Un esposto, il secondo dopo quello presentato a novembre alla Procura della Repubblica nei confronti del sindaco Pantaleone Mercuri, è stato inoltrato, a firma del consigliere comunale Giuseppe Manco, al Prefetto di Vibo Valentia.
L’ex esponente di “Risorgi Limbadi”, eletto a settembre in seno alla maggioranza, denuncia il fatto di essere stato “messo alla porta”, a suo dire immotivatamente, dal primo cittadino che non solo, nonostante l’ampio consenso popolare, lo ha escluso dalla figura di assessore, ma gli ha negato la nomina di presidente del consiglio. Una vicenda per la quale Manco ha ufficializzato l’uscita dalla maggioranza e la sua permanenza in consiglio come indipendente. Una vicenda che, per Manco, dal lato squisitamente amministrativo, merita di essere approfondita.
“A determinare il mio appoggio al progetto di Pantaleone Mercuri – afferma Manco – è stata l’intermediazione, per così dire, del signor Francesco Limardo, una sorta di “sponsor” politico che ha fatto di tutto, peraltro in maniera affatto legittima, per far quadrare le cose a vantaggio dell’ex dirigente Asp. E sempre con Limardo, e con il pieno e consapevole appoggio dell’attuale sindaco, abbiamo concordato che in caso di vittoria avrei rivestito il ruolo di presidente del consiglio. Non un ruolo di “manovra”, quindi, dotato di particolare iniziativa o di ampio “portafoglio”. Un ruolo, però, che giudicavo consono alle mie attitudini e che mi avrebbe dato la possibilità di esplicare ed implementare idee che ritengo e ritenevo utili per la comunità”.
Una volta “stipulato” l’accordo politico, Manco avrebbe, a suo dire, contribuito in maniera determinante alla vittoria della lista capeggiata da Mercuri, con circa 200 voti.
“Ora – dichiara -, all’indomani del voto l’accordo non solo non è stato onorato, in spregio alla fiducia di ben 200 elettori limbadesi, ma mi sono ritrovato completamente isolato. Non una telefonata, non un messaggio, non una iniziativa di carattere politico o amministrativo mi è stata comunicata. Vero è che iniziative sostanziali non ne sono state poste in essere, ma anche la stasi e le sue ragioni, per quanto incomprensibili, andrebbero partecipate ai membri di una maggioranza. Mi sento di sottolineare che non è stato formalizzato al sottoscritto alcunché nemmeno in termini di sfiducia politica, e men che meno sul piano personale, se non tramite l’insinuante avvicinamento di terzi, i classici “amici e parenti”, propalatori di un futuro personale migliore. Al quale io non ambisco, se non nel senso di un miglioramento della qualità della vita della mia comunità alla quale intendo contribuire con le mie umili capacità”.
Ora, Manco “a valle di tanto assordante silenzio politico” si ritrova da cittadino, prima che da consigliere investito della fiducia di una cospicua fetta della popolazione, davanti ad una situazione “abbastanza preoccupante”.
Il signor Francesco Limardo – dichiara il consigliere comunale -, si ritrova la figlia Alessandra e il cugino di primo grado Francesco, rispettivamente assessori al Bilancio e ai Lavori pubblici. I due incarichi di gran lunga più rilevanti. Il ruolo di presidente del consiglio, a me promesso, è andato ad un cugino del nipote del sindaco, quel Giuseppe Mercuri indagato in Rinascita Scott. Del resto della compagine amministrativa se ne è occupata la stampa, ritengo a sufficienza. E sottolineo che nel caso di Limardo Francesco e del presidente del consiglio, non è stata seguita alcuna logica politica. Né sul fronte del consenso, né delle competenze. A volerla trovare una ragione valida non la si scorge nemmeno in lontananza. Per non parlare degli altri incarichi. Non accetterò certamente, per indole ed etica personale, di rimanere relegato in un silenzio complice di un progetto abbastanza evidente: tirare a campare cinque anni a scapito della collettività. Volevo porre all’attenzione la più assoluta inerzia dell’amministrazione su qualsivoglia fronte, eccezion fatta per le iniziative dell’Asp per l’emergenza Covid. Che non giustifica la sistematica e preoccupante elusione di doveri precipui di un pubblico amministratore. Se a questa, poi, si accompagna l’endemica tendenza calabrese e meridionale al familismo il quadro diventa ancora più torvo. Il familismo tout court, che già struttura e innerva un quadro istituzionale della nostra regione logoro di suo, può diventare in un attimo immorale. Che nessuno pensi di interpretare la cosa pubblica come cosa propria”.