La svolta estera di Trump nei confronti della Siria è passata attraverso il bombardamento della base militare siriana di Sharyat, con razzi tomahawk alcuni giorni fa a causa di un uso di gas nervino ancora non provato che, come la provetta di Colin Powel all’Onu contro Saddam Hussein, a breve apparirà come una bufala preconfezionata.
Quando i missili USA tomahawk sono arrivati al bersaglio, la base militare siriana di Sharyat era già stata evacuata. Non solo i russi, ma anche i militari siriani erano stati avvertiti dagli USA. Una starna dimostrazione di forza USA, fatta tra galantuomini?
Sono stati distrutti solo 6 vecchi mig in riparazione, una stazione radar e qualcos’altro di ininfluente. Non solo: dei 59 missili lanciati dagli Usa, secondo Mosca solo 23 avrebbero raggiunto l’obiettivo. Le due piste dell’aeroporto sono intatte, al punto che i caccia di Damasco hanno già ripreso le missioni. C’è di più: le batterie antimissilistiche siriane e russe (Mosca ne ha in abbondanza sia nella base navale di Tartus sia in quella aerea di Lavtakia, entrambe sulla costa siriana) non sono entrate in azione per intercettare i missili.
Tutto questo accadeva pochi giorni prima di un programmato incontro a Mosca del segretario di Stato Americano Tillerson e pochi giorni prima del G7 a Lucca. Sul piano interno, una operazione utile a mettere a tacere l’Establishment USA e le proteste contro Trump accusato di essere troppo amico dei Russi.
Sembrerebbe tutto ben calcolato e ben programmato per l’uso di una strategia di distrazione che mira a ben altro obiettivo.
Sul piano geopolitico e geo strategico, l’America di Obama prima e quella di Trump oggi, si ritrovano con un pessimo bottino di guerra, avendo perso la battaglia contro l’ISIS sul terreno siriano e con un pugno di mosche nel nord africa militarmente attaccato e distrutto. In Siria gli Usa sono stati spiazzati dalla Russia di Putin che ha bombardato le postazioni ISIS, fino ad allora utilizzate dagli americani come strumento strategico, una sorta di cavallo di Troia per penetrare in nord africa e medio oriente.
Non c’è da meravigliarsi se i risultati finali danno un segno negativo rispetto ai piani ottimistici preventivati. Gli USA ci hanno spesso abituati a questi pessimi risultati strategici. Caratterialmente sono più gradassi che fattivi. Ormai, da circa un ventennio si son ritagliati la maglia nera degli eterni perdenti.
Trump non contento dell’attacco alla Siria, sta navigando con una flotta ben equipaggiata, verso il mare della Corea del Nord rea di aver lanciato dei missili in esercitazioni interne, che appaiono come una provocazione. Altresì in questa settimana Trump ha a che dire anche sul programma missilistico dell’Iran percepito come un “comportamento destabilizzante”.
Verso la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping, Trump ha usato parole forti, intimando loro di collaborare, altrimenti, gli USA, faranno da soli contro l’Iran e la Corea del Nord.
“Va avanti tu che a me vien da ridere”, indicava nel buio lo smargiasso pestato a sangue di ritorno dal luogo dove lo attendevano i nemici, invitando l’amico ad andare lui avanti fingendo di coprirsi il muso sanguinante, facendogli credere che gli veniva da ridere.
Questa è la scena che mi viene in mente, analizzando lo scenario Trumpiano di questi giorni.
L’estemporaneo Trump sbeffeggia Russia, Cina, Corea del Nord, Siria e Iran e dall’altra corteggia l’Arabia Saudita suo alleato storico, e poi in contemporanea, fa buon viso e cattivo gioco con Israele.
I conti si fanno sempre con l’oste altrimenti si rischia di pagare un amaro prezzo.
Putin è un militare, uno stratega e un politico navigato che ha dimostrato che nell’area del medio oriente è presente ed intende rimanerci. I cinesi sono ormai padroni dell’Africa e delle sue materie prime, economicamente influenti in Europa, padroni di gran parte del debito pubblico occidentale e fortemente amici e strategicamente legati alla Corea del Nord.
Una situazione incandescente, un fronte troppo forte politicamente, diplomaticamente e militarmente quello tra Russia, Cina e Corea del Nord che uniranno le forze per contrastare e forse dare una lezione esemplare agli Stati Uniti, di cui quest’ultima, difficilmente riuscirà a riprendersi.
La Russia di Putin sta già cavalcando una sua battaglia su tutti i fronti geopolitici e geostrategici, con una fermezza e una saggezza furbesca, pronta e armata ad una reazione spettacolare da sferrare al momento opportuno, sapendo di poter contare sull’appoggio della Cina che non avrà altra scelta se non quella di allearsi con la Russia, specie se Trump, a breve, oserà sfidare la nazione alleata cinese: la Corea del Nord, vero specchietto delle allodole, in mano cinese e russa.
Una babilonia militare ed una tribolazione mondiale, una Grande Guerra, che vedrà cadere gli USA, per suo stesso errore strategico, sopravvalutando le proprie capacità e sottovalutando il potere militare del nemico? O vincerà ancora il partito della guerra e del caos, da sempre l’unico in grado di ricostruire ciò che distrugge?
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