Democede ed Alcmeone

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In questi giorni di emergenza medica causata dalla pandemia del Coronavirus, tantissimi sono i medici calabresi che con spirito di abnegazione e alto senso del dovere, sono  in prima linea in corsia.

Oggi,  per questo vogliamo ricordare due loro grandi antenati : Democede ed Alcmeone.

Infatti nell’antichità a Crotone, città magno-greca, sorse e si sviluppò, proprio nella stessa epoca del grande Pitagora, una scuola di medicina, anzi per l’esattezza, un centro studi, di cliniche chiamate iatreia, dove gli ammalati venivano curati e, se necessario, ricoverati.

A questa scuola appartengono i nostri due grandi medici.

Di Democede sappiamo che era nato a Crotone intorno al 560 a.C.

Suo padre era Callifonte sacerdote di Asclepio a Cnido.

Frequentò la scuola medica pitagorica e per molto tempo visse nella sua città.

Non andava, però, d’accordo con suo padre e quindi andò via e si stabilì ad Egina.

Era così bravo che gli abitanti di Egina, lo vollero come medico pubblico con un compenso di un talento d’argento annuo. Dopo un anno passò ad Atene, dove venne pagato cento mine l’anno.

Un anno dopo lo troviamo come medico di corte di Policrate, tiranno di Siracusa, con uno stipendio di due talenti l’anno.

Dopo che Policrate fu assassinato, fu portato in Persia come schiavo, senza però essere riconosciuto.

Non passò molto tempo che il re Dario, durante una cavalcata, si procurò una lussazione alla caviglia.

Pur essendosi sottoposto a tante cure, non ottenne risultati positivi. Nemmeno i medici egiziani che erano molto bravi, seppero curarlo.

Siccome gli era giunta voce della bravura di Democede, lo fece chiamare a Susa.

Democede lo guarì e ricevette grandi onori a corte.

Successivamente la moglie di Dario, la regina   Atossa, colpita da un ascesso mammario con tumefazione, venne sottoposta alle sue cure.

Anche qui un successo: la regina guarì.

Le donne di corte regalarono al medico una veste d’oro e il re una casa.

Democede volle però tornare in patria.

Lo aiutò la regina Atossa che gli diede l’opportunità di partecipare ad un’ambasceria diretta in Grecia.

A Taranto riuscì a sfuggire ai Persiani e ritornò a Crotone, dove sposò la figlia di Milone, il famoso atleta e, grazie a questo matrimonio entrò nei circoli pitagorici, per cui fu coinvolto nei torbidi politici avversi al filosofo.

Democede fuggì a Platea in Beozia. Qui riconquistò prestigio e agiatezza.

C’è però un’altra versione che narra che il medico si sarebbe rifugiato in un borgo chiamato Platea nei pressi di Crotone, dove fu assassinato dal sicario Tege.

L’altra grande figura è quella di Alcmeone che, oltre ad essere stato un bravissimo medico, fu anche un filosofo della medicina.

Era anche lui di Crotone e visse fra la seconda metà del VI secolo e la prima del V.

Suo padre si chiamava Perìthos.

Di lui ci rimane un solo breve frammento proveniente da una sua opera: “Sulla natura”, dedicata ad alcuni discepoli pitagorici.

 Alcmeone esercitava la pratica della dissezione, per compiere uno studio sistematico dell’organismo ed estesa anche alla scatola cranica; quella pratica lo portò ad intuire il collegamento, attraverso i nervi, delle membra del corpo con il cervello.

Lui ha avuto anche l’abilità di isolare dall’orbita il bulbo oculare, per descrivere il decorso del nervo ottico.

Fu il primo a scoprire che la sede delle sensazioni e della vita psichica non è il cuore ma il cervello.

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