Il Parco Archeologico di Mileto Antica sorge sull’antica città rasa al suolo dal terremoto del 1783. Un primo insediamento risale all’epoca romana, ma il periodo in cui la città di Mileto visse il maggiore splendore è sicuramente il periodo della dominazione normanna.
Secondo quanto riportato dal cronista Goffredo Malatterra, la campagna di conquista della nostra regione da parte dei normanni fu rapidissima – appena cinque anni – certo ben poca cosa rispetto ai sei secoli di dominazione bizantina, anche se va sottolineato che numerose fortezze (Castrovillari, Montalto, Cosenza, Martorano, Malvito, Maida, Nicastro, Oppido, Cassano, Rossano, Squillace, Stilo, Scilla, Scalea, Tropea) caddero in mano dei nuovi arrivati in un arco tempolare più lungo, cioè dal 1054 al 1065. Tra questi centri, vi era anche Mileto che venne strappato alle forze bizantine da Roberto il Guiscardo e venne poi concesso nel 1059, a Ruggero, il più giovane dei suoi fratelli.
Da allora Mileto divenne residenza abituale del conte. Da quello stesso anno il castrum, da lui adeguatamente trasformato andò infatti acquistando sempre maggior peso nella politica espansionistica normanna, tanto da divenire ben presto capoluogo di quella che fu definita provincia Melitana. Ruggero infatti, pur avendo, infatti, costituito in Sicilia, a Troina, una specie di centro amministrativo e burocratico dei suoi domini, per il resto preferiva trascorrere parte del suo tempo a Mileto, dove alla fine morì e per un certo tempo furono custodite le sue spoglie, facendone uno dei poli più cospicui della regione, affidando ad esso un ruolo ben preciso nell’organizzazione amministrativa, economica e religiosa del territorio, e sanzionandone la supremazia sulla restante regione con l’istituzione di una zecca prima e facendola poi elevare a diocesi.
L’area occupata dalla città antica appare oggi come una vasta congerie di ruderi. Le scarse risorse economiche disponibili, per le istituzioni preposte alla ricerca e alla tutela, non hanno consentito fino ad ora di portare avanti scavi archeologici e letture stratigrafiche degli alzati finalizzate alla comprensione ed allo sviluppo della città normanna e prima ancora dell’insediamento bizantino. Le campagne di scavo di tipo scientifico sono state poche e limitate a pochi giorni di intervento (nel 1995 e nel 1999 e in diversi periodi degli anni successivi). In precedenza Paolo Orsi, nel 1916, aveva condotto una breve campagna di scavo durante la quale era stato messo in luce il piano della basilica, che aveva evidenziato la presenza di marmi, colonne e capitelli e cornici decorate da ovoli e fogliame sparsi per tutta l’area circostante. L’area abbaziale, sulla base degli scavi recenti, risulta costruita su un banco di arenaria bianca che, relativamente alla parte indagata, non presenta tracce di costruzioni antecedenti. Sulla base dei materiali ritrovati è stato possibile stabilire che la pavimentazione dell’importante struttura era stata realizzata in porfido rosso e serpentino verde connessi sicuramente all’attività di spoglio di altri monumenti più antichi. Non sono molti i resti riconducibili alla fase romanica della chiesa, sia perché l’area indagata non è molto estesa ma anche per via del fatto che nell’area sono avvenuti molti cambiamenti. Nonostante la limitatezza del tempo è stato possibile incrementare la conoscenza su alcuni particolari aspetti scaturiti ad esempio dal recupero di diversi frammenti vitrei riconosciuti come i resti delle ampie vetrate di epoca normanna.
Interessanti i reperti ceramici anche se in massima parte si tratta frammenti recuperati genericamente nell’area e quindi decontestualizzati. Vanno ricordate le ceramiche dipinte a bande rosse con motivi decorativi costituiti da spirali oppure da onde, o ancora le cosiddette invetriate monocrome dipinte, che accanto a quelle acrome (prive di decorazione) e da fuoco costituiscono le classi più numerose. Al XII secolo sono riconducibili alcuni frammenti di ceramiche dipinte ed invetriate su ingobbio pertinenti a forme quali bacini, coppette troncoconiche ed emisferiche, apode (senza piede) o con piede ad anello. La decorazione è espressa da virgole in rosso alternate da filetti concentrici in nero manganese, oppure da puntini in rosso alternati da filetti lineari sempre in manganese. Anche i motivi zoomorfi (con soggetti animali) sono rappresentati insieme a quelli antropomorfi (figure umane) come ad esempio la coppetta con cavaliere e cavallo dove viene usato anche il colore blu.
Da evidenziare che negli ultimi anni per opera dell’archeologo Francesco Cuteri è ripresa, seppur lentamente, l’attività di scavo nel Parco archeologico, nel frattempo costituito. La maggiore attenzione è stata riservata al momento alla zona relativa all’antico episcopio e alla cattedrale posti all’interno del perimetro cittadino. Notevoli e altamente promettenti sono stati i ritrovamenti fatti nel corso degli ultimi dieci anni con campagne di scavo e sondaggio mirate anche se brevi. A Maggio 2015 è iniziata una nuova campagna di scavi all’interno del Parco Archeologico, che si è conclusa a fine Novembre 2015, lavori facenti parte del POR Calabria FESR 2007 – 2013 ed eseguiti dall’ Impresa Icogen srl di Vittoria ( RG ). Questi ultimi lavori non soltanto sono stati indirizzati allo scavo e quindi al ritrovamento di una grande quantità di reperti di notevole valenza scientifica, ma anche al miglioramento dei servizi dell’intero Parco, per una sua maggiore fruibilità e visibilità da un punto di vista turistico.
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