Inaugurato oggi il Parco archeologico di Sibari.

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Inagurato oggi alle ore 15.00 il Parco Archeologico di Sibari, uno dei più importanti parchi archeologici dell’Italia meridionale e tra i più vasti in Europa, basti pensare che si estende per circa 500 ettari. Il sito è sicuramente di straordinaria bellezza, nell’800 durante il Grand Tour attraverso i territori della Magna Græcia, per gli intellettuali dei tutta Europa, questo territorio era ancora considerato il viaggio “della vita”. Di questo posto, scriveva tra gli altri l’archeologo francese Francois Lenormant: “Non credo che esista in nessuna parte del mondo qualcosa di più bello della pianura ove fu Sibari. Vi è riunita ogni bellezza in una volta: la ridente verzura dei dintorni di Napoli, la vastità dei più maestosi paesaggi alpestri, il sole ed il mare della Grecia”.

Alla cerimonia di inagurazione interverranno: Adele Bonofiglio, Direttrice del Museo e Parco Archeologico di Sibari, Giovanni Papasso, Sindaco del comune di Cassano allo Ionio, Angela Acordon, Direttrice del Polo Museale della Calabria, Francesco Prosperetti, Soprintendente Speciale per il Colosseo e l’Area Archeologica di Roma, Dora di Francesco, Dirigente del Servizio Programmazione Strategica Nazionale e Comunitaria del Segretariato Generale, Salvatore Patamia, Segretario Regionale del Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo della Calabria, Beatrice Costa, Responsabile del Settore Programmi di Action Aid, Mons. Francesco Savino, Vescovo della diocesi di Cassano allo Ionio, Mario Oliverio, Governatore della Regione Calabria, e Dorina Bianchi, Sottosegretario di Stato al Mibact.

Sìbari – lo ricordiamo – fu fondata tra due fiumi, cui i coloni diedero il nome di Crati e Sìbari, alla fine dell’VIII secolo a.C. da un gruppo di Achei provenienti dal Peloponneso. Secondo Strabone, Sìbari fu fondata da Is di Elice. Sempre Strabone ci fa sapere che la città governò su quattro tribù e 25 città, fece guerre contro i Crotoniati con 300mila uomini e che i suoi abitanti riempivano un circuito di 50 stadi (circa 9 km).  La zona della Sibaritide fu il centro della civiltà degli Enotri, che ebbe la massima fioritura nell’Età del ferro, prima di essere spazzati via dai coloni greci giunti dall’Acaia nel 730-720 a.C. circa. I Greci sconfissero e ridussero i locali alla schiavitù, quindi fondarono Sibari (Sybaris), il centro della zona dove transitavano le merci provenienti dall’Anatolia, in particolare da Mileto. Nell’Antichità la ricchezza di Sibari era proverbiale, ma la sua sorte fu segnata, dopo la vittoria contro Siris (alleata a Crotone e Metaponto), dalla guerra contro Crotone. Il conflitto nacque probabilmente per ragioni di contese commerciali e culminò con la battaglia del Traente (510 a.C.), che vide la vittoria dei crotoniati, l’assedio di Sibari e, settanta giorni dopo, la sua distruzione, per la quale venne anche deviato il fiume Crati affinché passasse sopra le rovine della città sconfitta. I sopravvissuti di Sibari partirono per la madrepatria, dove ottennero l’aiuto di Atene per tornare in Calabria e fondare, nel 444 a.C. con altri nuovi coloni ateniesi, una nuova colonia sullo stesso sito, chiamata poi Turi. Il nuovo impianto della città fu progettato dal famoso architetto e urbanista Ippodamo. I conflitti però tra sibariti e ateniesi portò a un conflitto interno, che culminò con la cacciata dei sibariti. Nel 194 a.C. la città fu fondata nuovamente come colonia romana con il nome di Copiae, che fu presto cambiato nuovamente in Thurii. Continuò ad essere in un certo qual modo un luogo importante, posta in una posizione favorevole e in una regione fruttifera, e sembrerebbe che non sia stata completamente abbandonata fino al Medioevo. Dimenticata in seguito, i suoi resti vennero individuati scavati a partire dal 1932 e con particolare intensità dal 1969. Tutt’oggi sono aperti vari cantieri, per cui lo scavo è ancora lontano da essere esaurito.

Gli insediamenti protostorici sono testimoniati da alcuni siti della zona, come Castiglione di Paludi, dove esistono i resti di una necropoli dell’Età del ferro, databile al IX-VIII secolo a.C. I resti della città testimoniano inequivocabilmente l’impianto razionale ellenistico di Ippodamo, con strade che si intersecano ortogonalmente, mentre è scomparsa quasi ogni traccia della città precedente. Nella zona del “Parco del Cavallo” restano alcuni tra i resti più significativi, risalenti all’età romana. Si tratta di un quartiere organizzato in due grandi plateiai e un teatro. Nelle zone “Prolungamento Strada” e “Casa Bianca” si trovano altre sezioni. “Casa Bianca” in particolare ha una zona edificata del IV secolo a.C., con una torre circolare. Stombi infine mostra una zona urbana a insediamento misto, solo in parte riedificata dopo il 510 a.C., con alcune fondazioni di età arcaica, tra le quali un edificio modesto, pozzi e fornaci.

Le esplorazioni archeologiche nella prima metà del Novecento si erano limitate ad alcuni sopralluoghi da parte di Umberto Zanotti Bianco e, in seguito, anche di Paola Zancani Montuoro, che avevano consentito di mettere in luce resti di strutture antiche (essenzialmente di età romana, risalenti alla colonia latina di Copia, sorta sul sito di Thurii) nell’area di Parco del Cavallo. Campagne di scavo estensive e in profondità erano rese difficili dalle condizioni del terreno acquitrinoso e dalla falda affiorante, tale da richiedere un consistente supporto tecnico per l’aspirazione e il drenaggio dell’acqua. Solo alla fine degli anni Sessanta del Novecento si riuscì a varare un programma sistematico di scavi a Sibari e fra il 1969 e il 1974 vennero condotte regolari campagne di scavo, con saggi nelle località di Parco del Cavallo, Stombi, Prolungamento strada e Casa Bianca. Esse misero in luce, oltre ai noti resti di età romana, strutture risalenti all’età arcaica e classica, riferibili pertanto sia alla Sibari arcaica che ai successivi insediamenti fino a Thurii. I materiali, in massima parte soggetti a processi di fluitazione e dilavamento, corrispondevano a queste fasi cronologiche ma permettevano anche di risalire all’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C. e, quindi, all’epoca della presunta fondazione di Sibari, ovvero, ~720 a.C. Essi trovavano conferma e, in seguito, furono ulteriormente supportati dai ritrovamenti fatti nelle aree immediatamente a ridosso della piana di Sibari, come Francavilla Marittima (Timpone della Motta) e Torre del Mordillo. Nel frattempo l’intensificarsi delle ricerche di superficie e degli scavi in siti della Calabria settentrionale ha consentito di dare sempre maggiore consistenza alle ipotesi storiche formulate sull’antica Sibari e sul suo “impero”. A partire dalla fine degli anni Novanta e fino ad oggi, una missione composta da archeologi di diverse Università italiane e straniere, della Scuola Archeologica Italiana di Atene e da archeologi greci ha intrapreso un progetto di scavi regolari a Sibari, grazie al quale la conoscenza archeologica del sito si è enormemente ampliata. Notevole importanza hanno avuto, inoltre, le ricerche archeologiche nelle località poste ai limiti della piana di Sibari: siti come Francavilla Marittima erano noti archeologicamente molti decenni prima di Sibari stessa. Infatti ricerche condotte nel 1879 e ancora nel 1887 avevano portato alla scoperta di una vasta necropoli dell’età del ferro, con ricchi materiali anche precedenti l’età della colonizzazione greca, ai piedi della collina. Successivamente, anche sulla cima vennero fatte straordinarie scoperte (fra l’altro anche un’importante iscrizione greca arcaica) relative a quello che in età arcaica e classica fu un santuario greco dedicato a una divinità femminile (Hera, Athena?), ma in precedenza era stato un abitato o, secondo alcuni studiosi, un luogo di culto delle genti locali che abitavano nell’area della piana di Sibari prima dell’arrivo dei Greci. I reperti archeologici dell’antica città sono oggi custoditi nel Museo archeologico nazionale della Sibaritide.

Il 18 gennaio 2013 una forte alluvione aveva provocato un allagamento all’area archeologica di Sibari, a causa anche dell’incuria dell’uomo. 250 mila metri cubi d’acqua hanno coperto interamente il parco archeologico. In questi anni sono stati sette gli interventi immediati e successivi all’alluvione, tra cui lo sfangamento e la ripulitura che hanno consentito il recupero e la valorizzazione dell’area. I lavori sono stati realizzati con un finanziamento di 18milioni. Numerose sono state le opere di valorizzazione. Oggetto di riqualificazione è stato il principale punto di accoglienza dell’area archeologica, in particolare per il sito “Parco del Cavallo”. Inoltre il museo “Ippodameo”, realizzato a completamento del già esistente Museo Nazionale della Sibaritide, offre oggi al suo interno un percorso multimediale organico che utilizza la forma narrativa e valorizza i reperti archeologici. Interventi di riqualificazione sono stati fatti anche per L’Oasi di Casa Bianca che ora comprende anche un locale bar-ristoro e una sala riunioni/convegni.  E’ stata anche avviata la realizzazione di sistemi di illuminazione scenografica per la visita notturna, e la rivisitazione dei punti informativi con la predisposizione di installazioni virtuali.

In occasione dell’evento, organizzato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ActionAid presenterà il progetto internazionale IPACT (Intergrity Pacts – Civil Control Mechanism for safeguarding EU funds) per il monitoraggio civico dei Fondi europei negli appalti pubblici. Uno dei Patti di Integrità sarà sperimentato proprio in Calabria, nel Parco Archeologico di Sibari, dove ActionAid, in qualità di supervisore indipendente e in collaborazione con Gruppo Abele e Monithon, monitorerà due interventi: il primo nell’area archeologica, il secondo nel museo.

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