Il santuario della Madonna di Polsi (noto anche come santuario della Madonna della Montagna, in dialetto reggino A Madonna dâ Muntagna) è un santuario mariano situato presso la frazione di Polsi (Porsi nel dialetto locale) del comune di San Luca, in provincia di Reggio Calabria. È circoscritta fra i monti di una vallata nel cuore dell’Aspromonte a 865 m s.l.m. ed è attraversata dalla fiumara del Bonamico che, attraversando anche il paese di San Luca, conclude il suo corso nelle acque del mar Ionio.
Nel periodo che va da primavera ad ottobre, la zona intorno all’area sacra si anima con una consistente presenza di pellegrini, provenienti da tutta la provincia di Reggio Calabria, dalla provincia di Messina e da altre zone della Calabria. Nei pressi del Santuario si può ancora trovare qualche pastore sanluchese che pascola il gregge. I giorni festivi del Santuario sono: il 22 agosto: in cui parte la carovana a piedi dal paese di San Luca ed inizia la novena, il 2 settembre, giorno della festa solenne della Madonna di Polsi, il 14 settembre, ricorrenza della festa della Santa Croce di Polsi. Ogni 25 anni poi vi si celebra l’incoronazione della SS. Madonna di Polsi.
Originariamente, forse fu romitorio di uno o più monaci bizantini spinti verso i confini dell’impero dalla furia iconoclasta degli imperatori isaurici; o di qualcuno di quei monaci fuggiti dalla vicina Sicilia, sotto l’incalzare delle orde agarene durante la conquista araba dell’isola nel IX° secolo, ritiratosi in preghiera in quei luoghi solitari ed inaccessibili. Poi il sito fu abbandonato; forse a causa dell’estremo disagio e del rigore invernale. La leggenda vuole che nel secolo XI, nel posto dove ora sorge la chiesa, sia stata rinvenuta da un pastore, una strana Croce di ferro, dissotterrata miracolosamente da un torello. La Croce è tutt’oggi conservata nel Santuario. A questo miracoloso rinvenimento si fa risalire l’origine del monastero che fu, per alcuni secoli, sotto la cura dei monaci dell’ordine di San Basilio Magno, praticanti il rito greco. Fu questo il periodo spiritualmente più ricco e intenso del monastero. Il monastero era certamente, già, attivo nel 1453 quando ricevette la visita del monaco Anastasio Chalkèopoulos redattore di una mappa di tutti i conventi e le chiese della regione.
Verso la fine del secolo XV, il sacro luogo passò sotto il governo di Abati commendatari, spesso dimoranti lontano da Polsi, interessati soltanto alle ricche prebende e renditeIl Santuario subì un lento e graduale declino fino al secolo XVII. Fu durante la prima metà di questo secolo che, il Vescovo di Gerace Idelfonso del Tufo, iniziò un’ispirata opera di rinascita culturale e religiosa a favore del Santuario. Programmò ed eseguì una serie di lavori e ricostruzioni che in breve cambiarono radicalmente il pio luogo. Ingrandì la chiesa e la rese più accogliente, la impreziosì con stucchi e decorazioni, secondo l’uso del tempo;
fece di una piccola e modesta chiesetta di campagna, un vero tempio mariano, conservando, però, il bel campanile bizantino. Ripristinò il convento e le case intorno; ravvivò nel popolo della diocesi il culto e la fede verso la Madonna della Montagna, che del resto non si era mai spento. Il Santuario ritrovò lo splendore spirituale delle origini e divenne il santuario più conosciuto della Calabria, meta di pellegrini anche dalla vicina Sicilia.
Nel 1784 la Cassa Sacra, istituita per raccogliere fondi da destinare alle popolazioni colpite dal terribile terremoto del 1783, fece requisire al Santuario tutti gli arredi preziosi e le suppellettili sacre. L’ufficiale che eseguì la requisizione mise insieme più di un quintale tra oro e argento. Il Monastero subì anche la razzìa del bestiame e delle derrate alimentari.
Nella chiesa di Polsi si venera un bellissimo simulacro della Madonna, in pietra tufacea, scolpito a tutto tondo da maestranze siciliane o napoletane. Nulla si sa dell’arrivo di questa statua nella valle, a parte le leggende. Alcuni autori, tra i quali Corrado Alvaro, ritengono che il trasferimento sia avvenuto verso la metà del secolo XVI. Del secolo XVIII è, invece, la statua lignea della Madonna ; di essa si conosce la data d’arrivo a Polsi (1751) e il nome del donatore : Fulcone Antonio Ruffo principe di Scilla. Il reperto più misterioso e, per certi versi inquietante, è la strana piccola Croce di ferro, dalla cui asta centrale si sviluppano due braccia dalle volute irregolari e singolari, non riscontrabili in nessun altro tipo di Croce. Sarebbe la Croce scavata dal torello e rinvenuta dal pastore vagante per i monti, alla ricerca del bovino smarrito, da cui è nato il culto polsino. Il monastero conserva anche un’antica icona del tipo Brephokratausa del gruppo iconografico Odigitrìa (La vergine che reca il bambino). Notevole è la Via Crucis, con le stazioni in bassorilievi bronzei, culminante con la statua del Cristo risorto (opera dello scultore calabrese Giuseppe Correale) il cui itinerario si snoda, per più di un chilometro, su un’erta boscosa, tra castagni e querce centenarie. Dello stesso scultore sono le bellissime porte bronzee della chiesa, istoriate con episodi biblici e scene che ricordano i miracoli attribuiti alla Madonna. Preziosi anche i cancelletti della balaustra dell’altare maggiore, opera del celebre scultore calabrese Vincenzo Jeraci.
In un piccolo museo, all’interno del Convento, sono conservati oggetti preziosi di varie epoche, paramenti sacri, immagini, libri e pergamene, ex voto, che sintetizzano la vera storia del Santuario. Dopo il 1700, superata un’epoca di decadenza, il Santuario della Madonna della Montagna riprese vita, con pellegrinaggi frequenti da gran parte della Calabria e della Sicilia orientale.
I vescovi di Gerace (ora di Locri-Gerace) e i rettori del Santuario si sono gradualmente adoperati a meglio indirizzare una religiosità popolare non priva, nel passato, di aspetti truculenti (come lo strusciare la lingua per tutta la lunghezza della chiesa). Oggi i pellegrini esprimono la loro devozione con i canti e le tarantelle che precedono e seguono la celebrazione della messa, e con i doni votivi. Tra questi è tipico di Polsi che i genitori di bambini scampati a gravi malattie spoglino la loro creatura sull’altare della Madonna e regalino al Santuario il vestitino assieme a oggetti d’oro o somme di denaro.
Per moltissimo tempo il nome di Polsi è stato accostato a quello della ‘ndrangheta – che qui teneva summit e riunioni definite strategiche dagli inquirenti. In relazione a queste vicende, il vescovo di Locri-Gerace, Giuseppe Fiorini Morosini, in occasione della festa solenne 2010 della Madonna di Polsi, ha condannato le attività della ‘Ndrangheta ribadendo che le attività illegali nulla hanno da condividere con la fede cristiana.
Riappropriarsi di Polsi significa quindi anche riappropiarsi della legalità.
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