente universitario Nicola Fiorita.
“Esiste una generazione di calabresi cresciuta fra cunti, miracoli di santi e dèi – si legge sul sito libreriauniversitaria.it a proposito della trama del libro di Criaco – e a quei tempi il furto era vergogna, il sopruso arroganza, e nelle rughe di Africo insegnavano a non frequentare i peggiori. La mafia, che c’era stata, che c’era, vedeva restringersi rancorosa il proprio spazio. A quei tempi cresce Nicola, e con lui gli amici Filippo e Antonio, compagni di avventure. Ragazzini che vanno a scuola – o meglio, che la marinano – e, all’insaputa delle famiglie, si avvicinano alla piccola criminalità. Ma l’arrivo improvviso di Papula, un ragazzo più grande che lavora in Germania e torna in paese parlando di rivoluzione, solleva un vento nuovo per tutto l’Aspromonte e fa sognare gli uomini, le donne e i ragazzini. E allora prende a pulsare la protesta operaia e si diffonde il cooperativismo contadino. È il Sessantotto aspromontano che fa nascere la speranza di fondare un mondo nuovo, di ottenere diritti: i poveri scoprono di avere bocca e idee; le donne trovano il coraggio di scioperare contro gli gnuri e si legano le une alle altre, di paese in paese, in una sorta di sorellanza del sudore; i figli si rivoltano contro i padri, i fratelli contro i fratelli. E poi tutti, insieme, contro i compari. Lo Stato, invece, si mette dalla parte del potere locale, dei malandrini, di coloro che per mantenere i propri privilegi sono pronti ad azzannare alla gola i migliori. È così che nell’Aspromonte arriva la maligredi, ossia la brama del lupo quando entra in un recinto e, invece di mangiare la pecora che gli basterebbe per sfamarsi, le scanna tutte. E quando arriva, racconta Criaco, la maligredi “è peggio del terremoto, e le case che atterra non c’è mastro buono a ricostruirle”.
Gioacchino Criaco – lo ricordiamo è nato ad Africo, un piccolo centro della costa ionica calabrese. Figlio di pastori, in giovane età inizia a meditare su una nuova trattazione letteraria dell’Aspromonte e luoghi limitrofi, data la scarsa divulgazione degli stessi[1]. Dopo la morte di Corrado Alvaro infatti, c’è stato bisogno di aspettare vent’anni per veder nuovamente i riflettori puntati sull’Aspromonte, e stavolta non per un’opera letteraria bensì a causa del fenomeno sequestri, che a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo ha ridotto l’immagine della montagna calabrese a una vera e propria foresta intricata e maledetta. Si diploma presso il liceo scientifico “Zaleuco” di Locri, e si laurea in giurisprudenza a Bologna. Esclude l’attività forense per avvicinarsi al mondo della letteratura calabrese, in quel momento assai sparuto. Dopo anni di sperimentazione, nel 2008 pubblica Anime nere, il suo primo romanzo, di grande impatto socio-culturale. Inaugura così il noir di matrice calabrese. Criaco racconta e descrive quelle realtà minori al limite della civiltà che, nonostante facciano parte di un contesto territoriale inserito in una nazione sviluppata e democratica, sembrano continuare a vivere di leggi e tradizioni proprie, a dimostrazione di una distanza fisica e politica forse irriducibile.
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