Davanti al luogo dell’eccidio, dove 40 anni fa è stato assassinato dalla mafia l’allora presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, si è tenuta la cerimonia commemorativa. Cinque corone di fiori, tra cui per la prima volta quella del governo, sono state posizionate ai lati della targa, in via Libertà a Palermo. Presenti i familiari, tra cui figli e nipoti di Mattarella. Per il governo presente il ministro del Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano. Presenti anche le massime cariche istituzionali siciliane: il governatore Nello Musumeci, il presidente dell’Assemblea siciliana Gianfranco Miccichè, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Numerose anche le autorità civili e militari. Subito dopo il sindaco Leoluca Orlando ha intitolato a Piersanti Mattarella il Giardino Inglese, che da oggi è diventato “Parco Piersanti Mattarella – Giardino all’inglese”. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è poi spostato nella Sala d’Ercole dell’Assemblea regionale siciliana per prendere parte alla seduta solenne convocata per rendere omaggio a Piersanti Mattarella. Ad accoglierlo l’Inno d’Italia.
Accanto al presidente della Repubblica la figlia e i due nipoti, figli di Piersanti, Maria, segretario generale della Regione e Bernardo che è stato deputato dell’Ars. Tra i presenti la deputazione regionale, il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, e il governatore Nello Musumeci. In apertura di seduta, la nuova Biblioteca dell’Assemblea regionale siciliana è stata intitolata all’ex presidente della Regione, Piersanti Mattarella su decisione del consiglio di presidenza di Palazzo dei Normanni.
Micciché: “Chi fa politica metta in atto il suo modo di fare”: “Piersanti Mattarella non è soltanto una figura da ricordare. Le sue intuizioni e il suo modo di fare politica vanno letti e studiati, e per quanto possibile imitati dai giovani che si avvicinano alla politica”. Così il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, nel suo discorso di apertura della seduta solenne in ricordo dell’ex presidente della Regione Siciliana.
Provenzano: “Fu dichiarazione di guerra contro lo Stato”: “L’omicidio di Piersanti Mattarella fu la dichiarazione di guerra della mafia allo Stato. La mafia non ha vinto, le istituzioni hanno vinto reagendo e esprimendo una legislazione antimafia che il mondo ci invidia. La mafia non ha vinto però non ha neanche perso. Il lavoro di Mattarella va completato. La Sicilia deve avere le carte in regola come il Sud e l’Italia intera. L’impegno e la lotta per lo sviluppo non possono essere slegati dalla lotta alla povertà, alla mafia e alla corruzione. Questa città 40 anni dopo l’omicidio del presidente della Regione è molto cambiata. Io sono nato dopo l’omicidio di Piersanti Mattarella e penso a tutto quel tempo che è passato, ai familiari che ancor aspettano parole di verità per quell’omicidio. Sappiamo che si sono riaperte inchieste che gettano ombre inquietanti sull’intreccio tra mafia e politica. Noi attendiamo fiduciosi gli esiti ma sappiamo benissimo cosa significò quell’assassinio che fu una dichiarazione di guerra, un atto di guerra della mafia allo Stato. A 40 anni di distanza dalla morte di Piersanti Mattarella emerge sempre di più la levatura nazionale della sua figura. Un uomo che ha tenuto alta la dignità della politica e delle istituzioni, oltre che il nome della Sicilia e di Palermo, nella sua battaglia per lo sviluppo e contro la mafia”. Lo ha detto il ministro Giuseppe Provenzano.
Fioravanti: “Non ho ucciso io Mattarella”: “Il 6 gennaio del 1980 non ero a Palermo”. Lo ribadisce in un’intervista al Sicilia.it Valerio “Giusva” Fioravanti, ex terrorista neofascista, condannato all’ergastolo per svariati omicidi compiuti nei cosiddetti anni di piombo. Il suo nome recentemente era stato nuovamente tirato in ballo proprio per l’omicidio dell’allora presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, avvenuto a Palermo. Fioravanti si dice “favorevole alla stessa collaborazione che diedi a Falcone a suo tempo”, quando, cioé, disse al magistrato che indagava che gli sarebbe potuto convenire fare qualche nome, indicare un mandante e ottenere sconti di pena, “ma non l’ho fatto e invece dissi a Falcone: ‘io non c’entro niente. Continui a indagare. Non si accontenti di questa facile verità servita su un vassoio d’argento’. Questa è la risposta che ho dato a Falcone e questa è la risposta che, con molto garbo e molto rispetto, darei a chiunque anche oggi”. “Un colpevole esiste, credo si chiami Madonia… Una suora che lo ha incontrato mi ha raccontato che Madonia si vantava di avere ucciso Mattarella”, conclude Fioravanti.
Leoluca Orlando, sindaco di Palermo: “Fare Memoria”: L’intitolazione del Giardino Inglese a Piersanti Mattarella “serve a fare memoria e conferma l’ammirazione per Piersanti Mattarella. Il parco è in via Libertà dove Piersanti ha vissuto ed è stato ucciso ed è delimitato dal viale Carlo Alberto Dalla Chiesa: è un monito che vale per oggi e per domani”.
La ricostruzione del procuratore Caselli: “Quarant’anni fa, la mattina del dicembre 1980, Cosa nostra uccideva a Palermo Piersanti Mattarella, esponente di rilievo della Democrazia cristiana, convinto sostenitore di una fase politica di apertura a sinistra. Come presidente della Regione Sicilia aveva avviato una coraggiosa campagna moralizzatrice all’interno del suo partito. Con l’obiettivo di allontanare i personaggi più compromessi con la mafia e di ripristinare la legalità nella gestione della pubblica amministrazione, specie in materia di appalti”. Così Gian Carlo Caselli, ex capo della Procura di Palermo, in un intervento sul Corriere della Sera.
“L’omicidio Mattarella si caratterizza perché assume i contorni di uno psico-dramma di cui la classe dirigente nazionale – prosegue Caselli – appare come la vera protagonista e destinataria, rivestendo tutte le parti del dramma. Quella (facente appunto capo a Mattarella) di chi vorrebbe inaugurare una nuova stagione di auto-riforma della politica, rescindendo ogni rapporto con la mafia ed i suoi alleati. Quella opposta, formata dai peggiori esponenti della corrente andreottiana della Dc regionale, fra i quali i cugini Salvo e l’on. Lima (che assieme a Giulio Andreotti – come accertato nel processo di Palermo a suo carico – addirittura parteciparono a summit con i vertici di Cosa nostra per discutere il ‘caso’ Mattarella). Quella pavida o anche solo rassegnata alla sua impotenza, che fu lo stesso Mattarella a dover constatare, quando – pochi mesi prima di essere ucciso – si recò a Roma per denunziare il suo progressivo grave isolamento, ricavandone la sensazione di essere ormai consegnato al suo destino di morte (di ciò ha testimoniato nel 1981, nel processo per l’omicidio Mattarella, la sua capo di gabinetto)”.
Fonte Rainews