Dalle caverne preistoriche – leggiamo nel sito del Touring club italiano (associazione senza scopo di lucro, nata nel 1894, a Milano, e oggi, con i suoi circa 280 000 soci, una delle istituzioni turistiche con più iscritti d’Italia) – alle moderne metropolitane, sotto i nostri piedi esiste un “altro mondo”, affascinante e un po’ nascosto: il sottosuolo italiano è ricco di bellezze e di opere di ingegno, che si sono stratificate dall’antichità fino ad oggi”.
Questo mondo è stato esplorato e rccontato ora da Giovanni Caprara ed Elena Bauer nella nuova guida del Touring Club Italiano, intitolata appunto “Meraviglie sotterranee”. Questi luoghi – si legge ancora nel sito dell’associazione – sono siti di estremo fascino, che raccontano una storia e una cultura non ancora ben conosciute, una dimensione tutta da esplorare per capirne le potenzialità ieri, oggi e domani. Sottoterra ci si rifugiava, sotto terra si fanno stagionare formaggi e salumi, sottoterra si celebravano i culti dei primi cristiani, nelle segrete dei castelli venivano rinchiusi i prigionieri. La terra si scava per strapparle i minerali preziosi che custodisce, per realizzare metropolitane, gallerie e trafori, a volte trovando opere d’arte della natura come grotte scintillanti di stalattiti e stalagmiti.
Le “meraviglie” descritte nella guida – si legge ancora nello stesso sito – sono davvero tantissime e molto eterogenee; tutte, però, sono descritte con testi precisi e ritratte in immagini sorprendenti e affascinanti. Non mancano le informazioni pratiche, per visitare concretamente tutti i luoghi citati nelle pagine: uno dei criteri con cui gli autori hanno scelto un posto piuttosto che un altro è proprio la fruibilità del posto stesso. Si va dunque, dai Laboratori del Gran Sasso ai labirinti d’acqua di Brescia, dalla scuola Hannah Arendt di Bolzano alle cripte sotterranee di Venezia, dalle Regie Ghiacciaie di Torino alle prigioni del forte di Bard, dall’archeoristorante di Oderzo all’ipogeo celtico di Cividale, dal pozzo di S. Patrizio di Orvieto alle tombe decorate di Chiusi, dai Sassi di Matera ai frantoi ipogei del Salento, dalle grotte di Castellana alle miniere del Sulcis”.
La guida fa in pratica scoprire oltre 200 tra le più belle e incredibili meraviglie sotterranee della Penisola. Ebbene tra i luoghi censiti vi è anche la meravigliosa chiesetta di Piedigrotta nel comune vibonese di Pizzo Calabro. Un sito unico nel suo genere che – secondo lo storico Luigi Durante – viene citata per la prima volta dal canonico Ilario Tranquillo nel suo “Istoria apologetica dell’antica Napizia, detta oggi il Pizzo” del 1725 (…..”nella marina orientale presso il mare, à canto i scogli, nomati Pranci, vi è una chiesa, in uno scoglio incavata, sotto il titolo di Santa maria di Piedigrotta, la quale tira a sè i cittadini a visitarla, e riveriorla e con tenerezza di cuore, e con devozione assi grande“). Lo stesso canonico Tranquillo, scrive che i fondatori furono Giovanni Benedetto del Pizzo e Antonio suo figlio nell’anno 1675.
Lo storico Molè – in “Fasti e nefasti della città di Pizzo” opera del 1947 – ci dice poi che era stata eretta dentro una grotta ai piedi di una collina. Inizialmente, era un semplice ricovero per un quadro della madonna straordinariamente scampato ad una tempesta. Non è un caso che da centinaia di anni si tramanda la leggenda di un naufragio avvenuto intorno alla metà del ‘600: un veliero con equipaggio napoletano fu sorpreso da una violenta tempesta. I marinai – tutti di Torre al Greco – si raccolsero nella cabina del Capitano dove era custodito il quadro della Madonna di Piedigrotta e tutti insieme iniziarono a pregare facendo voto alla Vergine che, in caso di salvezza, avrebbero eretto una cappella e l’avrebbero dedicata alla Madonna. La nave si inabissò e i marinai a nuoto raggiunsero la riva. Insieme a loro, si poggiarono sul bagnasciuga anche il quadro della Madonna di Piedigrotta e la campana di bordo datata 1632.
Il sito però, fu poi arricchito con composizioni sacre dall’artista Angelo barone. Lavori eseguiti ai primi del 900, come attestato dallo storico Franco Cortese in “Genesi e progenie della città di Pizzo” quando l’artista “…ampliò la grotta a colpi di piccone e creò usando la roccia tufacea, gruppi di staute riproducenti scene riacavate dalla sacre scritture“. I lavori continuarono fino alla sua morte, nella primavera del 1915. Il figlio, Alfonzo Barone, volle continuare il lavoro del padre e ampliò ulteriormente la chiesa, realizzando altre statue, capitelli e bassorilievi. Nel 1969, lo scultore Giorgio Barone, nipote dei due artisti citati, di ritorno dal Canada, restaurò in parte le statue e scolpì due medaglioni raffiguranti Papa Giovanni XXIII e John Kennedy.
Vicino alla chiesetta vi sarebbe anche stato un Romitorio, poi scomparso ma citato dallo stesso Tranquillo. Chi vi entra riceve l’impressione di una atmosfera mistica ed è portato a credere che i due artisti siano stati ispirati da mano divina. La chiesetta è aperta tutti i giorni e vi si celebra messa il 2 luglio, in occasione della Madonna delle Grazie.
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