Partire da una tendopoli, senza la prospettiva di un futuro. Le giornate passate nei campi, sotto il sole cocente, la notte al buio, solo la terra sotto i piedi e nessun diritto sulla propria pelle. Ritrovarsi tra le mani un contratto regolare, un letto dove dormire, il rispetto della propria dignità e il sogno di un lavoro e di una vita stabile. Una prospettiva.
Sono migliaia ogni anno i migranti, per lo più di origine africana, che arrivano in Calabria, nella piana di Gioia Tauro, per la raccolta stagionale: arance, fragole, pomodori. Chi vive in alloggi di fortuna, chi nella baraccopoli, sgomberata a marzo scorso, quindi nella tendopoli, i più fortunati in un container. Ma per cinque di loro una porta si sta aprendo, grazie all’apicoltura e a Bee My Job, il cui modello di formazione e inserimento lavorativo è arrivato anche in questa difficile area di intervento.
Formazione professionale specifica e poi l’inserimento in aziende del territorio. Un percorso possibile grazie a Terragiusta, il progetto promosso da Medici per i Diritti Umani (Medu), associazione che da diversi anni lavora nella zona, fornendo assistenza sanitaria ai migranti. Attraverso la collaborazione con alcuni partner, come la Cooperativa Sociale Vibosalus di Ionadi e l’associazione “A Buon Diritto” di Roma, ma anche il sostegno dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria e l’Associazione Apicoltori Produttori Calabresi, è stato possibile replicare su piccola scala e in un contesto particolarmente delicato e difficile il modello che Cambalache sta portando avanti dal 2015 ad Alessandria e in altri territori italiani.
E così, dopo le settimane di formazione che si sono tenute in primavera e la fondamentale fase di ricerca aziende e matching, sono partiti anche i tirocini. A Caulonia, in provincia di Reggio Calabria, l’azienda Amusa Miele ha preso con sé Idriss, di 27 anni della Sierra Leone (il nome è di fantasia, come quello degli altri ragazzi). L’Apicoltura Mele di Celico (Cosenza) ha invece aperto le porte a Abdoul, che fino a poco tempo fa viveva a Rosarno, in un container, in una situazione – se si può dire – più “privilegiata” rispetto ai compagni di avventura. Louis ha iniziato a lavorare da luglio – qualche settimana dopo gli altri – nell’azienda Mielin di Catona (Reggio Calabria), uno dei leader del settore nel sud Italia. Malik, 33 anni, originario del Mali, ha trovato la sua nuova vita nell’azienda Mellisape di San Costantino Calabro (Vibo Valentia), che ha ospitato anche la formazione. “Era il più impaziente del gruppo, voleva lasciare la zona e andare a Napoli, ma siamo riusciti a convincerlo e forse per lui si prospetta un futuro in azienda – spiega Chiara Cupo di Vibosalus che ha seguito le fasi di inserimento lavorativo -. Per questi ragazzi è un’opportunità straordinaria: poter uscire dal degrado, da una situazione terribile, e iniziare a sognare”.
Malik nella sua terra lavorava come saldatore, ma viene da una famiglia di contadini e conosce bene il lavoro in agricoltura e le api non gli fanno paura. È sposato e ha un figlio, il suo sogno è portarli a vivere con sé in Italia. “Con lui – racconta Raffaele Denami, titolare di Mellisape – è stato feeling fin da subito, gli abbiamo trovato una casa in paese, ad appena 200 metri dall’azienda. È una persona gioviale, rispettosa, ha vissuto in Libia e poi qualche anno fa è arrivato in Sicilia e dà lì ha iniziato a girare l’Italia, dal Piemonte alla Calabria per la raccolta stagionale della frutta e della verdura. Quasi sicuramente riusciremo a tenerlo con noi una volta terminato il tirocinio, con un contratto, anche perché al di là dei 1.000 alveari, con cui portiamo avanti la produzione di miele almeno fino a ottobre grazie al clima calabrese, abbiamo gli ulivi e di lavoro c’è n’è molto anche in inverno. Ormai è parte della nostra famiglia e speriamo che presto riesca a portare qui anche la sua”.
Proprio in queste settimane, le associazioni impegnate nel progetto stanno aprendo il quinto e ultimo tirocinio, per un ragazzo entrato al Cas di Nocera Terinese a Lamezia Terme e quindi impossibilitato a spostarsi per lunghe distanze.
Avere l’opportunità di entrare a fare parte di un progetto come questo non significa solo lavoro, ma anche inclusione, possibilità di avere un alloggio, in azienda o in un luogo vicino, significa avere a che fare con realtà che hanno firmato una carta etica per il rispetto dei diritti del lavoratore, prevista dal progetto Bee My Job ed elaborata assieme all’UNHCR – Agenzia ONU per i Rifugiati, che da due anni sostiene il progetto. E poi la possibilità di un futuro grazie a un’assunzione. Poter pensare di costruirsi una vita, per persone che fino a pochi mesi fa vivevano in una situazione ai limiti dell’umano. E che sia con il miele di acacia, di tiglio o il millefiori che nasce all’apiario urbano di Alessandria, oppure con il profumato miele di agrumi o eucalipto delle terre calabresi, si parla degli stessi diritti e delle stesse speranze, per un futuro di lavoro e dignità.