Drapia: La Cittadella di Padre Pio

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Qualche giorno fa insieme all’Auser Madre Teresa di Calcutta di Taurianova, presieduto dalla dott.ssa Rosa Romeo, ho  conosciuto una preziosa realtà presente nella nostra Regione e precisamente a Drapia (VV): la cittadella di Padre Pio, il primo edificio  Ospedale di Comunità Post Oncologico Pediatrico, un’ opera che  unisce scienza, fede e amore, fortemente voluta da  San  Padre Pio e affidata a Irene Gaeta sua figlia spirituale.

La signora Gaeta(nata a Lanciano in Abruzzo e romana d’adozione) nella sua straordinarietà, attraverso la sua dolcissima voce, ha raccontato la genesi del progetto.

“Ho sempre lavorato nel mondo della moda, avevo a Roma  in via Frattini, una sartoria e le mie clienti erano le star italiane ed internazionali, quando  mi apparve Padre Pio.

Preciso che l’avevo  già visto in bilocazione quando avevo 9 anni.

Lui mi chiedeva sempre di aiutare i poveri, suggerendomi quello che dovevo fare.

Correva l’anno 1962 e un giorno  mi disse che gli mancava un calice, io risposi che in quel momento non mi era possibile, perché lo voleva in oro.

Subito dopo mi telefonò un’attrice e mi ordinò 15 vestiti , ne confezionai 11,  guadagnando 550 mila lire, comprai il calice e glielo portai.

Quel giorno Padre Pio  mi disse che c’era bisogno di un’anima, disposta ad offrirsi al Signore, ed io subito manifestai il desiderio di offrirgli la mia.

Dopo qualche giorno mi telefonò e mi chiese di andare a trovarlo.

Padre Pio mi disse che Dio mi aveva gettato insieme a lui ai piedi del Crocifisso, ed io sarei rimasta con Lui fino alla fine.

Inoltre mi promise che mi avrebbe regalato la croce della sua vestizione.

Quando Padre Pio morì, mi chiamarono  e  mi consegnarono proprio quella Croce, che nel corso del tempo ha illuminato tante persone.

Come lo stesso Padre Pio mi aveva  più volte promesso, la Provvidenza non è mai mancata”.

Continuando la signora Gaeta ha sottolineato che l’opera è frutto di sacrifici e donazioni e porterà tantissime conversioni, perché la preghiera fa miracoli.

In principio  la signora Gaeta non voleva venire in Calabria, non era la sua terra, ma  sull’insistenza di Padre Pio, che  le spiegò tutto,  si avventura a cercare la terra che le aveva fatto vedere San Pio in una delle visioni e, alla fine, dopo tanto peregrinare, riconosce il luogo sulla mezza collina di Drapia, sul golfo di Tropea, che Padre Pio le aveva fatto vedere in sogno.

Non fu facile all’inizio, ottenere tutti  permessi e le documentazioni per potere iniziare i lavori: dalla pulizia, allo sbancamento, agli scavi, alle costruzioni.

Le autorità calabresi, nella fase iniziale erano un pò indifferenti, diverse persone  che erano accanto a Irene Gaeta premevano per abbandonare l’idea, in quanto si sarebbe tratto di un sogno irrealizzabile.

Ogni volta che si veniva a proporre questa decisione, Padre Pio si faceva fisicamente sentire dicendo alla sua Figlia Spirituale: “Vai avanti! Vai avanti!”, invitandola ad avere fede.

La signora Gaeta decise così di  proseguire, affiancata anche dalla figlia Anna, architetto negli Stati Uniti.

Dopo avere visionato  tanti progetti  mirati per la costruzione dell’opera,  la signora Gaeta  si rivolge all’Architetto Luciano Messina.

A lui Irene Gaeta chiede fermamente di realizzare il progetto definitivo con l’obbligo di rispettare il delicato equilibrio eco-ambientale del posto.

Nasce una équipe di lavoro intorno al professionista con la quale viene confezionato il “Progetto della prima pietra”.

Subito dopo  l’arch.  Luciano Messina, afferma: ” Tutto quello che vedete è la fiera dell’impossibile. Io mi sono occupato della progettazione e della direzione dei  lavori.

Questo era un terreno agricolo e non si poteva parlare di ospedale.

Posso dire che dopo una notte insonne e dopo aver pregato Padre Pio, in un quarto d’ora ho preparato il progetto.

La struttura ha una serie di segni e significati, prevale il numero 12 che è il numero della Chiesa di Cristo.

Tutto è 12 nella chiesa, come per esempio i 12 apostoli.

Per adesso sarà ospedale di comunità , si potrà fare diagnosi e cure ed accoglierà 20 bambini.

Questo è solo l’inizio, il primo tassello perché Padre Pio ha promesso a “mamma Irene” che sarà un grande ospedale oncologico pediatrico, dove arriveranno da tutto il mondo e sarà un punto  fermo per Malta e il Corno d’Africa.

Sono inoltre previsti laboratori di microbiologia con prestazioni certificate, anche perché  uniche  sono le caratteristiche della terra, delle erbe e dell’acqua.
È scientificamente provato che la nutrizione ha un ruolo fondamentale nel percorso terapeutico e riabilitativo dei pazienti oncologici.
Attraverso l’analisi con strumenti all’avanguardia verificheremo la sicurezza

Saranno utilizzate al meglio le proprietà delle piante officinali autoctone del territorio di Drapia, che si sono dimostrate molto più ricche di principi attivi rispetto a quelle che crescono in altre zone”.

In seguito  su  sollecitazione della signora Irene è nata l’Associazione dei Discepoli di Padre Pio che, seguendo l’esempio e l’insegnamento di San Pio da Pietrelcina, persegue finalità di solidarietà e opera anche per dare seguito all’indicazione di Padre Pio di realizzare la grande opera.

Nella prima pietra è stata incastonata una reliquia del Santo di Pietrelcina oggi divenuta oggetto di culto.

Inoltre  è presente la  grotta della Madonna di Lourdes , realizzata in travertino proveniente dalla cava Paradiso di Rapolano in provincia di Siena.

Ringrazio la dott.ssa Rosa Romeo presidente dell’Auser Madre Teresa di Calcutta di Taurianova e il dott. Giovanni Calogero per l’impegno profuso e per essere stato eccellente guida.

Ringrazio “mamma Irene” perché parlare con lei è stato un momento di grazia, un regalo dal Cielo.

Ai piedi della Madonna di Lourdes  ho provato un’emozione indescrivibile.

Concludo con il messaggio che Padre Pio diede a “mamma Irene”:

<<Figlia mia, in Calabria devi fare un Santuario, un Ospedale Pediatrico, un Centro di Ricerca e un Villaggio per i sofferenti.
Perché i bambini fin dal grembo materno nasceranno con il tumore ai polmoni, al sangue e altrove e si dovranno curare con le medicine naturali, le erbe che nascono lì e l’acqua che scorre là>>.

Caterina Sorbara

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