E’ iniziata oggi la novena che precede – la prima domenica di maggio – i tradizionali festeggiamenti civili e religiosi della annuale festa di San Francesco di Paola.
Quest’anno i festeggiamenti assumeranno un sapore del tutto particolare nel senso che la città, tramite la riflessione e la preghiera, vuole riparare all’atto sacrilego compiuto qualche giorno addietro, quando ignoti, sono penetrati nella chiesa dedicata al grande taumaturgo paolano mettendola sottosopra. Un gesto folle che però ha avuto come prima risposta la grande massa di persone che ha affollato la chiesa per la messa indetta dopo l’accaduto dalle autorità religiose locali.
Ma perché la chiesa e il convento di San Francesco sono cari a tutti i nicoteresi? E non solo ai credenti ma anche ai laici? (ricordiamo infatti che i 2/3 del patrimonio storico artistico nicoterese sono racchiusi proprie nelle chiese della città).
Il motivo, è forse nella storia della presenza francescana e paolana a Nicotera. La costruzione del convento di San Francesco di Paola, infatti, inizia nel 1582, grazie al lascito di seimila ducati da parte del canonico nicoterese Antonino Rocca, denaro da utilizzare per la costruzione di due plessi, uno per i frati Domenicani – l’attuale municipio cittadino – e l’altro per i frati Minimi. Il complesso originario comprendeva la chiesa, ad una sola navata, con piccola cappella laterale e il convento, con piano terra e primo piano, con un chiostro interno.
La presenza dei frati acccrebbe notevolmente il culto verso il Santo tanto che, già nel 1636, venne decretata la festa dello stesso da tenersi la prima domenica di maggio con la relativa fiera e nel 1687 vi è la nomina di uno dei frati – Francesco Aricò da Monforte – a vescovo della città scossa dall’assassinio del suo predecessore mons Biancolella. Durante il ‘700 ben tre vescovi della nostra diocesi sarebbero stati scelti tra le file dell’Ordine dei Minimi (Mons. Gennaro Mattei, Mons. Paolo Collia, Mons. Eustachio Entrieri, di cui, i primi due sono sepolti presso la chiesa di san Francesco. L’Entrieri addirittura morì in odor di sanità in quanto le cronache del tempo raccontano che il suo corpo rimasto incorrotto per diversi giorni emanò un odore dolcissimo tanto che si dovette sottrarlo al fanatismo della foilla che per tre volte lo aveva spogliato delle sue vesti per tenerle come reliquie.
Il terribile terremoto del 1783 distrusse il complesso tanto è vero che di esso rimane solo il portale in pietra granitica di colore grigio del tutto identico a quella della chiesa del Rosario. I frati si trasferirono in una grande e comoda baracca a due piani e lì vi rimasero fino alla soppressione del convento avvenuta, per mano dei francesi di Murat, nel 1809.
I locali abbandonati divennero cave per l’estrazione delle pietre per l’edificazione di nuove case e solo ai primi del ‘900 il benemerito cittadini nicoterese Francesco Scardamaglia intraprese la ricostruzione del convento che venne inaugurato nel 1950 e assegnato all’ordine dei Cappuccini dopo che i Minimi per mancanza di frati avevano deciso – non senza sofferenza – di non tornare in città. Il convento rimase attivo fino ai primi anni 80 dopo aver ospitato un prestigioso seminario, mentre la vita religiosa era stata ulteriormente ravvivata dalla fondazione del Terz’Ordine francescano. La presenza dei frati vive tuttora nel ricordo di Frà Donato Marcello da Sant’Onofrio al quale – tra le altre cose – si deve la raccolta degli oltre 500 reperti di civiltà contadina oggi esposti nell’omonimo museo.
La chiesa è poi un gioiello di architettura: ha la facciata con un portico di ingresso a tre archi con loggetta balaustrata sovrastante e presenta al suo interno, un unica navata con una profonda abside, cornici di gesso che formano finti riquadri con piccoli rosoni e il soffitto con volta a botte. Al suo interno è possibile ammirare le Arcate a tutto sesto (lato sacrestia) formate da blocchi di pietra granitica locale del XVI° secolo, perfettamente squadrate e messe in opera alla maniera romana., la Statua lignea di San Francesco di Paola opera di Domenico de Lorenzo e gli Altari in legno di noce del XX° secolo, opera di maestranze locali.
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