Dalila Nesci (M5S) rilancia ancora una volta la “questione vibonese” in quanto, secondo la parlamentare calabrese, “non è più possibile che la politica si volti dall’altra parte”.
La recente vicenda dell’arresto per mafia del comandante della stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio, riaprirebbe, per la Nesci, il problema della terzietà delle istituzioni pubbliche nel territorio vibonese.
“Nella provincia di Vibo Valentia – afferma – il confine tra Stato e antistato è sempre più sottile. Si sono registrate troppe ambiguità, perfino, addirittura, negli ambienti religiosi. Ciò impone al governo nazionale, anche alla luce dell’ormai nota pervasività di gruppi massonici deviati, di provvedere in modo chiaro e tempestivo. Anni fa portai la questione vibonese all’attenzione del Capo dello Stato, rilevando formalmente un sottovalutato inquinamento delle istituzioni pubbliche e le relative conseguenze, in termini di occupazione, reddito, efficacia della giustizia e di altri servizi essenziali”.
La situazione, per il deputato, sarebbe sfuggita di mano anche grazie all’indifferenza di tanta parte della politica che non ha trovato il coraggio di parlare e di agire nell’interesse della comunità locale.
“In tutta l’area vibonese – dichiara – c’è bisogno di potenziare gli organici delle forze dell’ordine, come ho chiesto da tempo, nonché di assicurare la speditezza della giustizia penale coprendo i posti vacanti e aumentando il numero dei vari addetti. Soprattutto, serve la garanzia di un reddito dignitoso per i tanti disoccupati, proposto dal Movimento 5 stelle ma non accolto dalla maggioranza che vuole mantenere sotto scacco tanta parte della popolazione, spesso priva di alternativa e indotta ad accettare risapute logiche di dominio e l’adesione all’esercito dei corrotti”.
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